Ørstavik, una madre, un figlio e l’incomunicabilità

Il romanzo speciale della norvegese Hanne Ørstavik: la madre Vibeke e il figlio Jon si trasferiscono in un villaggio a nord e le loro vite prenderanno direzioni opposte. Ciò che accomuna i protagonisti è una latente angoscia dei tempi, una solitudine che si può toccare

Che cosa hanno in comune le vite dei genitori con quelle dei figli? All’apparenza nulla. Vibeke e Jon vivono nella stessa casa, condividono gli stessi spazi e sono madre e figlio. Tuttavia qualcosa stride con l’idea che li vorrebbe sotto uno stesso tetto per aspirare a essere famiglia. I due protagonisti di Amore (126 pagine, 14 euro) scritto dalla norvegese Hanne Ørstavik, edito da Ponte alle Grazie, nella traduzione di Luigi Spagnol, si sono trasferiti da poco in un piccolo villaggio all’estremo nord del paese. Qui arrivano con il loro bagaglio passato e la notte precedente al compleanno di Jon, qualcosa cambia irrimediabilmente le loro vite.

Un sottofondo di cortesia e il luna park

La donna, che ha avuto l’incarico di consulente per la cultura in Comune, qui non conosce nessuno, e anche se vorrebbe buttarsi a capofitto nel lavoro, di fatto con nessuno dei colleghi instaura una sorta di dialogo. C’è un’apparente educazione, un sottofondo di cortesia che fa intendere come le cose si svolgano nel massimo rispetto degli spazi altrui, ma la verità è che contaminarsi non passa per la testa di nessuno. Di recente in paese, è arrivato un luna park e sebbene nessuno dei due protagonisti abbia intenzione di andarci, è attraverso la disarmante “turbolenza” di questo luogo che le loro vite prenderanno direzioni forse opposte. Jon con un blocchetto di biglietti della lotteria della società sportiva esce di casa per cercare di venderne qualcuno, pensando di lasciare così Vibeke alle prese con gli ultimi preparativi per il suo compleanno: domani compirà nove anni e sua madre dovrà essere pur intenta a preparargli la torta. Il suo desiderio più forte? Ricevere in regalo un trenino “Märklin. Gli basta solo qualche pezzo la prima volta, un binario e soprattutto una locomotiva”. Tuttavia le dinamiche interpersonali sono spiazzanti. Vibeke in realtà a malapena si ricorda del compleanno di Jon e quando lui le parla a lei viene in mente solo il colore dello smalto che meglio si intona con il proprio rossetto.

Orecchie che non ascoltano, diaframma che non vibra

Il dizionario Treccani definisce «amore: sentimento di viva affezione verso una persona che si manifesta come desiderio di procurare il suo bene e di ricercarne la compagnia», ma può anche essere «rivolto a sè, come manifestazione di egoismo e di
egocentrismo»; non solo, il dizionario di medicina lo intende come «sentimento complesso e intenso in cui si mescolano, affetto, desiderio e attrazione; può rivolgersi a una varietà pressoché infinita di oggetti come cose, persone, animali, valori». A questo punto, sembrerebbe che l’amore sia proprio ciò che manca, che la sua definizione in questo romanzo abbia a che fare con l’assenza.Vibeke convinta che il figlio sia a letto, esce per riportare i libri in biblioteca. È una donna insicura, ha lasciato la città ma con essa anche la voglia di mettere in gioco i propri sentimenti. Si trincera dietro ai canoni di bellezza femminile da rispettare. Ma le sue orecchie non sanno ascoltare. Il suo diaframma non sa vibrare. I suoi pensieri sono ingessati. Tanto da confondere la condivisione di un momento con un sentimento, scambiando per un inizio il solo annusarsi curioso, ma distante.

Nell’ansia di non esporsi

Nel romanzo di Hanne Ørstavik i protagonisti hanno una grande difficoltà a comunicare, tra loro e con gli altri. Jon ha quasi nove anni, ma non ha molti punti fermi nella sua vita. Vibeke vorrebbe. Cosa vorrebbe? Vorrebbe un amore adulto, vorrebbe essere in grado di stabilire un contatto con gli altri che arrivi forse dall’aver fatto pace con se stessa. Quando scopre che la biblioteca è chiusa, finirà per caso al luna park e qui un incontro inaspettato farà sì che la sua mente si annebbi totalmente. La vita di Vibeke, intrappolata nell’ansia di non esporsi, di non dire ciò che pensa, di aver detto troppo, di non voler rovinare tutto, ma poi tutto cosa?
Ma dov’è questo amore? In Amore, Vibeke è una donna a metà strada fra l’essere vittima, più di se stessa che degli altri, e la sterile intraprendenza. Ciò che accomuna i protagonisti è una latente angoscia dei tempi, una solitudine che si può toccare, una sorta di mantra ripetuto nella testa che rimette ogni cosa al suo posto, perchè non saremmo affatto pronti a veder scardinata la nostra comfort zone.

Qualcosa che serve per anestetizzare

Se ci sto dentro, nulla mi può accadere, come ripete a Jon sua madre: «Ora chiudo la porta, sei un bambino grande. Il buio non è pericoloso. Quello che ti fa paura è dentro di te. Devi scegliere, Jon, dove vuoi usare la tua energia. Se vuoi aver paura, l’avrai. Se no, basta non farlo». Che è un po’ come il silenzio che Vibeke sente dentro di sè. Qualcosa che serve per anestetizzare il nostro corpo dalle ansie, paure, incredibili sforzi. Un romanzo, quello di Ørstavik, che ci mette di fronte a una rottura fra i rapporti e una rottura interiore, una madre che non conosce suo figlio e un figlio che desidera sentirsi parte di qualcosa, forse semplicemente di un po’ d’amore.

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