I “sette libri per l’inverno” di… Sara Gamberini

Scelte belle e originali, quelle di Sara Gamberini, autrice di “Maestoso è l’abbandono”, che suggerisce italiani e stranieri, classici e contemporanei, romanzi e poesie, racconti e lettere. Consigli di lettura da non perdere

Stagno di Claire-Louise Bennet (Bompiani)

Traduzione di Tommaso Pincio

stagno

Un romanzo con una trama esile, finalmente. Bellissimo. C’è una casa ai margini di un piccolo paese e una donna che ha deciso di vivere lì, in completa solitudine, a stretto contatto con la natura, abbandonando la sua vita di prima, di cui non si sa quasi niente, come poco si saprà del suo presente.

Non sapere niente, che condizione perfetta.

E infatti il romanzo d’esordio di Claire Louise-Bennet racconta di una quotidianità misteriosa, solitaria, in cui la protagonista può di nuovo prestare attenzione ai dettagli, il paesaggio sembra animarsi e lo stesso accade alle pentole, agli ortaggi, alla tavola imbandita. Fino a poter arrivare ad accorgersi che Se non vieni da un dato luogo la storia di quel luogo vivrà dentro di te in maniera diversa da come vive nelle persone che vengono da quel luogo. Così come qualunque altro aspetto delle cose, alto o basso, particolare o universale. Un romanzo che somiglia a un elogio dello stupore.

 

“Storie di cronopios e di famas” di Julio Cortázar (Einaudi)

Traduzione di Flaviarosa Nicoletti Rossini

cronopios

Ogni tanto, quando la quotidianità si fa troppo pressante e dilagano ovunque le cose da fare, le opinioni da mantenere, la noia delle sfide, l’egoismo da sfuggire, quando insomma il reale, o quello che riteniamo reale, sta per inghiottire tutto, mi capita di rileggere questo libro funambolico, meraviglioso, e di tornare in pace. Leggo che Quando i cronopios cantano le loro canzoni preferite, il loro rapimento è tale che più d’una volta sono finiti sotto un camion o una bicicletta; cadono dalla finestra, perdono quel che avevano in tasca e persino il conto dei giorni, e mi sento al riparo, capisco di far parte di una comunità invisibile e di essere molto lontana dalla solitudine.

 

“Il silenzio è cosa viva” di Chandra Livia Candiani (Einaudi)

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Chandra Livia Candiani somiglia a una bambina, è una specie di entità delicatissima, una donna potente, rivoluzionaria. Non si capisce da che pianeta venga, da quante vite sia sulla Terra, e se ci sia mai davvero passata sulla Terra. Ogni sua parola tocca l’inconscio e l’anima e gli strati sottili di cui è composto l’uomo, contemporaneamente. Ho amato molto questo suo libro, così come amo molto le sue poesie, soprattutto per come affronta alcuni luoghi comuni sulla meditazione, ad esempio riferendosi alla pace, quando scrive che la pace non è la quiete, è piuttosto l’accoglienza dell’irrequietezza, oppure quando stabilisce una differenza precisa, sottile, tra accettare e accogliere un fatto, sostenendo che si possa accogliere l’inaccettabile, senza accettarlo mai. In questo libro, Livia Chandra Candiani credo ci riveli il suo segreto più grande, come smettere di avere paura della propria delicatezza, e insegna a trovare una tana, un luogo sicuro, dove poter stare al riparo. Insegna che stare al riparo non significa mai fuggire o nascondersi o non essere abbastanza forti.

 

“Città aperta” di Teju Cole (Einaudi)

traduzione di Gioia Guerzoni

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Julius, il protagonista di Città aperta, è nato da madre tedesca e padre nigeriano, vive a New York dove lavora come psichiatra. È un flâneuse di questo tempo, vaga per la città e osserva, descrive, fa caso a tutto, si abbandona ai pensieri. I suoi vagabondaggi per New York iniziano dopo aver osservato il passaggio degli uccelli migratori da casa, era solito mettersi alla finestra e osservarli come per trarre auspici. Teju Cole riesce nell’impresa delicata e poetica di cogliere il preciso momento di scambio tra l’esterno e l’interno, senza annullare la distanza, mantenendo lo scarto, ma riuscendo a notare con esattezza ciò che dell’esterno risuona nell’uomo e viceversa. E scrive: «Salvare d’istinto un bambino, un po’ di felicità; qualche ora con i ruandesi, quelli che erano sopravvissuti, un po’ di tristezza: l’idea del nostro anonimato finale, un altro po’ di tristezza, il desiderio sessuale soddisfatto senza complicazioni, un altro po’ di felicità, e avanti così, un pensiero dopo l’altro. La condizione umana mi pareva meschina, l’essere soggetti a quella lotta costante per modulare l’ambiente interiore, sballottati come nuvole. Come era prevedibile, la mente annotò anche quel giudizio, e gli assegnò il suo punteggio: un po’ di tristezza».

 

“Lettere dalla notte” di Nelly Sachs (Giuntina)

Traduzione Anna Ruchat

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Ho conosciuto tardi l’opera di Nelly Sachs, grazie a un’amica che un giorno mi ha riportato questa frase: La legge segreta della compensazione. Esseri innocenti soffrono per via della compensazione. Le leggi dell’universo interiore di ogni vita sono come le leggi delle orbite stellari. Così ogni cosa che accade non può rimanere senza un effetto. Terribile.

A volte sembra quasi di poter riconoscere il preciso odore delle parole a noi affini, come un’altra lingua che si nasconde dentro la lingua che parliamo.

Sono lettere senza destinatario quelle che Nelly Sachs scrive nei mesi successivi alla morte della madre. È la mistica ebraica lo sfondo del testo, vi si trova un po’ di metafisica, un po’ di poesia e una sottile speranza, come un dono elargito, che poggia su basi incerte, quindi profonde, piene di conforto concreto, immateriale.

 

“Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno” di Vecchini e Marcolin (Topipittori)

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Una raccolta di poesie rivolta all’infanzia, quindi a tutti. Una scrittura delicata e profonda, quella di Silvia Vecchini, vicino agli acquerelli pieni di bagliori e di materia che brilla, e di vuoto, di erba, di Marina Marcolin. Poesie della notte, del giorno, di ogni cosa intorno invita a stare raccolti, a fare caso a quello che conta, come una riflessione senza pensieri. È un libro che tengo sul mio tavolino azzurro da anni, da quando, appena aperto, ho subito riconosciuto come un talismano prezioso.

 

“Un soffio di vita” di Clarice Lispector (Adelphi)

Traduzione di Roberto Francavilla

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Clarice Lispector ci ha lasciato una sorta di testamento cosmico, pieno di incanto. Si capisce bene, leggendo Un soffio di vita, come la scrittrice abbia avuto accesso al senso delle cose e come, con grande generosità, abbia provato a condividerlo.

So bene che questo libro non è facile, ma è facile solo per coloro che credono al mistero, scrive, e continua Se mai questo libro verrà pubblicato, che i profani ne stiano alla larga. Giacché scrivere è cosa sacra a cui gli infedeli non hanno accesso.

Ed è proprio così, un libro che parla di invisibile, in senso letterale e non solo romantico, e di amore. Una sorta di iniziazione malinconica e vagamente animista.

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