Ovejero: “Sull’amore non è ancora stato scritto tutto”

Intervista allo spagnolo José Ovejero, autore del romanzo “L’invenzione dell’amore”: “L’amore vero è quello nel quale in una relazione, il soggetto è più interessato al benessere dell’altra persona che al proprio benessere. Con il protagonista Samuel condivido lo sguardo scettico sul romanticismo, sull’idealizzazione dell’amore. La bugia un tradimento? Può essere, ma anche una maniera creativa di cambiare la realtà”

Una specie d’occasione d’amore capita al solitario Samuel, protagonista de L’invenzione dell’amore (254 pagine, 18 euro) di José Oveiero (nella foto con la nostra Paola Zoppi, durante l’intervista), pubblicato in Italia da Voland, grazie alla traduzione di Bruno Arpaia. Partecipa al funerale di una donna, Clara, che non conosce, ma di cui finge d’essere l’amante, beccando anche un pugno dal vedovo. L’avvio di una storia che è una riflessione sul caso, sulla verità, sull’immaginazione.

«Ho sempre evitato la parola amore. […] Mi mettono a disagio le poesie che hanno bisogno di usare questa parola per produrre emozione. Lo so che le canzoni ne sono piene […] Qualcuno la usa davvero? Sul serio le coppie si guardano negli occhi e si dicono “ti amo”?», dice il protagonista del suo romanzo, Ovejero. Sull’amore si è scritto molto, ma lei che cosa si è “inventato sull’amore” per costruire il suo romanzo?

«È qualcosa che dice anche il protagonista di questo romanzo: non si può scrivere sull’amore perchè è già stato scritto tutto; ma in realtà non è vero. Ogni emozione umana è un argomento letterario e dall’inizio della letteratura, comunque continuiamo a cercare qualcosa sull’amore. Io ho cercato di scrivere un romanzo d’amore su qualcuno che non crede all’amore e un romanzo sull’amore non romantico, voglio dire dell’amore non idealizzato, ma guardare che cos’è veramente l’amore nelle relazioni umane, la verità e non l’idealizzazione del cinema di Hollywood o delle canzoni d’amore».

In un’epoca come questa, in cui viviamo continuamente rapporti virtuali, forse senza grandi programmi per il futuro, l’amore è ancora un sentimento che viene coltivato?

«Certo i rapporti virtuali esistono, ma non sostituiscono la relazione fra due persone, la relazione fisica è vicina. Adesso, parliamo quasi sempre, in una maniera critica, sulle relazioni virtuali, ma prima di queste, diciamo un secolo fa, le relazioni non erano più facili: la gente non poteva viaggiare come adesso per trovare l’innamorato, si scrivevano le lettere, c’era una relazione virtuale. Adesso è diversa, ma non sostituisce la relazione fra due persone».

Nel dizionario di medicina, la parola «amore» viene definita: “sentimento complesso e intenso in cui si mescolano affetto, desiderio e attrazione; può rivolgersi a una varietà pressoché infinita di oggetti come cose, persone, animali, valori. Lei cosa ne pensa?

«Penso che sia una buona descrizione dell’amore, penso che si può dare l’amore per le cose, l’amore per gli animali, ma penso che l’amore vero o quello che per me è l’amore vero, è quello nel quale in una relazione, il soggetto è più interessato al benessere dell’altra persona che al proprio benessere, questa è la definizione che, negli anni, più si adatta a quello che penso».

«Sono uno di quegli uomini dei quali alcune donne direbbero che hanno paura di impegnarsi», dice Samuel nel suo romanzo. Che tipo di uomo ha voluto raccontare attraverso la figura di Samuel e cosa sente di avere in comune con lui?

«Samuel direbbe “no ma non ho paura di impegnarmi, io non voglio impegnarmi” che è diverso, non c’è sempre una paura, penso che non impegnarsi sia una scelta, non c’è un obbligo di impegnarsi, o ad avere relazioni lunghissime, fino a che morte non ci separi. Non c’è bisogno di questo, ma è anche una possibilità. Samuel e io abbiamo in comune uno sguardo scettico sul romanticismo, sull’idealizzazione dell’amore. Io sì voglio impegnarmi, io non ho lo stesso atteggiamento di Samuel, ma questo cercare di guardare con un po’ di distacco per capire cosa fai, cosa senti, cosa vuoi».

Fino a che punto possiamo conoscere l’altro? Questo sembra essere uno dei suoi interrogativi, ma c’è un aspetto dell’essere umano su cui le capita di interrogarsi più spesso?

«Non possiamo conoscere l’altro, e conoscere noi stessi. C’è sempre un vuoto, un territorio buio che non si capisce, perciò in questo romanzo quando qualcuno parla di Clara per esempio, quando Samuel parla di Clara senza averla conosciuta, può dire delle cose che gli altri credono anche se conoscevano Clara, perchè siamo consapevoli di non poter conoscere l’altro. È anche interessante questa “indefinizione” perchè hai sempre possibilità di imparare delle cose nuove, di correggere anche nella tua relazione con l’altro. Per me questo non è tanto un problema, quanto una possibilità interessante e attrattiva».

La storia che racconta ne L’invenzione dell’amore si basa gran parte su una bugia, “una bugia e tutto cambia, precipita, si dissolve. Una bugia e non puoi più difenderti, dire: “Non è possibile, ti giuro che non è così”. Perchè ormai ti sei creato un personaggio e hai convinto gli altri che quel personaggio sei tu”. Per lei la bugia è una forma di tradimento e se sì, lo è prima di tutto verso se stessi?

«Può esserlo ma può essere anche una maniera creativa di cambiare la realtà. La bugia ci avvicina anche all’invenzione e l’invenzione ci avvicina all’immaginazione e penso che una maniera di conoscere il mondo e sperimentarlo in un’altra maniera è di immaginarlo. Dunque c’è questo gioco nel quale puoi cadere in un’esagerazione della bugia ma anche in una immaginazione creativa della realtà».

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