Scorribande tra realtà e ombre, caleidoscopico Schulz

Tre racconti del leggendario scrittore polacco rivivono in una nuova, interessante, traduzione. L’occasione per scoprire o riscoprire un gigante del Novecento, per certi versi, a dire di Isaac Singer, «superiore a Kafka», pagine di tumultuosa immaginazione su un mondo che non c’è più

Le nuove traduzioni dei classici? Sono da accogliere a braccia aperte, poche cose mutano nel tempo come la lingua e l’approccio a essa. E allora quando certe opere, soprattutto se amate ed entrate nel mito, finiscono nelle mani di nuovi traduttori c’è da rallegrarsene. Farà anche questo la casa editrice Urban Apnea, che ha varato una nuova collana, La Bolla, che si propone di dare una nuova voce ad alcuni classici stranieri, traducendoli a quattro mani. È il caso di tre racconti di Bruno Schulz (non solo scrittore ma anche pittore), la cui versione dal polacco all’italiano è stata resa da Dafne Munro e Wiola Noga.

Un visionario e l’Europa dell’est

La via dei coccodrilli. L’uragano. La cometa (96 pagine, 8 euro) è il titolo del libretto di Schulz pubblicato da Urban Apnea (che mette a disposizione anche il download gratuito), che comprende tre racconti precedentemente editi da Einaudi in un volume che comprende tutte le opere (risalente al 1970, sponsorizzato da Italo Calvino, introdotto originariamente da Angelo Maria Ripellino, e ancora presente nel catalogo dello Struzzo). Primo e terzo racconto mantengono il medesimo titolo, il secondo in origine era stato tradotto come La bufera. Come in tutti gli scritti di Schulz anche in queste pagine c’è esplosione di vita, il gusto di ciò che è caleidoscopico e il mondo dell’Europa orientale prima che fosse abbattuto e insozzato dal nazismo. È una bella occasione, questa nuova pubblicazione, per riscoprire o scoprire Schulz, una delle stelle brillanti del Novecento, un visionario (al pari di altri due scrittori polacchi cruciali fra le due guerre, Gombrowicz e Witkiewicz), che come Joseph Roth e Kafka viveva con disagio la condizione di laicizzazione ed estraniazione delle proprie radici.

Un ombroso reietto dalla fantasia traboccante

Nella vita era un reietto, introverso, gracile e ombroso, insegnava disegno e lavori manuali per un salario miserrimo, sbeffeggiato dagli alunni, che riusciva a intrattenere, a ipnotizzare, narrando storie; del suo squallido quotidiano ai limiti della depressione, però, non c’è traccia nei suoi racconti esuberanti di magico e delirante lirismo, dove il grigio è travolto dalla fantasia, da una creatività pirotecnica, da immagini di una metamorfosi ininterrotta, traboccante e tumultuosa, dal senso dell’infinito reso attraverso l’immaginazione. Anche in questo volume smilzo delle edizioni Urban Apnea, naturalmente, Schulz è incessante giocoliere, fra allucinazioni della realtà e scorribande nel regno delle ombre

Tanti eredi e l’affinità elettiva con Kafka

Schulz è uno scrittore che ha ispirato schiere di eredi e colleghi. Ha lasciato tracce fortissime in David Grossman, che gli ha dedicato – dandogli nuova vita, addirittura sottomarina, dopo una metamorfosi – un fiabesco capitolo in Vedi alla voce: amore; in Philip Roth, Nicole Krauss, Jonathan Safran Foer (che da The Street of Crocodiles ha ricavato Tree of Codes), Danilo Kis, in Cynthia Ozick, e nel suo personaggio Lars Andemening, fermamente convinto di essere figlio di Bruno Schulz, che sogna di ritrovarne il romanzo perduto, Il messia, andato perduto, secondo taluni, bruciato dalle Ss, secondo altri finito in qualche archivio dei servizi segreti russi; nel teatro ha ispirato il cupo ideatore del «teatro della morte» Tadeuz Kantor per La classe morta. Idem per lo scomparso Ugo Riccarelli (nonostante Schulz non sia abbastanza conosciuto e studiato in Italia), che ha scritto un romanzo alla sua vita. Il Nobel Isaac Bashevis Singer, connazionale di Schulz lo lesse negli Usa, considerandolo subito un autore di prima categoria – lo confessò in un’intervista-conversazione con Philip Roth del 1976 – pari a Kafka, anzi «vi è un vigore più grande in alcuni dei suoi racconti. È anche molto efficace nell’assurdo, e non in modo sciocco ma in modo molto intelligente. Direi che tra Schulz e Kafka c’ è quella che Goethe chiama una Wahlverwandt-schaft, un’affinità elettiva». Innegabile. tanto più che nel 1936, con la fidanzata Józefina Szelinska, Schulz tradusse Il processo in polacco. La sua parabola di letterato e uomo finì prematuramente, come Isaac Babel in Russia e Jiri Weil in Cecoslovacchia: tutti inghiottiti dai totalitarismi, da nazismo e stalinismo. Grottesco il finale di Schulz, sopravvissuto ai rastrellamenti di massa degli ebrei, finito ad affrescare le pareti della villa di un ufficiale delle SS, Felix Landau. E ucciso da un altro nazista, probabilmente per una ripicca, poco più di tre quarti di secolo fa.

È possibile acquistare questo volume in libreria o a questo link https://goo.gl/D1wqe2

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