Il bambino spezzato di Ardone che non dimenticherete

“Il treno dei bambini” di Viola Ardone racconta un’operazione politica del secondo dopoguerra, ma soprattutto la straordinarietà dell’amore di una madre e mette in luce forza e debolezze, paure dei protagonisti, fino a farci male. Un bimbo napoletano, un treno che gli regala un altro destino – la felicità tra le corde di un violino – e una seconda mamma, oltre Antonietta, Derna. Un romanzo che, dopo la lettura, non lascia uguali

Tutti noi lettori ci siamo chiesti, almeno una volta nella vita, quali sono gli “ingredienti” che determinano il successo di un libro. Quando possiamo affermare che un libro è “buono”? Tempo addietro ho letto su un articolo una risposta che è diventata il mio metro di misura: «I libri buoni sono quasi sempre storie in cui c’è la vita in tutte le sue sfumature, il lettore diventa il personaggio e vive, viaggia, piange, ride, si dispera, gioisce e ama come lui. I libri cattivi si dimenticano; i libri buoni si ricordano per sempre. Dove, quando e con chi li abbiamo letti. Passando davanti allo scaffale, anche dopo tanti anni gli diciamo grazie».

Sopravvivere, non vivere

L’ultimo romanzo di Viola Ardone – Il treno dei bambini (233 pagine, 17,50 euro) – pubblicato da Einaudi Stile Libero è tra i libri che, probabilmente, ricorderete per sempre perché fa ridere e piangere, fa gioire e disperare. Non c’è da stupirsi, è stato il caso editoriale italiano dell’ultima Fiera di Francoforte ed è in corso di traduzione in 25 lingue. Amerigo Speranza è il protagonista e l’io narrante di una storia che affonda le radici nel secondo dopoguerra e racconta la vicenda poco conosciuta di migliaia di bambini meridionali affidati a famiglie del Nord e del Centro, grazie ad un’iniziativa del Partito Comunista, per strapparli alla povertà e alla disperazione. Amerigo è napoletano e vive con la mamma Antonietta, senza padre e senza fratelli; sopravvive, ma non vive, fino al giorno in cui salirà sul treno che lo condurrà a Modena da un’altra donna, Derna, che lo accoglierà come un figlio.

Una strada diversa e i sensi di colpa

L’incipit del romanzo di Ardone lascia intendere il fulcro della storia: Amerigo è troppo povero per indossare un paio di scarpe nuove ed è costretto a calzare quelle degli altri «[…] Sono le scarpe degli altri. Hanno la forma dei piedi che le hanno usate prima di me. Hanno pigliato le abitudini loro. Hanno fatto altre strade, altri giochi […]». Il piccolo protagonista, salendo su quel treno, avrà la possibilità di percorrere una strada diversa, con un paio di scarpe nuove che segneranno una recisione tra la vecchia e la futura vita. Una recisione che non sarà mai netta ma, al contrario, lascerà strascichi di dolore e sofferenza. La voglia e il bisogno di serenità e sicurezza lo spingeranno a scelte difficili e cariche di sensi di colpa che lo accompagneranno fino all’età adulta.

Pci, meriti e contraddizioni

La Ardone ci regala uno spaccato dell’Italia del secondo dopoguerra, la mentalità di quegli anni, idee politiche opposte e incarnate da due figure femminili (abitanti del quartiere) che, insieme alle altre donne del romanzo (Antonietta, Derna, Rosa), arricchiscono la storia. La Pachiochia è una monarchica convinta, denuncia i mali del comunismo e sostiene che i bambini verranno trasportati in Russia per essere uccisi; la Zandragliona, invece, è repubblicana e spinge Amerigo a salire su quel treno che cambierà le sue sorti. Non mancano, ovviamente, i riferimenti ai principi del Partito Comunista, all’impegno di tante giovani “compagne” come Maddalena (una delle organizzatrici del viaggio al Nord) e Derna, la madre affidataria; alle contraddizioni al suo interno.

Lasciare andare, non trattenere

Dall’inizio alla fine, il lettore sarà attratto dall’ingenuità e ironia di Amerigo. Sentirà, però, quella “tristezza nella pancia” a cui più volte fa riferimento il nostro piccolo protagonista («Ora che sto qua sopra mi accorgo che tutto è andato così veloce e che pur volendo non posso più tornare indietro. Penso a mia mamma che già se ne sarà tornata dentro al basso nostro e mi sento la tristezza nella pancia»). L’autrice ha scritto pagine commoventi in cui racconta la storia drammatica di una separazione (dalla madre, dalle proprie radici) e solidarietà; la straordinarietà di un amore, talmente grande da avere la forza di lasciare andare e non trattenere. Scava negli animi dei protagonisti, ne mette in luce forza e debolezze, paure, fino a farci male.

Una sorta di riappacificazione

Non possiamo che immedesimarci negli stati d’animo di Amerigo, nelle sue scelte complicate e sofferte che, comunque, gli consentiranno di cambiare le sorti di quel destino che per lui sembrava inevitabile, di conoscere la felicità tra le corde di un violino, gli abbracci e le carezze. La sensazione di essere spezzato a metà, tra la mamma del Sud e quella del Nord, non lo abbandonerà mai, fino al momento in cui dovrà affrontare il viaggio più lungo, quello di ritorno verso mamma Antonietta: una sorta di riappacificazione con la propria coscienza, con il dolore sofferto e procurato, con la vita che si è lasciato dietro una volta salito sul treno. Scriveva Salinger ne Il giovane Holden: «I libri quando li hai finiti di leggere vorresti che l’autore fosse tuo amico per la pelle e poterlo chiamare al telefono tutte le volte che ti gira». Ecco, giunti all’ultima pagina di Il treno dei bambini potrebbe venirvi voglia di chiamare Viola Ardone, o perfino Amerigo e chiedergli «Come stai, Amerì?» perché non vi lascerà uguale a com’eravate prima di leggerlo.

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Un pensiero su “Il bambino spezzato di Ardone che non dimenticherete

  1. Giovanni Rinaldi dice:

    “Proprio il nome di Amerigo e quello della donna che lo accolse e ospitò a Modena, Derna, agganciano il libro di Ardone a un’altra storia, a persone e fatti reali. Una decina di anni fa l’antropologo Giovanni Rinaldi raccolse le testimonianze orali di quanti avevano vissuto la repressione della manifestazione popolare avvenuta a San Severo, nel foggiano, il 23 marzo 1950.”
    “Sono molti gli aspetti de Il treno dei bambini che ricordano la vicenda di San Severo. Tanto che si è obbligati a chiedersi perché Viola Ardone abbia scelto per il romanzo una diversa contestualizzazione, non solo geografica, ma sociale e soprattutto politica.

    https://sviluppofelice.wordpress.com/2019/11/18/il-treno-dei-bambini-di-viola-ardone/

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