Ardone, ricordarsi di quando eravamo meno egoisti…

Un viaggio, un bimbo e la sua voce. Il piccolo Amerigo Speranza è uno dei tanti minori del sud che, nell’immediato dopoguerra, sono ospitati da famiglie del nord, su input del Pci. Un modo di strapparli alla fame e alla miseria. È lui il protagonista de “Il treno dei bambini” di Viola Ardone, che regala il piacere di una bella lettura, appassionante e commovente

Si fa presto a dire “caso editoriale dell’anno”. Il treno dei bambini di Viola Ardone (233 pagine, 17,50 euro), pubblicato da Einaudi Stile Libero, però ha tutte le credenziali per diventarlo e non solo per il successo riscosso alla Fiera di Francoforte (è in corso di traduzione in 25 lingue e c’è da scommetterci che quanto prima qualcuno ci tirerà fuori anche un film). Ma perché Il treno dei bambini è una bella storia, un romanzo ben strutturato, la cui vicenda prende il lettore sin dalle prime righe e la narrazione, serrata e avvincente, scorre via che è un piacere. Ci si appassiona in fretta al piccolo protagonista, Amerigo Speranza, e alla sua storia di miseria ambientata nell’immediato dopoguerra.

Sogno ad occhi aperti

Amerigo è un bambino di Napoli che viene mandato al Nord per qualche mese, ospite – come tanti altri bambini meridionali in quel periodo – di famiglie più agiate, per lo più ex partigiani delle aree più rosse della penisola. Amerigo nello specifico finisce a Modena in casa di una sindacalista e a stretto contatto con un’altra famiglia che lo accoglie e lo tratta come un figlio. Dopo i primi comprensibili timori, il bambino si affeziona alla sua “nuova” famiglia, riprende a frequentare la scuola, impara a suonare il violino, ha di che mangiare, in abbondanza, ogni giorno. Vive una sorta di sogno ad occhi aperti e per lui sarà difficile svegliarsi una volta tornato nel suo vicolo a Napoli.

Voce intensa e tenera

Viola Ardone ha colto nel segno facendo raccontare la storia in prima persona al bambino, combinando italiano e termini dialettali mai troppo astrusi. I personaggi sono tutti ben delineati e credibili, l’intreccio si avvantaggia dell’atmosfera del periodo e viceversa. La voce di Amerigo colpisce per intensità e tenerezza e non mancano certe striature ironiche che oltre a dare spessore al piccolo protagonista, evitano pericolosi scivoloni nel sentimentalismo patetico. Ma il merito dell’autrice napoletana è stato principalmente quello di ridare luminosità ad una iniziativa solidale vera e oggi sconosciuta ai più giovani.

Un’operazione illuminata

«Negli anni tra il 1946 e il 1952 – ha dichiarato di recente Viola Ardone a Repubblica – le condizioni di vita di tantissimi bambini, soprattutto al Sud, erano davvero difficili, molto dure. Allora ci fu un’operazione illuminata, attenta, di grande sensibilità da parte del Partito Comunista Italiano insieme all’Unione Donne Italiane. I bambini dai 4 ai 12 anni poveri, senza genitori, tantissimi bambini di strada furono portati per un periodo di alcuni mesi nelle regioni del Centro Nord, Marche, Emilia Romagna. Affidati ad altre famiglie in modo che potessero superare l’inverno. I dati sono impressionanti, c’era un alto tasso di mortalità, malattie polmonari, denutrizione. E tra questi c’è il piccolo Amerigo, dei Quartieri Spagnoli».

La solidarietà sociale

La Ardone ha riproposto un tema, quello della solidarietà sociale, che al giorno d’oggi, coi vari Salvini/Renzi/Di Maio al centro della scena politica italiana, sembra davvero qualcosa di obsoleto e inconcepibile. Un sentimento antico che andrebbe riscoperto, in un momento così buio, in termini sociali, culturali e (appunto) politici.

«Era più facile, un volta. C’era il partito, c’erano le compagne e i compagni del partito. Oggi non ci sta più niente, chi vuole fare qualcosa di buono lo deve fare da solo… Ma non è una cosa politica, non so se mi spiego, è carità. È differente»

I bei sentimenti di una volta

Le prime tre parti del romanzo, quelle in cui Amerigo è ancora un bambino, sono le più appassionanti e riuscite. La quarta, invece, è meno convincente, sebbene (va sottolineato) non stoni. Forse sa troppo di Nuovo Cinema Paradiso per risultare originale come il resto del romanzo. Ma in definitiva Il treno dei bambini è decisamente un bel libro, da leggere per il piacere di una bella lettura, da leggere per riscoprire i bei sentimenti di una volta, da leggere per commuoversi, da leggere per ricordarci di quando forse eravamo un po’ meno egoisti, di quando forse gli italiani erano un popolo…  migliore.

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