Julio Cortázar, ecco le istruzioni per l’uso

“Il giro del giorno in ottanta mondi” del grande autore argentino è una miscellanea di pagine di diario, disegni, racconti brevi o lunghi, ritratti di artisti, riflessioni sulla letteratura: una sorta di autobiografia. Con una sola regola: sovvertire ogni ordine prestabilito, con la complicità del lettore

È il 1967, un periodo di sperimentazione letteraria per Julio Cortázar – sono passati quattro anni dalla pubblicazione di «Rayuela» e l’anno seguente sarà la volta di «Componibile 62» –, quando fa la sua comparsa nelle librerie rioplatensi Il giro del giorno in ottanta mondi (329 pagine, 18 euro). Nel titolo, che fa riferimento al romanzo del quasi omonimo Jules Verne, c’è la volontà di fare un viaggio intorno al mondo senza scomodarsi dalla scrivania: ne deriva un libro sovversivo, che rifiuta ogni etichetta e annulla del tutto la distinzione tra generi, creando scalpore in un ambiente letterario ancorato alle tradizioni. Cinquant’anni dopo la pubblicazione in patria, quest’opera eccentrica torna nelle librerie italiane grazie alle edizioni Sur, nella traduzione di Eleonora Mogavero: possiamo così riscoprire uno dei suoi libri più ludici, più propriamente cortázariani.
Il giro del giorno in ottanta mondi non è un romanzo, né un saggio, né una raccolta di racconti, eppure è una composizione di tutto questo e anche di più. Con Último round (1969) e Territorios (1978) va a formare una sorta di autobiografia, libera dal narcisismo che vorrebbe enfatizzare l’impegno personale, perché in Argentina mancano la spontaneità e l’umorismo che sono le qualità che in altri Paesi legittimano l’attività dello scrittore:

«Che paura essere tacciati di vanità e/o pedanteria! Se Robert Graves o Simone de Beauvoir parlano di sé, grande rispetto e deferenza; se Carlos Fuentes o io pubblicassimo le nostre memorie, ci direbbero subito che ci sentiamo importanti.»

Una confessione, passioni e poeti amati

Caro lettore, non aspettarti troppa coerenza da questo giro del giorno.
Il materiale eterogeneo che si prende tra le mani comprende pagine di diario, disegni, cronache, racconti brevi, poesie, ritratti di artisti, opinioni su notizie di attualità, racconti lunghi, riflessioni sulla letteratura, recensioni, immagini e fotografie che ricordano gli almanacchi popolari che il piccolo Julio sfogliava incantato durante l’infanzia. Se hai già conosciuto Cortázar e ne sei stato irretito, se ti piacerebbe che il gioco del mondo proseguisse in altri ottanta universi o in tutti quelli che può contenere la giornata di un cronopio, sali sulla mongolfiera e lasciati guidare in questo libro che può considerarsi una confessione, dove tornano alcune delle sue passioni ricorrenti (il jazz, la boxe, la politica, il tifo per il River Plate), i poeti amati (Stéphane Mallarmé e John Keats), ma anche i personaggi (Charlie Parker, Polanco, Calac, Morelli, i cronopios e i famas).

Anarchismo e nuovi mondi

Il divertimento per Cortázar è costituito dal togliere alle cose la loro funzione stabilita per potergliene attribuire una nuova, è una sorta di rottura, di anarchismo in cui sovverte ogni ordine prestabilito per dare vita a nuovi mondi, con una lingua colloquiale ma mai sciatta, quella che caratterizza le persone competenti.

«Avrete già notato che mi diverto molto di più a parlare di Teodoro o di altri gatti o persone che di me. O, per venire al dunque, della mandragora, della quale non si è detto quasi nulla.»

Il fruitore della creazione di Cortazar è complice, mai passivo: è fondamentale che autore e lettore non si guardino reciprocamente, ma osservino nella stessa direzione e con lo stesso sguardo.
Non manca un’amara ironia nei confronti dell’Argentina, nazione spersonalizzata in materia letteraria, dove gli «intellettuali tartarugoni» si sentono in diritto di contestare il valore di un capolavoro come Paradiso di José Lezama Lima – «un cronopio con una patata in bocca ma con molto da dire dietro la patata», cubano autodidatta, svincolato da tradizioni e convenzioni – sulla base di scorrettezze formali e bizzarrie ortografiche, lasciandosi però sfuggire la profondità dei contenuti.

L’umorismo come vivacità intellettuale

Si legge un certo rammarico per il fatto che la «fiacca rioplatense» freni la sperimentazione rispetto alle avanguardie europee: una letteratura priva di identità, ben lontana dalla piena fioritura della lingua, che si muove tra un lessico inutilmente ricercato e un registro che ricorda il tifo da stadio, senza riuscire a trovare una soluzione soddisfacente.
Il giro del giorno in ottanta mondi è una raccolta di testi diversi, non tutti dello stesso livello: “una miscellanea” potrebbero dire alcuni, “una raccolta raffazzonata in mancanza di nuove idee” potrebbero dire i più maliziosi. Molto lontano dall’eccessiva seriosità di certi intellettuali che non mettono mai in discussione il proprio operato, arroccati come sono sulle proprie posizioni, Cortázar conferma di essere un autore in continuo movimento, sempre schierato in difesa dell’umorismo come espressione di vivacità intellettuale.

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