I “sette libri per l’estate” di… Daniela Alparone

Sette libri di altrettante case editrici indipendenti. Sono i consigli di lettura di chi ha fatto dei libri la propria magia e la propria professione: Daniela Alparone è l’anima della libreria Dovilio di Caltagirone. Vale la pena dare un’occhiata ai suoi suggerimenti, romanzi in senso stretto, ma non solo…

“Le tigri delle gabbie invisibili” di Michele Guerra (Stampa Alternativa)

Siamo negli anni ’90 da poco si è conclusa la guerra in Bosnia, unico lascito i tanti morti e una incerta situazione politica e sociale. Michele Guerra è proprio in questo periodo che inizia a occuparsi dei profughi, insieme a un’associazione di Pordenone, come volontario vicino Zagabria,ed è da lì che parte tutto, il suo impegno costante lo porta a occuparsi dei luoghi caldi della guerra come quella in Siria e come coordinatore di un gruppo udinese cerca con tutti i mezzi di far luce sulla tragica morte di Giulio Regeni. Il suo romanzo Le tigri delle gabbie invisibili parte da fatti reali dall’assedio di Vukovar a quello di Aleppo, dalla scintilla che infiammò le primavere arabe ai reportage di guerra mettendo al centro il destino dei profughi di ieri e di oggi. Tanti sono i personaggi che incrociano le loro vite e le loro esistenze sul confine friulano e Guerra con grande maestria e con una penna sapiente riesce a intrecciare una trama ricca di suspense che tiene il lettore incollato alla pagina; con la stessa bravura caratterizza i vari personaggi, il loro cambiare, crescere e mutare, i loro rimorsi e le loro fughe. Guerra racconta la precarietà dei nostri anni, l’instabilità dei confini e l’intrusione spietata delle grandi potenze che da tutto questo traggono solo enormi profitti. Nelle dure parole di Marc, il protagonista del libro, troviamo tutta la verità: «L’indignazione con cui ogni giorno ci laviamo la coscienza è solo questo: voler continuare a credere che il nostro disgusto privato sia sufficiente a far giustizia delle atrocità che non possiamo comprendere».

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“Tra le pieghe dell’orologio” di Heidi Julavits (66thand2nd)

«Oggi mi sono chiesta, Qual è il valore di un giorno? Una volta un giorno era lungo… i giorni erano secoli». Il tempo e la sua percezione sono i protagonisti di questo insolito diario che l’autrice tiene negli anni, racconta di sé, della sua vita familiare, dei suoi amori giovanili e non, degli scrittori amati e di alcuni autori conosciuti durante le cene che a un attento sguardo si rivelano a volte  superficiali e vuoti. È attraverso le pieghe del tempo che la scrittrice si muove, il suo sguardo si annida e si ferma, osserva, guarda e ricorda. La forma diariastica risulta originale e sorprendente perché non segue un ordine cronologico ma procede con un andamento casuale e imprevedibile, con una scrittura elegante e spiritosa a volte sfacciatamente sfrontata.

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Calafiore di Arturo Belluardo (Nutrimenti)

Arturo Belluardo si conferma uno scrittore di rara e raffinata bravura, sorprende per lo stile narrativo. Con un linguaggio grottesco e ironico racconta le difficoltà e i disagi del protagonista, Calafiore, che è costretto ad affrontare i seri problemi legati alla sua enorme mole: le innumerevoli diete, gli incontri con patetici truffatori e maghi del dimagrimento. Belluardo riesce però a cambiare registro, la sua penna diventa come un bisturi che affonda nella carne viva e nella cancrena della nostra società, ed ecco che il cibo è un problema sociale. Mangi per non essere mangiato e addenti e fagociti per non essere divorato, allora tutto assume contorni paradossali ma forse non così tanto. Se consiglio di leggere Calafiore? Assolutamente sì, finalmente sugli scaffali delle librerie si trova un gran bel romanzo!

Calafiore

“Solo un fiume a separarci” di Francisco Cantù (Minimum Fax)

Esistono dei libri che a leggerli fanno male, si leggono con disagio perché tolgono di dosso l’illusione dell’innocenza, mettono un pungolo sulla coscienza, raccontano una realtà apparentemente lontana ma che poi si svela assai più vicina. Il libro di Francisco Cantù crea questo disagio. Cantù ha lavorato per quattro lunghi anni come agente della polizia di frontiera degli Stati Uniti, la cosiddetta migra, nei deserti dell’Arizona, del New Mexico e del Texas, il fiume Rio Grande segna il confine tra questi stati, un fiume che non è solo un confine geografico ma antropologico, una linea di demarcazione che può trasformarsi in inferno o in paradiso, dove chi si salva non ha nessun merito e chi è dannato nessuna colpa. Il Rio Grande parla di storie lontane e il pensiero non può che andare alle tante storie così vicine a noi, le storie che quotidianamente si consumano nel nostro mare, un mare che non è più nostrum ma mostrum. La frontiera è la vera protagonista del libro, la frontiera rappresentata dal quel muro che diventa ostacolo per chi vuole andare oltre ma che per altri rappresenta una protezione. Un muro che ostacola non solo il corpo ma anche l’anima. Cantù con una prosa asciutta e senza sentimentalismi lascia l’amaro in bocca, non dà al lettore soluzioni di comodo o facili scorciatoie, riesce però a dare un volto e un’anima ai tanti disperati.

