Yehoshua: “Il Nobel, i miei eredi e la Ferrante”

Parla Abraham Yehoshua, a cui è stata assegnata l’ennesima laurea ad honorem, stavolta a Palermo: «Il premio Nobel? Non è importante, non lo assegnano da tempo a scrittori israeliani per motivi politici. Un connazionale erede della mia generazione? Nir Baram. Non posso leggere tanti italiani contemporanei…»

Sopra lo scarabocchio che è il suo autografo scrive un tremolante “ciao”. Saluto frettoloso e agli antipodi della lentezza e della perfezione della sua scrittura. Non si è negato ai più giovani lettori che l’hanno avvicinato, giovani di una platea in avanti con gli anni. Abraham Yehoshua ha collezionato a Palermo l’ennesima laurea honoris causa di una lunga carriera, stavolta in Scienze Filosofiche e Storiche, conferitagli dall’ateneo palermitano (grazie a una sinergia col Taobuk Festival) e in particolare dal rettore Fabrizio Micari. Lo scrittore israeliano (ultimo suo romanzo, Il tunnel, come di consueto per Einaudi), fra i principali del nostro tempo, ha tenuto la lectio magistralis dal titolo Israele tra mito e storia, nella sede del rettorato, lo Steri. Un excursus storico-filosofico scandito da un costante desiderio: «Rendere Israele un membro effettivo della famiglia delle nazioni». La contrapposizione della storia al mito (quest’ultimo una coscienza fin troppo «coltivata e fortificata»), con una netta preferenza di Yehoshua per la prima, consiglia, più che «la connessione politica simbiotica con gli Usa, la cui inclinazione identitaria di base è verso il mito e non verso la storia», «il modello europeo come fonte di ispirazione e di studio», per normalizzare Israele, per permettere che la sua esistenza nazionale «assuma la responsabilità morale delle sue azioni e non sia legata a decreti mitologici del destino». Yehoshua ha incantato il pubblico dei presenti e, dopo la cerimonia, c’è stata la possibilità di stimolarlo su più fronti. A cominciare dalla candidatura al Nobel che finora non si è mai tradotta in successo.

Yehoshua, perché dal 1966 – da quando Agnon lo condivise con Nelly Sachs – il premio Nobel per la Letteratura non è stato più assegnato a uno scrittore israeliano?

«E perché non hanno premiato un italiano dopo Montale?»

Nel 1997 toccò a Dario Fo…

«Ah, già, Fo. Chissà perché – sussurra sornione, levando lo sguardo al cielo – dopo Agnon non è più toccato a un israeliano… Il Nobel comunque non è importante. Se non l’hanno assegnato agli scrittori israeliani della mia generazione probabilmente è stato a causa di motivi politici».

Tra poeti misconosciuti e perfino cantanti fa impressione (o forse no) non vedere lei, Oz o Grossman tra i vincitori. La letteratura israeliana, poi, sembra più viva che mai, tra gli autori più giovani sembrano esserci già eredi di livello, da Nevo a Gundar-Goshen, da Keret a Gavron. Se lei dovesse indicare un solo nome fra i giovani israeliani su cui puntare per presente o futuro, quale farebbe?

«Ogni generazione ha la sua storia e il suo orizzonte, quindi è inutile far paragoni. Della mia mi manca Amos Oz, siamo stati amici per sessant’anni. Ci sono tanti bravi scrittori israeliani, fra i più giovani. Nir Baram (in Italia il suo Brave persone è pubblicato da Ponte alle Grazie, ne abbiamo scritto qui, ndr) per me è quello più convincente».

E fra gli scrittori italiani d’oggi?

«Non ho la possibilità di leggere tanti italiani contemporanei, più che altro in Israele sono molto tradotti gli scrittori anglosassoni. Ho letto Elena Ferrante (le edizioni e/o hanno appena annunciato l’uscita del suo nuovo romanzo per il prossimo 7 novembre), come tutti. Poi amo Sciascia e Gadda».

Che significato ha questa laurea a Palermo?

«Sono felice per questo riconoscimento dell’università. Sto trascorrendo gli ultimi anni della mia vita a parlare di identità del Mediterraneo, e in questo senso la Sicilia e Palermo hanno un ruolo molto importante. Nel mio Paese stiamo andando verso la soluzione di un unico Stato. Israeliani e palestinesi ormai coabitano. La questione vera è come dare a entrambi i popoli un terreno di incontro con l’aiuto dei paesi del Mediterraneo, tra cui Italia e Grecia, in modo da dare loro una identità condivisa. Sarebbe necessario replicare ciò che è avvenuto in Europa, dopo la seconda guerra mondiale, con ungheresi e austriaci»

Cosa la preoccupa della situazione attuale in Israele?

«Qualcosa di pericoloso è l’estremismo religioso, dobbiamo fermarlo con tutte le nostre forze. Come dicevo nella lectio magistralis occorre rafforzare l’anticorpo della coscienza storica contro ogni elemento regressivo».

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