Kureishi: “Smettere di scrivere? Non ci penso proprio”

Lo scrittore inglese si racconta e smentisce, dopo averlo lasciato intendere, qualsiasi ipotesi di… pensione.«Viviamo – racconta Kureishi – un ottimo momento per il racconto, specie in tv. Ci sono molte opportunità, ci sono sempre più canali e piattaforme, vedremo come i giovani più interessanti riusciranno a esprimere le proprie idee sulla realtà in cui viviamo. “Uno zero” il mio ultimo romanzo? L’ho detto e a volte ci ho anche creduto…».

Nessun ritiro alla Philip Roth, come – sibillino, malizioso – aveva lasciato intendere mesi fa. Hanif Kureishi, classe 1954, scrittore inglese di padre pakistano, non è in disarmo e non è interessato alla pensione.

Kureishi, sincretismo, contaminazioni e dialogo tra culture sono temi centrali nella sua opera, ma non i soli. Non è un’etichetta stretta – di autore che indaga dialogo e scontro fra culture diverse – dopo quasi quarant’anni di carriera?

«Da scrittore non la penso così. Quando mi siedo alla scrivania posso solo vedere ciò che mi accade intorno e, se sono fortunato, idee, storie e personaggi arrivano a me. A volte ascolto un personaggio parlare, come per Waldo (protagonista del suo ultimo romanzo, Uno Zero, edito da Bompiani, ndr). Sento la sua voce, il suo tono, il suo senso dell’umorismo, e inizio a seguirlo».

Scrive per cinema, teatro e tv, è autore di racconti e romanzi. All’orizzonte vede momenti di crisi per chi narra?

«Credo sia un ottimo momento in generale per il racconto, specie in tv. Ci sono scrittori davvero interessanti che hanno iniziato a lavorare per la televisione negli ultimi anni. Penso a serie come I Soprano, Mad Men, Breaking Bad. Di recente ho apprezzato il lavoro di Jill Sulloway, che ha scritto e diretto Transparent e I love Dick, lavori che trovo innovativi e originali. Ci sono molte opportunità per gli artisti nelle serie tv, ci sono sempre più canali e piattaforme, la domanda è aumentata. Vedremo come i giovani più interessanti riusciranno a esprimere le proprie idee sulla realtà in cui viviamo».

C’è uno dei suoi film che ama di più?

«Non li vedo e non ci penso nemmeno, sono sempre impegnato a occuparmi del progetto successivo. Comunque mi piace molto My Son the Fanatic, credo sia intriso di temi interessanti, razziali, culturali e religiosi».

Luogo comune (o realtà) vuole che i film tratti da romanzi siano tutt’altro che memorabili e non reggano il paragone con l’originale…

«Ce ne sono di pessimi tratti da opere letterarie come da sceneggiature originali. Quando vedi un film, però, la fonte di ispirazione è irrilevante. Conta la qualità dell’immaginazione».

Come pensa d’essersi evoluto come scrittore?

«Non si è e non si dovrebbe essere lo stesso scrittore a 60 anni rispetto a quando se ne avevano 30, 40 o 50. Se si è fortunati c’è una naturale evoluzione, conseguenza dell’invecchiare o di vivere in un’epoca differente. E si è anche annoiati dalle idee che si avevano prima. Come scrittore devi mantenere il tuo entusiasmo e la tua passione, scoprendo nuove idee, personaggi, situazioni e modi nuovi per guardare il mondo. Ora sto scrivendo col maggiore dei miei figli, Sachin. Lavoriamo insieme a una serie tv, recentemente me ne sono appassionato, amo specialmente quelle italiane, come Gomorra e Suburra. È nuova linfa vitale per il mio desiderio di scrivere. Senza, so che mi annoierei».

Il suo recente Uno zero sarà davvero il suo ultimo romanzo?

«L’ho detto e a volte ci ho persino creduto. Ma mi piace scrivere ogni giorno, mi diverto. Quindi scrivo per il cinema, per la tv, scrivo saggi e continuo a insegnare. Come molti miei amici che lavorano in ambito artistico, non ho alcun desiderio di smettere. Se hai la fortuna di essere un artista hai anche quella di non dover andare in pensione».(Questa intervista è stata pubblicata, in forma leggermente diversa, sul Giornale di Sicilia)

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *