Crescere è disobbedire, l’altro vangelo di Alderman

Rilanciato “Disobbedienza”, il romanzo d’esordio dell’autrice di “Ragazze elettriche”. Alderman racconta il ritorno di una donna, Ronit, in una comunità ebraica ortodossa. Qui ritrova il cugino Dovid, erede designato del rabbino morto (padre di Ronit) e soprattutto marito di Esti, amica d’infanzia di Ronit, con cui aveva avuto una storia saffica…

«Al principio della creazione del mondo Dio fece tre tipi di creature: gli angeli, le bestie e gli esseri umani.
Gli angeli li creò con la Sua sola parola. Gli angeli non hanno la volontà di commettere il male e si aggirano per il mondo semplicemente eseguendo gli ordini del loro Creatore. Gli angeli non si possono ribellare. Non possono deviare un solo momento dal Suo fine. Sono tutto e solo il prodotto della Sua volontà. Non conoscono altro.
Così come le bestie che hanno solo l’istinto a guidarle».
Lo scarto con gli uomini, si legge in questo brano di Disobbedienza (318 pagine, 18 euro) di Naomi Alderman, sta nella disobbedienza. «Uniche tra le creature che vengono dalla parola del Signore, gli esseri umani hanno la libertà di decidere. Noi non sentiamo solo la voce dell’Onnipotente come gli angeli. Non siamo guidati solo dall’istinto cieco come le bestie. Solo noi possiamo sentire gli ordini divini e comprenderli, e purtuttavia possiamo scegliere di disobbedire. Ed è questo e solo questo che dà valore alla nostra obbedienza.
Questa è la gloria e la tragedia della razza umana. […] Il nostro trionfo è la nostra caduta, la nostra possibilità di condanna è anche la nostra opportunità di grandezza. E tutto quello che ci resta, alla fine, sono le scelte che facciamo».

Due diverse ribellioni

Disobbedire, è semplice dedurre da ciò che succede ai protagonisti di Disobbedienza, debutto di Naomi Alderman (che Nottetempo ripropone sulla scia del successo di Ragazze elettriche), è un po’ crescere, sembra un passaggio irrinunciabile sulla strada per l’età adulta. Bisogna essere liberi e coraggiosi per disobbedire, che in molti casi significa avere amor proprio. Chiedere a Ronit, figlia di un rabbino di una comunità ortodossa londinese, che sfugge alla bolla d’oppressione e trova ujna nuova vita a Manhattan: fa il percorso opposto solo dopo la morte del padre e fa i conti. Chiedere a Esti, compagna di scuola di Ronit, diventata moglie del cugino Dovid (che sedeva alla destra del rabbino…), che in una delle ultime magistrali pagine, a suo modo disobbedisce, tenace e silenziosa, e matura, rivendicando prima di ogni altra cosa il diritto alla parola, che è «il dono della creazione». «Ho desiderato quello che mi era proibito. Continuo a desiderarlo. E tuttavia sono qui. Obbedisco ai comandamenti. È possibile…» Esti sorrise, «se non devo farlo in silenzio».

Un microcosmo ebraico e… distopico

È un debutto di spessore, quello di Alderman, che ha poco da invidiare a Il vangelo dei bugiardi e a Ragazze elettriche. Si alternano prima e terza persona, ovvero quella di Ronit e di Esti (che s’allarga oltre, in una forma impersonale, ai pensieri del marito Dovid e di tutta la comunità). Il microcosmo ebraico è piuttosto distopico visto con gli occhi di chi ha cambiato mondo, per sfuggire ai suoi riti, alle sue tradizioni e a certe ottusità. Il ritorno di Ronit al suo vecchio mondo creerà non pochi grattacapi nell’ambito della comunità, a cominciare dalla vita del cugino, erede designato del Rav Krushka. Autodeterminazione, libertà di pensiero e disobbedienza hanno però il sopravvento, raccontati fra profondità e ironia.

Tra rifiuto e nostalgia

Insofferente e intollerante è Ronit, che non esita a definire il popolo ebraico «ostinato, testardo e disobbediente», tutte caratteristiche che le si addicono, a dire il vero. Lei disobbedisce, attacca, sferza, anche se forse libera davvero e fino in fondo, non sarà mai. Donna in carriera a New York, tra rifiuto e nostalgia, farà i conti con la “gabbia” londinese in cui è cresciuta, provocando con outing da lesbica (o da bisessuale?) e facendo i conti col presente e col futuro, ancora più che con il passato.

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