Bernhard, pensieri che sfuggono e devastano certezze

“Camminare” è un breve ma ricchissimo e labirintico assaggio della poetica di Thomas Bernhard, una drammatica rappresentazione che rimanda al teatro dell’assurdo, fra soliloqui e passeggiate dei protagonisti, sproloqui e domande socratiche inevase. Leggere Bernhard non è facile, catartico o consolatorio perché ci mette di fronte ai nostri mostri interiori. Ma, come il “pessimista” Leopardi, ci fa amare la vita…

«Mentre io, prima che Karrer impazzisse, camminavo con Oehler solo di mercoledì, ora, dopo che Karrer è impazzito, cammino con Oehler anche di lunedì». Personalmente non ricordo di aver mai letto incipit più dirompente di quello di Camminare di Thomas Bernhard (125 pagine, 13 euro), tradotto da Giovanna Agabio, romanzo breve del 1971 del drammaturgo, scrittore e poeta austriaco, forse non la sua opera di maggior risonanza, come gran parte dei suoi scritti pubblicati per noi da Adelphi. Lo stesso incipit mette già in scena tre dei personaggi che abitano questo strano, breve e labirintico volume: Karrer, una sorta di convitato di pietra della narrazione, ricoverato allo Steinhof, un ospedale psichiatrico «dal quale non uscirà più», il quale vive nel racconto di Oehler, suo amico di passeggiate, e l’io narrante, un anonimo passeggiatore che insieme a Oehler cammina con lui, ora che Karrer non c’è più, rievocando la sorte dell’amico e elucubrando pensieri e speculazioni mai banali, distese e accomodanti.

L’assenza, le assenze

La scrittura di Bernhard non prescinde da un’assenza. Assente è nei suoi romanzi quello che viene ritenuto il fulcro nei romanzi “tradizionali”: trame esiziali, che più che funzionali a uno svolgimento narrativo con il classico antefatto-intreccio-risoluzione sono spesso dei deflagranti e franosi soliloqui filosofici e nichilisti dei protagonisti, Camminare non fa eccezione; assente in questo caso è Karrer rinchiuso in manicomio eppure evocato e fulcro dei racconti e dei monologhi dei “camminatori” Oehler e dell’anonima voce narrante; assenti sono gli stessi pensieri e astrazioni, chè infatti i pensieri si autoescludono «perché la natura esclude il pensare vero e proprio, perchè deve escludere il pensare vero e proprio». Bellissimi e illuminanti per ironia in tal senso sono i brani su quello che viene definito “il pensare inautentico” e la presunta “teoria del cosiddetto” per bocca dell’amico di Karrer, tanto da farlo arrivare a dire: «quando abbiamo a che fare con persone abbiamo a che fare solo con cosiddette persone». Cose come queste  danno la statura  e il quid filosofico del breve romanzo di Bernhard, cose che rimandano alla distinzione kantiana fra fenomeno e noumeno. Vale forse in merito citare l’esergo del volume:

È un continuo pensare fra tutte le possibilità di una mente umana e un continuo sentire fra tutte le possibilità di un cervello umano e un continuo essere trascinati di qua e di là fra tutte le possibilità di un carattere umano.

Tutti quei pensieri che non riescono a rendere conto dell’inesauribile complessità del reale e con il loro sciocchezzaio e lordume vanno secondo la voce di Oehler ad alimentare l’immondezzaio del mondo: «quei pensieri che svuotiamo di continuo dalle nostre menti come secchi di rifiuti» motivo per il quale (secondo la voce di Oehler) il mondo è pieno di puzza e «un giorno il mondo intero, noi, saremo senz’altro soffocati dalla puzza causata da questo lordume di pensieri».

Una spirale tenebrosa e ipnotica

Una raziocinante e lucida follia per bocca delle (poche) voci che attraversano l’opera, una sorta di trattato filosofico, turbinoso, agghiacciante e ironico allo stesso tempo nel quale i pensieri monologanti dei protagonisti, alternativamente le varie voci che si sovrappongono in un continuo passaggio dal discorso diretto all’indiretto con un’espunzione della punteggiatura tradizionale e un continuo fluire e affastellarsi di subordinate e parasubordinate, dialoghi, sovrapposizioni scanditi in questo modo: “così Karrer”, “così Scherrer”, “così Oehler”, oppure “dice Karrer”, “dice Oehler” ecc…, in un flusso continuo esondano dalle pagine avvolgendo e catturando in una spirale tenebrosa e ipnotica chiunque vi si avvicini. Il libro andrebbe letto tutto di un fiato, in un’unica seduta, del resto come tutte le opere di Bernhard (in questo caso la brevità aiuta), nelle quali lo spettatore-lettore è considerato come l’altra parte di un dialogo.

