Nori: “Volevo far diventare Onori come Elena Ferrante”

Intervista allo scrittore emiliano sul suo ultimo romanzo, che ha firmato con uno pseudonimo, sul prossimo libro per Salani, sulla passione per la letteratura russa e sul nuovo… Nori: “Dio ce ne scampi, ma c’è un autore bravissimo, Roberto Livi, che ha esordito l’anno scorso…”

Surreale e “irregolare”, malinconico e scanzonato, colto e comico, marginale e dolceamaro. Aggettivi che riflettono bene personalità e opera di uno dei più singolari scrittori italiani d’oggi, l’emiliano Paolo Nori, 55 anni fra qualche settimana. Non solo autore prolifico (quaranta libri editi in meno di vent’anni di carriera), Nori, ma anche traduttore e “agitatore culturale”, su quotidiani e riviste; ha pubblicato per più di una decina di case editrici, ma da sette anni ha un rapporto privilegiato con Marcos y Marcos, a cui ha affidato anche il suo ultimo, Fare pochissimo (qui la recensione), romanzo che in un copertina è attribuito a un certo… Paolo Onori. Un gioco sull’identità, che è andato avanti per un po’, anche se stile e personaggi lasciavano poco margine su chi fosse davvero l’autore. Il protagonista di Fare pochissimo è un cronista di una immaginaria testata on line, Marco Pietramellara, che si racconta con tono disincantato e involontariamente comico, rischia cause salatissime per le fandonie che scrive e ha litigato con Nilde, madre di sua figlia Stasudadoss…

Nori, come ha convinto Marcos y Marcos, a pubblicare un romanzo con la firma di Paolo Onori, suo quasi omonimo con età e residenza in comune?

«Non c’è stato bisogno di convincerli, erano d’accordo con me che valesse la pena scrivere un libro in un modo un po’ diverso e che usare un nome diverso fosse il modo migliore per provare a farlo».

Quanto le è dispiaciuto che, dopo la sua candidatura ufficiale avanzata da Antonio Pennacchi al premio Strega, la sottile finzione Nori/Onori sia caduta?

«Io e Pennacchi eravamo d’accordo, non mi è dispiaciuto affatto».

Avrebbe voluto fare diventare Paolo Onori una specie di Dan Kavanagh (nom de plume di Julian Barnes per i suoi libri gialli, ndr)?

«Volevo farlo diventare come Elena Ferrante».

Il protagonista di Fare pochissimo è un giornalista che sforna fake news, a cominciare dalla beatificazione di Stalin. Quanti ne ha conosciuti giornalisti così?

«Non ho mai conosciuto nessuno come lui che si inventa i personaggi a cui fa le interviste, e che si inventa le storie e tutto per la briga di andare in giro a cercare».

Per delineare Pietramellara si è in qualche modo rifatto a Ermanno Baistrocchi, in versione giornalista?

«No, sono due personaggi che mi sembrano molto diversi; Pietramellara è più giovane e più vittima del mondo, Baistrocchi è più grande e se la cava meglio, mi sembra. Il libro di Pietramellara, la sua sintassi e la sua struttura, sono più ordinate, più tradizionali, i libri di Baistrocchi sono più vari, fatti a mano, mi viene da dire».

Su quali classici imprescindibili si è formato e come nasce la sua vocazione letteraria?

«Di imprescindibile credo non ci sia niente. Io sono una appassionato di letteratura russa, e la mia vocazione, se così si può chiamare, nasce dalla mia pratica di lettore».

Si muove da parecchi anni nel mondo editoriale italiano, cosa le piace e cosa non le piace delle sue dinamiche?

«Prima di scrivere dei libri lavoravo nell’edilizia, e non mi preoccupavo del mondo edile italiano; allo stesso modo, adesso, cerco di non preoccuparmi del mondo editoriale italiano, di provare a scrivere delle cose belle, che è una cosa così difficile».

Tra i nuovi scrittori c’è un nuovo Paolo Nori?

«Dio ci scampi da un nuovo Paolo Nori, ma c’è tanta gente molto brava, c’è un signore di Pesaro, per esempio, che si chiama Roberto Livi, che ha pubblicato un romanzo, l’anno scorso, che si intitola La terra si muove (edito da Marcos y Marcos, ndr), che a me sembra bravissimo».

Lavora a un nuovo libro? A una traduzione?

Ho cominciato a studiare russo nel 1988, trent’anni fa, e ho scritto un libro, che uscirà a fine agosto per Salani, e che racconta di trent’anni di relazioni, se così si può dire, con la Russia. Si intitola “La grande Russia portatile” (il sottotitolo è Viaggio sentimentale nel paese degli zar, dei soviet e dei nuovi ricchi); sto traducendo i “Racconti di Pietroburgo” di Gogol’. (Questa intervista è stata pubblicata, in forma ridotta, sul Giornale di Sicilia)

È possibile acquistare questo volume in libreria o a questo link https://www.ibs.it/fare-pochissimo-libro-paolo-onori/e/9788871688053

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