Quello Steinbeck da portarsi dietro fino alla tomba…

Ci sono i libri indimenticabili. E quelli che vanno oltre. È il caso de “La valle dell’Eden” di John Steinbeck, con quel tipo di scrittura fiume che travolge e porta il lettore lungo una sorta di rafting letterario. Protagonista della storia la possibilità che ha l’uomo di riconoscere la differenza tra Colpa e Responsabilità

Vi è mai capitato di leggere il romanzo perfetto per voi? Quel genere di libro che vi toglie il sonno e al quale tornare ancora e ancora fino a quando ne rimangono poche pagine e vi sentite ansiosi di finirlo e addolorati per lo stesso motivo? Se vi è già successo allora saprete quale stato di grazia sia imbattersi in un’esperienza di lettura così intensa e appagante; a me è capitato di recente con La valle dell’Eden di John Steinbeck. In realtà pensavo mi fosse già successo anni fa con Guerra e pace, Infinite jest o La morte del padre, ma dopo questo ho capito la differenza tra un romanzo che può essere indimenticabile, che può toccarti nel profondo e alzare l’asticella delle tue aspettative come lettore e Il Romanzo che in caso di incendio salveresti dallo scaffale per tenerlo con te fino alla tomba!

Due famiglie, Caino e Abele

«Per le sue scritture realistiche ed immaginative, unendo l’umore sensibile e la percezione sociale acuta». Questa la motivazione con cui Steinbeck venne insignito del premio Nobel per la letteratura nel 1962, e noi non possiamo che essere d’accordo con la prestigiosa accademia svedese. In effetti, diversamente da Furore, altro capolavoro precedente a La valle dell’Eden, quest’ultimo ha un intreccio molto più d’impatto, cinematografico se vogliamo, quel tipo di scrittura fiume che travolge e porta il lettore lungo una sorta di rafting letterario tra le vicende delle famiglie Trask e Hamilton; tuttavia i veri protagonisti di questa storia non sono soltanto i componenti delle due casate (che già da soli potrebbero sostenere l’intera trama) ma, partendo da molto più lontano, potremmo dire che l’autore trae spunto dalle sacre scritture e in particolare dai versetti che interessano Caino e Abele . Attingendo a queste due figure bibliche e agli eventi che portano Caino, accecato dall’odio e dalla gelosia, ad uccidere il fratello, Steinbeck costruisce una storia di magistrale bellezza dando vita a una serie di personaggi indimenticabili.

Timshel

Leggendo mi è capitato di ritrovarmi con il volume poggiato sulle gambe e lo sguardo perso fuori dalla finestra o, nelle giornate più fortunate, scrutando l’orizzonte di un mare placido e confortante, pensando al significato più profondo di alcuni passaggi apparentemente banali ma che invece contenevano il germoglio di interrogativi importanti che la penna di Steinbeck non ha mai mancato di approfondire successivamente. È stato proprio alla fine del libro che sono entrata in una connessione assoluta con l’essenza del romanzo, mi è apparso improvvisamente chiaro il fondamento su cui Steinbeck ha basato il suo capolavoro: la parola Timshel, «Tu puoi», indiscussa protagonista dell’intera storia, la possibilità che ha l’uomo di riconoscere la differenza tra Colpa e Responsabilità.

L’ispirazione? Dai lettori

Naturalmente, come dopo ogni capolavoro degno di questo nome, decidere cosa leggere si è rivelato più complesso del previsto, bisognerebbe inventare una nuova parola per descrivere questo particolare stato d’animo. Ho parlato a lungo con l’amico e collega Salvo Cangelosi dell’importanza di una lettura così memorabile nel corso di una vita, gli ho chiesto quale fosse il suo ricordo de La valle dell’Eden, mi ha risposto che: «È il nostro gusto che determina il libro e come eravamo quando lo abbiamo letto».

Vi aspetto in libreria dunque, in quello che da molti anni ormai è un angolo di mondo dove lo scambio con voi lettori si rivela immancabilmente interessante e, per me, fonte di continua ispirazione. Buone letture a tutti!

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