I libri del Dragone. Mo Yan e quel bimbo cacciato da scuola

Nel libro autobiografico “Cambiamenti”, il Nobel cinese intreccia il proprio destino individuale con la storia collettiva e la tumultuosa trasformazione del suo sconfinato Paese. Un piccolo classico

Mo Yan riesce a trasformare ricordi personali in storie collettive. In Storia della Cina. Cambiamenti (104 pagine, 12 euro) riesce, in cento pagine o poco più edite in Italia da Nottetempo, a fornire la cifra di questo talento. Magie di un Nobel per la Letteratura, che ha preferito uno pseudonimo al suo vero nome: Guan Moye.

Una parabola straordinaria

Aspettando la traduzione del romanzo I tredici passi, il vecchio-nuovo lavoro di Mo Yan (nuovo per il nostro Paese, vecchio per l’autore che lo pubblicò nell’89) proposto adesso in Italia da Einaudi, l’ex ragazzo dello Shandong incanta non solo con i suoi classici – Grande seno, fianchi larghi dedicato alla madre o Le sei reincarnazioni di Ximen Nao – ma anche con le opere minori. Come Cambiamenti, appunto, in cui lo scrittore ora sessantaquattrenne descrive la sofferta, esaltante, parabola di un bambino cacciato da scuola che diverrà scrittore di fama internazionale con Sorgo rosso, il capolavoro da cui il regista Zhang Yimou ricavò un film di straordinario successo. Tra il 1969 e la fine degli anni Ottanta, così, il singolare fluire di un destino individuale s’interseca con la tumultuosa trasformazione di un’intera, sconfinata, comunità umana.

Contemplare il mistero del divenire

Irriconoscibile Cina: «Se con il metro di allora misurassimo il comportamento degli uomini e delle donne nella società di oggi, non basterebbero le carceri!», esclama Mo Yan nel suo libro autobiografico. Allo scrittore il compito di raccontare e descrivere, contemplando il mistero del divenire: «Le cose del mondo hanno mille forme e subiscono diecimila cambiamenti … tutte strane combinazioni di circostanze, bizzarrie e meraviglie che non saprei come spiegare». E, certo, difficilmente spiegabile è anche la condizione di una nazione capace di smentire chi sostiene che sviluppo economico, capitalismo e democrazia debbano camminare di pari passo. Un quesito al quale Mo Yan rispose con queste parole, nell’intervista che mi concesse nel 2009 alla vigilia di un suo incontro con gli studenti all’università “Kore” di Enna: «La società cinese è estremamente particolare e complessa. È un Paese di un miliardo e 300 milioni di abitanti, quindi temo che la Cina finirebbe nella confusione se la libertà da noi fosse quella dell’Occidente. Quando si parla di democrazia, bisogna tenere in conto che in Cina esiste un problema molto grosso di educazione e istruzione generale perché vi sono luoghi dove la cultura media è molto alta ma anche altri dov’è fortemente arretrata. Questa esigenza di democrazia, comunque, viene sentita e proposta in modo molto forte dagli intellettuali cinesi e sta diventando sempre più centrale nel nostro Paese».

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