Una storia allegorica, una fiaba amara in un tempo senza tempo, con due ragazzi che aspettano qualcosa che non sembra mai arrivare. È “L’attesa” di Davide Franchetto, che in formato cartaceo è stato “congelato” dall’emergenza Coronavirus…
Una data sfortunata, e un titolo involontariamente profetico: L’attesa (49 pagine, 6 euro), racconto lungo di Davide Franchetto edito dalla torinese Autori Riuniti, è uscito il 5 marzo 2020. Una data come un’altra, non fosse stato per l’emergenza sanitaria che, già all’inizio del mese, aveva portato a chiudere luoghi di assembramento, e poi progressivamente esercizi commerciali, fino al lockdown totale. Saltata la presentazione di esordio al Circolo dei lettori di Torino, e sfumata anche, in moltissimi casi, la possibilità di acquistare il volumetto in libreria, non resta che raccontarlo a chi abbia per ora perso l’occasione di incontrarne le pagine di carta.
Il primo mestiere
Davide Franchetto è, oltre che scrittore (suoi alcuni cortometraggi e racconti usciti su Effe, Nazione Indiana, L’Inquieto e Carie) il libraio della Libreria Pantaleon di Torino, che ha fondato nel 2015. Lo abbiamo interpellato al telefono in uno dei giorni di quarantena proprio nella sua libreria chiusa al pubblico, dove si reca ogni tanto allargando il “giro della spesa” per sistemare il lavoro e la contabilità. Se all’inizio dell’emergenza, infatti, la Pantaleon aveva sposato l’idea delle consegne a domicilio, le misure di sicurezza si sono fatte poi più stringenti, tanto da portare Davide, come tanti colleghi, alla chiusura.
«La presentazione di L’attesa avrebbe dovuto essere il 5 marzo – racconta lui per eludere un po’ il pensiero della libreria chiusa e della situazione impensabile che tutti stiamo vivendo – ci abbiamo sperato fino al giorno prima, ma le cose stavano cambiando e abbiamo iniziato a sospettare che non si sarebbe fatto nulla». Che tutto questo enorme imprevisto possa fornire materiale narrativo per il futuro? «In fondo materiale ne abbiamo – è il commento di Franchetto – pensiamo a La peste di Camus, a Cecità di Saramago. Però se mi avessero detto “Sai che vedrai questo?” non avrei mai creduto fosse possibile nella mia vita di quarantenne nel mondo occidentale. È qualcosa che si immagina di vedere altrove, in Africa equatoriale forse, come è stato per Ebola, dove c’è estrema povertà. Ci crediamo invulnerabili qui, e invece non lo siamo affatto: chissà come cambieranno i nostri parametri! Qualcosa, sicuramente, questa epidemia ci lascerà».
Solo una cicatrice?
Difficile fare previsioni, ancora più difficile pensare al mondo dopo l’emergenza sanitaria. Cosa succederà? Saremo cambiati? «Non so rispondere – commenta il libraio-scrittore – ci saranno sicuramente danni economici, chiuderanno molte attività. Per quanto riguarda la nostra società e i nostri comportamenti non vorrei che una volta passati sei o otto mesi tutto tornasse uguale e riprendessimo tranquillamente le nostre vecchie abitudini, tenendoci solo una cicatrice. Chissà poi quali effetti ci saranno sulla psiche delle persone… Tendo però a pensare che le società consumistiche abbiano meccanismi radicati: sarà interessante vedere cosa accadrà, e speriamo di vederlo presto!».
Intanto, L’attesa è uscito, rimbalzando tra i lettori sui social. «Conto che diventi un piccolo oggetto di culto – ci scherza su l’autore – nel senso che non si saprà più dove comprarlo!». L’attesa è una storia allegorica, una fiaba amara in un tempo senza tempo, e ha per protagonisti due ragazzi in attesa di qualcosa che non sembra mai arrivare. Una storia “on the road” che li vede avanzare in un percorso, incontro dopo incontro, nel simbolico sentiero che conduce all’età adulta. «La prima impronta è quella di una storia di formazione – spiega Franchetto – ci sono diversi passaggi allegorici nel viaggio che fanno i due ragazzi, fino alla battuta finale, che sancisce quanto costi crescere, e che separa nettamente il mondo tra chi cresce e chi no, mostrando cosa ci si lascia dietro».
Capro espiatorio
Tanti gli spunti in questo racconto lungo, parte della collana Le gambe corte. «Sono affascinato da un tema, quello del capro espiatorio di un’intera generazione – prosegue l’autore – colui che, giovane, ci mostra che si può morire, o che si può non cambiare, e ci fa diventare adulti. Una sorta di chiave di volta. È un tema che torna in romanzi che ho amato, che mi incuriosisce. In questo caso è trattato trasversalmente: il finale fa solo immaginare che potrebbe essere così. Tra i due, il ragazzino è quello che cerca un altrove, crede e ha fede nella promessa del paese dei balocchi di cui ha sentito parlare, anche se poi sarà una punizione».
Un altrove promesso a dei bambini che, nel racconto, si sovrappone volutamente al paese dei balocchi di Collodi, con un’esplicita citazione che riprende la descrizione dell’arrivo dei carri e degli asini in Pinocchio. «Ho cercato di fornire tutte le coordinate perché il lettore lo capisse – svela Franchetto – l’altrove è una promessa per ragazzini pigri e svogliati che non vogliono andare a scuola, ma qui il ragazzino è già grande e si aggrappa all’innocenza che non capisce di aver già perduto, mentre la ragazza ha molto chiaro che loro due non sono più innocenti».
Siamo dentro una fiaba: i luoghi non hanno connotati definiti, ogni dimensione ne rivela altre, tra archetipi e simboli potenti, tra fughe e attese che non hanno destinazione né volti. Merito della fascinazione per le fiabe dell’autore, una vera e propria passione per l’elemento fiabesco e fantastico che, come afferma lui: «non ritrovo molto nella letteratura italiana recente. C’è molto realismo quotidiano, ma la letteratura che mi piace di più è quella che ogni tanto inserisce elementi fiabeschi nella narrazione». La mente vola al Sudamerica, all’Europa dell’est, all’oriente, «noi l’avevamo: pensiamo a Dante, ad Ariosto, dove tutto è fantastico. Poi non abbiamo più praticato molto questo tipo di narrazione».
Rimandi e riferimenti
È un concentrato di rimandi e riferimenti, L’attesa: un’attesa dinamica come un road movie, ma che si condensa in una cinquantina di pagine e che, con una scrittura e una prosa attente, si concede anche qualche rimando metaletterario come quello collodiano. «Non lo avrei inserito, in un romanzo – ammette l’autore – era un’idea che non poteva reggere, mentre qui è stato affascinante farlo, ho provato a mescolare reale e fantastico, ed è stato molto bello da scrivere. Poi sono attirato dagli autori che parlano di cammini, siano viaggi o camminate. Da Peter Handke a W.G. Sebald o Robert Walser, citando anche autori molto distanti. Non tutto è assimilabile a quel che ho scritto io, ma mi piace l’aspetto del cammino, della natura, del vedere, e in questa fase mi attira chi racconta riducendo all’osso l’intreccio».
Ragionamenti che fanno presagire un impegno sulla scrittura più profondo dietro L’attesa. Un progetto che, a ben guardare, esiste davvero. Franchetto sta lavorando a un romanzo: ancora nulla è dato sapere, ma è un progetto di lunga data, che va avanti da un po’ nelle serate libere dal lavoro in libreria. Impossibile, oggi più che mai, fare pronostici: intanto L’attesa è disponibile in ebook e, si spera presto, con la riapertura delle librerie, lo sarà anche nella sua versione cartacea.