Le colline? Non sono altro che casa, qualunque sia la nostra casa. Per Pavese – che ne ha scritto ne “La casa in collina” e ne “La luna e i falò” – erano l’infanzia e la resistenza al nemico. Un luogo ideale contro ogni guerra, quella fatta di bomba e quella che corrode l’anima
Ci avete pensato anche a voi a dove scappare? Se dovesse saltare tutto, dove potreste trovare rifugio? E non parlo solo della guerra – quella vera, quella fatta di bombe, di esplosivi e di bandiere fatte a brandelli. Parlo anche della guerra che corrode l’anima, che la lacera. Dei mille pensieri che la pervadono e da cui si cerca una fuga.
Le colline contro ogni guerra
Se dovesse scoppiare una di queste guerre, dove andreste?
A questa domanda io rispondo: sulle colline.
Perché è tra le colline che sono cresciuta. Siciliana dell’entroterra, da bambina il mare lo vedevo solo per due settimane all’anno: durante il periodo delle ferie d’agosto. Vedevo la sabbia, assaggiavo l’acqua del mare, raccoglievo conchiglie, facevo rotolare ciottoli in acqua.
Poi tornavo lì, nella mia valle, tra le colline. Mi sentivo cullata, anche se il mare – dio – quanto mi mancava. Più crescevo, più mi mancava.
Anche oggi, tornare nella casa d’infanzia è sempre un tornare tra le colline. Atterrare a Punta Raisi, costeggiare il mare con vagoni e binari per poi perdersi nell’entroterra fatto di dolci forme tondeggianti che al sole mostrano i loro frutti e fiori.
E per entrare nella mia valle, è sulle colline che devo passare. Ed è lì che scapperei, se una guerra dovesse scoppiare. Ma è anche lì che sono tornata quando ho dovuto fermarmi un attimo, respirare, ritrovare la mia persona che si stava deteriorando tra emergenza Covid e nostalgia del passato perduto.
Il rifugio di Pavese
E quando mi soffermo a osservare le mie colline, ripenso che anni fa qualcuno, per fuggire alle lotte, per combattere i nazi-fascisti e per ritrovare il sé smarrito, è lì che andò. E Cesare Pavese ce lo ha raccontato con tante pagine (La luna e i falò e La casa in collina, solo per ricordarne alcune).
Lì c’è la sua infanzia. Ci sono i riti che legalo l’uomo alla terra, alla natura, alle stagioni. Lì ci sono i falò, che tutto spazzano via. Lì ci sono i partigiani che combattono contro i nazi-fascisti. Lì ci sono uomini e donne che resistono. Lì ci sono corpi che vengono bruciati per non essere oltraggiati dal nemico. Lì ci sono radio che si accendono di nascosto, al calar della notte, con la complicità della luna, per liberare il Paese dal nemico.
Lì lui torna anche dopo aver visto l’America. Lì lui torna per ripercorrere il proprio passato. Un passato da cui probabilmente è voluto scappare, ma che torna nelle forme di un bambino con cui la sua coscienza deve fare i conti.
Le colline, quindi, nascondiglio ma anche rifugio – poco prima dell’assalto.
E quindi, le colline sono anche luogo di battaglie: luogo di morte.
Tu non sai le colline
dove si è sparso il sangue.
Tutti quanti fuggimmo
tutti quanti gettammo
l’arma e il nome. Una donna
ci guardava fuggire.
Uno solo di noi
si fermò a pugno chiuso,
vide il cielo vuoto,
chinò il capo e morì
sotto il muro, tacendo.
Ora è un cencio di sangue
il suo nome. Una donna
ci aspetta alle colline.
Il silenzio e se stessi
Dopo la bufera delle lotte – interiori o guerre fratricide – il silenzio cala sulle colline. Nella notte, al chiaro di luna, si può ritrovare sé stessi: le proprie origini, i volti conosciuti e adesso invecchiati. Un “Io” che non esiste più ma che forse, tra quegli alberi e quelle case, è rimasto.
Ritroverai le nubi
e il canneto, e le voci
come un’ombra di luna.
Ritroverai parole
oltre la vita breve
e notturna dei giochi,
oltre l’infanzia accesa.
Sarà dolce tacere.
Sei la terra e la vigna.
Un acceso silenzio
brucerà la campagna
come i falò la sera.
E, infine, le colline non sono altro che casa. Qualsiasi sia la nostra casa.
Quindi sì, tutti – alla fine – vorremmo tornare nel nostro paese in collina.
“Un paese ci vuole, non fosse che per il gusto di andarsene via. Un paese vuol dire non essere soli, sapere che nella gente, nelle piante, nella terra c’è qualcosa di tuo, che anche quando non ci sei resta ad aspettarti”.
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