Una digressione autobiografica

I pochi personaggi presenti in Camminare appaiono progressivamente, come da una quinta teatrale, da non dimenticare che Bernhard è stato un grande drammaturgo (tutta la sua opera teatrale è raccolta nei quattro volumi Einaudi) in una drammatica rappresentazione che rimanda al teatro dell’assurdo, come in una commedia di Ionesco, tanto è l’insistenza, l’ossessione, la coazione a ripetere (altro tòpos bernhardiano), nei soliloqui dei protagonisti, dei suoi personaggi che fanno la comparsa come marionette, ectoplasmi, monadi, o semplici carneadi all’interno della sua opera, come in Camminare dove oltre ai già citati appaiono figure come quella di Rustenschacher, titolare di un negozio di abbigliamento nel quale a seguito di banali diatribe su dei pantaloni che Karrer vorrebbe acquistare verrà certificata la sua di Karrer pazzia, e ancora il nipote del negoziante, e poi Scherrer, lo psichiatra dell’ospedale dove Karrer verrà rinchiuso, Hollensteiner, lo scienziato, genio incompreso della chimica, stigmatizzato nel suo paese dalla scienza ufficiale e per questo suicida, con Karrer che impazzisce a causa del suicidio dell’amico e per effetto del quale “così Oehler” sono andati perduti «pensieri immani per il mondo, una filosofia immane per la filosofia, una scienza immane per la scienza». Una digressione questa che ha molto di autobiografico vista la costante denuncia nelle opere di Bernhard della stupidità, del bigottismo e della chiusura della società austriaca, denunce che causeranno la frequente censura delle opere nel suo paese.

La vita come precoce rovina

Il tono duro delle riflessioni dei personaggi ha sempre un che di estremo, “un meditare sino allo sfinimento su cose insolubili”, fino “al confine della pazzia definitiva”, quel confine varcato da Karrer, dalla cui voce evocata nel finale dal racconto di Oehler sentiremo dire: “Il tempo in cui usavo riguardo è passato non uso più alcun riguardo, così Karrer, lo stato di totale indifferenza in cui mi trovo, così Karrer, è uno stato filosofico da cima a fondo”, Karrer che definisce la vita con espressioni del tipo “crudele processo entropico” e “precoce rovina”.

In personaggi come Karrer riecheggiano le voci di altri personaggi dei romanzi di Bernhard, come quella dei monologhi e lucidi deliri del Principe di Saurau di Perturbamento (ne abbiamo scritto qui), o il Roithamer di Correzione (Einaudi) ad oggi disponibile ahinoi solo in ebook e da molti considerato il suo capolavoro, a partire dal quale si farà più viva la vis comica dell’autore e al solido muro della negatività verranno contrapposti un magnete di forza vitale e pulsante, fino all’ironia, certo amara sarcastica, di Goethe Muore (Adelphi), gli stessi personaggi esilaranti e buffoneschi che contraddistinguono con il loro amalgama di cupezza ed euforia molta dell’opera di Thomas Bernhard.

Camminare come pensare

Camminare con Thomas Bernhard, lungo la sua opera, ci interroga sul tema terribile del “non riuscire a essere” uno di quei temi che trova specifica espressione ne Il Soccombente (Adelphi 1999)  che affronta il tema della grazia e dell’invidia sfruttando l’iconica storia di Mozart e Salieri, camminare come pensare (leggere forse?) che è “altra parte e speculare al pensare astratto, camminare e pensare sono due concetti assolutamente uguali e possiamo dire (e affermare) senz’altro che chi cammina e quindi sia ad esempio un camminatore eccellente, è anche un pensatore eccellente” e  “colui che pensa concepisce pure il suo pensare come un camminare” benché le due attività si escludano e si soffochino a vicenda.

Camminare di Thomas Bernhard è pieno di questi sofismi, di queste aporie, rigurgiti, domande socratiche inevase, sproloqui e flebili correnti disegnate in astratto come la sottile materia dei pensieri che sfuggono e allo stesso tempo corrodono e devastano le nostre più consolidate certezze, il bon ton e l’appeasement della società del buon vivere, anche nel caso di questo romanzo breve del 1971, infatti Bernhard anche qua non risparmia stilettate contro il suo paese.

Scandagliare ipocrisie sociali e umani abissi

Bernhard è un pessimista in costante dialogo con la morte e la follia. In questo le sue vicende biografiche e la sua storia familiare, la malattia polmonare che lo ha afflitto fin da ragazzo e l’essere figlio di una ragazza madre con la quale ha sempre avuto un rapporto contrastato, hanno avuto certamente un notevole influsso (sulle sue vicende biografiche si potrebbe rimandare ai cinque volumi della sua Autobiografia editi da Adelphi nel 2011 e attualmente  purtroppo fuori catalogo), un tetro nichilista, un provocatore iconoclasta, un misantropo certo, ma anche un acuto psicanalista che si serve della letteratura per scandagliare le ipocrisie sociali e gli umani abissi, con la sua scrittura granulosa, come una montagna che si sfalda, una mente pensante che si sgretola. Leggere Bernhard non è facile, catartico o consolatorio perché ci mette di fronte ai nostri mostri interiori: “Se intorno a me c’è quiete, dentro di me c’è inquietudine, così Karrer”. È il classico autore che si ama o si odia, ma in ogni caso un mostruoso stimolo intellettuale per chiunque vi si avvicini e come ebbe da dire De Sanctis a proposito di Leopardi, un’altra grande mente pensante catalogata fra i grandi pessimisti, nessun poeta ci fa amare la vita come il genio di Recanati. Lo stesso si può dire a proposito di Thomas Bernhard e Camminare è un breve ma ricchissimo assaggio della sua poetica.

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