Chabon, peccati e virtù che rendono umani

Lo scrittore statunitense in “Sognando la luna” racconta, attraverso la voce del nonno, tre generazioni del Novecento, fra memoir e autofiction, con una scrittura sempre controllata e una costante tensione narrativa. Vicende familiari e collettive, oltre a una grande storia d’amore, sono sapientemente miscelati

Una narrazione che affonda le radici nella tradizione del romanzo americano e delle grandi saghe familiari. In Sognando la luna (526 pagine, 22 euro), pubblicato dalla casa editrice Rizzoli (nella traduzione di Matteo Colombo), Chabon ci parla di tre generazioni all’interno del secolo breve e ci regala il suo scritto più autobiografico.

Non solo un memoir

Scavalcati i 50 anni, il romanzo è del 2016, il già premio Pulitzer 2001 con Le fantastiche avventure di Kavalier & Clay, in questa prova che non è solo un memoir, mostra di sapersi destreggiare con grande maestria tra storia e finzione narrativa e forse ha qui pensato di fare i conti con la sua vicenda privata, servendosi degli strumenti a sua disposizione, quelli del narratore, appunto raccontandola, tendenza letteraria fra l’altro che sembra molto in auge in questo periodo, pur non essendo lui il protagonista principale, ma il “nonno”, mai connotato diversamente durante tutto il romanzo.

Tributo pagato a Pynchon

Il racconto si dipana sulla scia dei ricordi del nonno materno dell’autore durante la visita che Chabon stesso gli fa nel lontano 1989, poco dopo il suo esordio come romanziere con I misteri di Pittsburgh recandosi al suo capezzale in quella che sarà la sua ultima settimana di vita nella sua casa in California. Come in una sorta di rito sciamanico, quale forse è la letteratura, è il nonno a scrivere il romanzo seppure tramite il medium del racconto di molti anni dopo del nipote e lo fa riesumando quasi un secolo di storia collettiva nella sua manifestazione anche più dolorosa, la seconda guerra mondiale, e privata, nella storia di sé e della sua famiglia. Il secondo conflitto mondiale è lo sfondo sul quale si innervano le vicende private del nonno dell’autore: Il resoconto delle esperienze in Europa sul finire della guerra; la morte del suo compagno per mano di un razzo V2 del perfido e si scoprirà riciclato in tempo di pace Von Braun, inventore degli stessi razzi. Gli echi da “L’arcobaleno della gravità” si sprecano e forse in questo Chabon Il sogno della luna di cui al titolo è l’omologo dell’arcobaleno del romanzo di Thomas Pynchon, della stessa onirica parabola dell’opera del ritroso maestro del postmoderno, al quale forse Chabon con questa sua opera ha almeno in parte pagato il suo tributo.

Un amore che infonde luce al romanzo

La storia d’amore tra il nonno, nato guarda caso durante una notte di eclissi lunare e la nonna, una ragazza madre di origine ebraica conosciuta in Francia proprio durante l’infuriare della guerra, apre uno squarcio di bellezza ed è proprio la loro storia tormentata, a tratti grottesca e sicuramente drammatica a infondere una particolare e indimenticabile luce a tutto il romanzo. La “nonna”, anche lei così unicamente connotata, è una donna si sarebbe detto una volta “problematica”, non è mai riuscita a liberarsi dai fantasmi del proprio passato e dai propri traumi inconfessati e mascherati sotto le spoglie di misteriose scene primarie. Per questa enigmatica malattia si trova a dividere la sua vita fra la sua dimora coniugale e una clinica psichiatrica.

Partitura diaristica ma ondivaga

Il romanzo segue una struttura narrativa a ritroso percorrendo la vita di tre generazioni con lo sfondo dei riti e usanze della tradizione ebraica, mai ostentate o preponderanti, d’altronde non stiamo leggendo Singer o Potok, con una sorta di partitura diaristica ma ondivaga e che non segue un corso cronologico univoco, sovrapponendo le vicende familiari, fra cui gli anni in carcere del “nonno” per aver aggredito il suo capoufficio, a quelle collettive del secondo Novecento, dalla catastrofe della guerra al sogno di conquistare la luna, questo un po’ il collante poetico dell’intero romanzo, mettendo in scena proprio l’ubriacatura di un certo periodo storico per le imprese aerospaziali e con il “nonno” stesso intento a progettare un modellino raffazzonato di base lunare, il suo sogno di sempre.

La scienza, il bene e il male

Qui il romanzo di Chabon sembra innalzarsi contenutisticamente lasciando affiorare la grande dicotomia e il grande dilemma morale fra il bene e il male. La scienza, quel mostro acefalo e neutro che ha inventato l’energia nucleare che è la forza stessa della vita e della materia e che allo stesso tempo per l’uso distorto che ne può far l’uomo può portare alla sua stessa auto-distruzione, tema cardine proprio del secolo scorso ma universale, del quale Chabon ci parla nemmeno troppo fra le righe.

La letteratura oltre le etichette

Realtà e finzione, personale e collettivo sono sapientemente miscelati in questo ponderoso romanzo, si parla di 526 pagine, all’interno del quale si possono alternare picchi stilistici e anche qualche piccola caduta, ma con una scrittura sempre controllata e una costante tensione narrativa che fa sprofondare il lettore nei meandri della famiglia Chabon. Saga familiare, autofiction, memoir, si possono scomodare i più svariati generi, ma la vera letteratura va oltre le etichette, le annichilisce e parla delle vite degli altri e delle altrui famiglie che potrebbero essere la nostra, con i propri sogni di colonizzare la luna o più prosaicamente restituendoci come in uno specchio tutti quei piccoli o grandi vizi, peccati e virtù che ci rendono umani.

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