Se il tiranno fa sghignazzare è griffato Ibargüengoitia

Un altro felice ripescaggio, “Ammazzate il leone” di Jorge Ibargüengoitia, ovvero Il dramma della demagogia, il potere come una burla, un canovaccio che non cambia mai, quello delle dittature sudamericane. Un immaginario caudillo prova a piegare la legge per ottenere l’ennesimo mandato presidenziale, ai suoi danni si susseguono attentati che falliscono in modo ridicolo… 

Di romanzi sui despoti sudamericani se ne ricordano più di uno, alcuni davvero epici. Su tutti L’autunno del Patriarca, col suo complesso periodare, di Gabriel Garcia Marquez. Di parodie del genere, però, si erge in tutta la sua grandezza solo Ammazzate il leone (182 pagine, 16 euro) di Jorge Ibargüengoitia, rilanciato dalla casa editrice La Nuova Frontiera. Qualcosa di simile, ancora più estremo e molto più esplicito, con riferimenti reali, era stato fatto al cinema da Charlie Chaplin con Il grande dittatore. Ibargüengoitia, in un volume compatto e denso, tiene botta senza cali di tensione e con una resa magnifica. In principio fu Feltrinelli ad accogliere questo romanzo nel proprio catalogo, tradotto da Angelo Morino. Era il 1987 e Jorge Ibargüengoitia era morto già da quattro anni, in un incidente aereo che aveva avuto fra le vittime un altro grande scrittore coetaneo di Ibargüengoitia, Manuel Scorza, avevano 55 anni. Poi questo romanzo aveva iniziato una seconda vita nel catalogo Sellerio, amato anche da Sciascia, riproposto nella prima traduzione. Adesso la meritoria mossa de La Nuova Frontiera, che continua a puntellare la sua azione editoriale di perle come questa, riproposta ancora con la “voce” di Morino.

Una farsa in un’isola inventata

Una farsa ai Caraibi, in un’isola inventata, Arepa, una farsa condita con tutto il sarcasmo di cui è capace lo scrittore messicano di cui La Nuova Frontiera ha già rieditato Due delitti e Le morte (ne abbiamo scritto qui). Stilisticamente la prosa è molto più asciutta di quanto si possa immaginare, a tratti arida. Il maresciallo don Manuel Belaunzarán (probabilmente ispirato ad Álvaro Obregón, presidente della Repubblica messicana negli anni Venti del Novecento), ripetutamente messo alla berlina, vuol modificare la carta costituzionale per garantirsi un quinto mandato presidenziale e conta sul sostegno del suo partito progressista. Cosa accade lungo i ventinove capitoli? Coiti, cospirazioni, cerimonie, conversazioni. E tanti ridicoli attentati a Belaunzarán che non vanno a buon fine. Anzi, a morire per primo è il candidato alla presidenza dell’opposizione, Saldana, espresso dal partito conservatore. “Orfani”, i ricchi borghesi del partito moderato puntano su un nuovo… cavallo. È il dongiovanni Pepe Cussirat l’uomo nuovo che fa in fretta a mettere da parte le legittime ambizioni in tema di elezioni e pensa a come rovesciare il potere costituito, uccidendo il vecchio leone.

Una storia contemporanea, purtroppo

Il dramma della demagogia, il potere come una burla, nelle mani di cialtroni, un canovaccio che non cambia mai, quello delle dittature sudamericane, equivoci che più ridicoli non si può. Ibargüengoitia mette al tappeto ogni retorica e ogni solennità, denuncia gli “uomini forti” attraverso la parodia, con quel sarcasmo spesso amarissimo che appartiene a lui e a pochissimi altri. Il risultato è un romanzo corale dai dettagli vividi, dall’impronta unica, dal sapore contemporaneo, visti i tiranni che ancora oggi condizionano la vita dei popoli.

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