Scoiattoli, hippie e suocera: l’amore secondo McKenzie

L’elaborazione del passato come fondamento del presente e del futuro è il passaggio indispensabile de “L’amore al tempo degli scoiattoli” della statunitense McKenzie, storia di un matrimonio imminente, quello fra Veblen e Paul, che fa i conti con le famiglie di appartenenza, con ricordi e segreti

Un’esilarante, ma non per questo non profonda commedia d’amore americana. Che qualcuno abbia in mente o stia addirittura girando una versione cinematografica, è aspetto relativo, secondario. Prima che le immagini prendano corpo al buio di una sala, è bene gustarseli su carta, personaggi e scene, immaginarseli a Palo Alto, in California. Prima ancora della coppia di fidanzati, Veblen e Paul, che vogliono forse frettolosamente convolare a nozze, vanno gustati perfino i co-protagonisti. Melanie, la madre di lei, «narcisista, ipocondriaca, borderline, probabilmente schizoide», nelle parole del futuro genero, molto presente nella vita della figlia. E anche il fratello di lui, Justin, «trentotto anni, era un bel po’ più basso di Paul e pesava circa centoventi chili. Soffriva di una specie di disturbo che lo rendeva inadeguato in più modi di quanti Paul potesse adeguatamente elencare». E poi c’è la coppia. Veblen, trentenne che vive in un cottage isolato, freelance nell’animo, lavora da traduttrice, ipersensibile (ma non solo…). Paul è un neurologo, figlio di una famiglia di hippie che fa fatica ad accettare il fatto che lui collabori con una grossa casa farmaceutica («sono degli squali» sintetizza il padre, Bill), anche se per una nobile causa, sperimentare cioè uno strumento di craniotomia per alleviare i disturbi post-traumatici dei veterani di guerra. Il loro rapporto? Affinità, ma anche distanze, a cominciare dal giudizio sugli… scoiattoli (divertenti protagonisti fino alle ultimissime pagine, con tanto di «ruggito di trionfo»). Che Paul detesta, mentre la sua futura moglie adora, tanto da pensare anche di potervi dialogare.

Felice equilibrio fra i temi

La statunitense Elizabeth McKenzie ha scritto questo suo terzo libro, L’amore al tempo degli scoiattoli (440 pagine, 18 euro), The Portable Veblen il titolo originale, con Franzen come nume tutelare – ha dichiarato la sua ammirazione per l’autore de Le correzioni, che a sua volta l’ha elogiata – e in Italia è Marsilio a pubblicarlo, grazie alla traduzione di Stefano Massaron (che da scrittore in proprio non batte un colpo da un po’). La volontà di sposarsi e i progetti per convolare a nozze di Veblen e Paul sono messi a rischio dal confronto con le rispettive disfunzionali famiglie (i genitori di Paul sono ex hippie e coltivatori di marijuana, il padre di Veblen, Rudgear, si trova in una clinica psichiatrica) e da alcuni segreti che riemergono dal passato. C’è un felice equilibrio fra i tanti temi (quelli della malattia, dell’industria bellica, quello dell’ambiente, non solo l’amore), che non cozzano mai col tono ironico di fondo e l’approfondimento psicologico di ogni singola figura.

Una commedia profonda

Profondità e leggerezza coesistono molto bene nelle pagine di Elizabeth McKenzie, che non si nega una spietata analisi dei rapporti familiari, quello fra Veblen e la madre, quello, soprattutto, fra il simpatico e improbabile Paul e il “treppiede” (ovvero padre, madre e fratello): Paul, per dire non sopporta l’odore di marijuana ed è mille miglia lontano dallo stile di vita dei suoi. L’elaborazione del passato come fondamento del presente e del futuro è il passaggio necessario e indispensabile del romanzo di McKenzie, forse il vero messaggio, ammesso che le storie debbano essere cariche di messaggi…

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