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“Carnaio” di Giulio Cavalli (Fandango)

A  volte gli scrittori elaborano un raffinato gioco di seduzione, narrano al lettore quello che lo stesso vuol sentirsi dire, lo confortano e lo avvolgono come una coperta calda in un freddo pomeriggio invernale, altre volte, invece, scrivono storie per catturarlo e farne la loro preda, fargli cadere ogni tipo di difesa e spingerlo a mettersi in discussione. Giulio Cavalli con Carnaio è questo tipo di scrittore, trascina il lettore nelle pieghe più nere dell’anima, dimostrando che non sei poi così diverso da tanti altri. In una cittadina italiana chiamata DF accade che il mare porti non uno o due cadaveri, ma centinaia che diventano migliaia  tutti identici: stessa altezza, stesso sesso, stesso colore della pelle: neri. Per tutti è solo carne, nessuno va oltre, nessuno che veda l’immane tragedia, l’orrore di qualcosa che si è spezzato, lacerato.Tutti questi corpi diventano solo ammassi di carne da eliminare, da trasformare, e perché no, carne di cui approffitarne. Non è poi così lontana DF, è facile vedere il paese in cui viviamo, le persone che anche noi siamo anche se vorremmo distinguerci. Carnaio non è un romanzo distopico, è la metafora della nostra realtà. Giulio Cavalli con uno stile diretto trascina il lettore e ne scopre tutti i nervi scoperti.

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“Canta, spirito, canta” di Jesmyn Ward (NN)

In quest’ultimo libro di Jesmyn Ward, Canta, spirito, canta, il secondo della trilogia di Bois Savage, la scrittrice americana scrive la storia come se intonasse un canto blues, e come il blues si ritrovano le pulsioni sessuali, ritmiche, ossessive e rituali degli antichi culti e i riti legati alla tradizione afroamericana. Romanzo corale dove ogni voce canta la sua realtà con un’intonazione diversa, ma cruda e dolorosa, dove ogni personaggio si manifesta con dignità, saggezza e grande compassione, elementi che caratterizzano in modo diverso i personaggi; Leonie, divenuta madre troppo giovane per assumersi a pieno la responsabilità del ruolo, o il dolcissimo Jojo che a soli 13 anni è fratello, padre e madre della piccola Kayla. Questo luogo privo di speranza ma  al contempo universo magico in cui lo spirito pervade ogni cosa e la saggezza risiede nella capacità di vedere i morti, di sentire le cose di costruire amuleti, luogo dove se sopravvivi è solo perché puoi contare su radici forti come Pop e Mam. Se in Salvare le ossa Jesmyn Ward tiene il lettore in tensione, anche perché aleggia l’arrivo dell’uragano Katrina, in Canta, spirito, canta il registro narrativo è meno ritmico, ma forse più doloroso e il lettore non può uscirne indenne. Libro consigliato.

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“Veloce è la vita” di Sylvie Schenk (Keller)

Un libro insolito, la scelta di narrare usando la seconda persona singolare rende vivido e lucido il racconto e getta il lettore nell’istante, gli permette di vivere le emozioni, i dubbi, i pensieri di una donna libera e che tale vorrebbe essere riconosciuta. Una donna che ha il desiderio di vivere le passioni e il suo sentire senza paletti precostituiti da una società borghese di cui lei fa parte , una donna che ha voglia di confrontarsi e di crescere in un periodo storico molto particolare, nella Francia nell’immediato dopoguerra. L’autrice nel raccontarsi esprime il suo profondo e sentito no alla guerra, lo descrive in modo delicato ma deciso. È una cronaca personale, autobiografica, la guerra e il nazismo sono evocati in maniera sottile, ma l’eco resta nei gesti e nella psicologia dei personaggi, nelle loro vite, su cui le vecchie paure aleggiano come ombre; l’autrice ci suggerisce che si può scegliere se prendere di petto il dolore e la paura, oppure, come fa la protagonista ,si può cercare di capire cercando di non generalizzare e forse, in parte, comprendere che la guerra genera solo degli sconfitti. Uno di quei libri da leggere, da regalare e consigliare caldamente.

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2 pensieri su “I “sette libri per l’estate” di… Daniela Alparone

  1. mariella sadorin dice:

    Grazie Daniela, ammiro sempre la tua professionalità, preparazione e splendida capacità di rendere in poche parole una chiara visione della trama dei libri che offri.
    Evviva la libreria Dovilio evviva Daniela Alparone.
    Mariella Sadorin

  2. Daniela dice:

    Cara Mariella lieta che hai apprezzato i miei consigli di lettura ma soprattutto un sincero grazie per il tuo costante interesse per gli eventi che si svolgono nella mia libreria.

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