Zelda ribelle autentica. Razzano investiga ed evoca

Cronaca, saggio e storytelling in perfetto equilibrio tra le pagine de “La grande Zelda” di Pier Luigi Razzano. L’autore non si limita a stare dalla parte di Zelda, a incarnarne voce e azioni, ma ne diventa il medium. Un racconto elegante e struggente, che scansa leziosità e sentimentalismi

La grande Zelda (416 pagine, 19 euro) di Pier Luigi Razzano, edizioni Marsilio, è un romanzo appassionante, densissimo, raffinato.

Due possibili inizi

Nell’organizzare il filo del discorso avevo immaginato due possibili inizi. 

La prima ipotesi era di contrapporre alla voce di Wikipedia una presentazione in prima persona della stessa Zelda estrapolata dal romanzo.
Una cosa del tipo:
Wiki: «Zelda Sayre Fitzgerald (Montgomery, 24 luglio 1900 – Asheville, 10 marzo 1948) è stata una pubblicista, scrittrice e pittrice statunitense. Moglie dello scrittore Francis Scott Fitzgerald, per i suoi atteggiamenti spregiudicati è stata spesso considerata una sorta di protofemminista. Insieme a Fitzgerald rappresentò un’icona dei Roaring twenties (i “ruggenti” anni 20) e fu la prima flapper (sinonimo italiano di “maschietta”, ovvero di giovane donna che aveva anche atteggiamenti e attitudini maschili). (…) Morì a 47 anni nell’incendio dell’ospedale psichiatrico sull’altopiano di Asheville, in cui era ricoverata da tempo a causa di una grave forma di schizofrenia»

Versus

«Io sono una donna che decide di baciare, che ha voglia di baciare, che bacia quando vuole, chi vuole. Bacio senza essere moglie o amante. Bacio perché ne ho voglia. Senza stare a ragionare su ciò che sarà, ciò che significherebbe, cosa succederà dopo. Ho creato un nuovo bacio e un nuovo modo di essere donna. Un tempo c’erano le ragazze baciate e abbandonate. Le ragazze baciate e che poi si sposavano. Le ragazze che si sposavano per baciare. Con me invece ci sono le ragazze che baciano e abbandonano. Baciano chiunque senza troppe spiegazioni. Certi uomini non riescono ancora a crederci. Bisogna andare incontro alle occasioni con innocenza per perdere l’innocenza. (…) Anticipo la vita Scott. Non ci frega di quelli che ci dicono cosa fare. Tocca alla nostra giovinezza. E adesso è eterna» (La Grande Zelda, pag. 70)

Ogni più sottile sfumatura

L’intento era quello di reagire/replicare all’essenzialità asettica dei dati riportati dalla enciclopedia on-line con parole più intime, proferite verosimilmente dalla stessa protagonista, alla quale Razzano delega l’intera narrazione. Parole che consentissero una immediata immersione nel mondo di Zelda così come ricomposto dall’autore in questa biografia romanzata. Un escamotage certamente ingenuo, il mio, ma utile a porre i riflettori, senza tergiversare, sulla voluntas del giornalista e scrittore napoletano di riprodurre e restituire ai lettori non la semplice voce di Zelda, bensì un sonoro che ne duplicasse con fedeltà ogni più sottile sfumatura: volume, tono, tempo, ritmo e modulazione. Volontà – a giudicare dal tenore di ciò che ho tra le mani – perfettamente realizzatasi.

Investigazione e metabolizzazione

La seconda idea prevedeva di partire da Razzano. Avevo in mente un incipit pop del genere: – “Conosci Razzano, il giornalista? Hai già visto la sua collezione di Zelde? È strepitosa”.

 Un tentativo goffo di evidenziare, attraverso una men che mediocre spiritosaggine, la straordinaria attività di investigazione, di analisi e metabolizzazione della gran mole di “materiale” riguardante Zelda raccolta plausibilmente per anni.
Appassionante, densissimo, raffinato -dicevo- il prodotto di tanta abnegazione.
Splendida, innanzitutto la Zelda che vive tra le righe. La poliedrica donna, moglie, madre, artista, giornalista, scrittrice e ballerina che, nell’arco di tempo compreso tra il 1921 e il 1930 vissuto con Scott Fitzgerald, riuscì ad essere, assecondando le sue aspirazioni più autentiche, «la più grande ribelle apparsa sulla terra».

Leggenda e follia? No, grazie

«La tua reputazione ti precede, Zelda» (pag. 146) le dice uno degli innumerevoli corteggiatori.
Uno stralcio di conversazione meno casuale di quanto appaia. Potremmo, infatti, addirittura individuare in esso il nodo che Razzano si è prefisso di sciogliere, il chiodo che intende svellere con il febbrile, accorato e minuzioso compito di cui si è fatto carico: strapparle di dosso, per restituirla a sé stessa, il velo di leggendarietà che la soffoca e lo stigma della malattia mentale che ha finito per definirla.
«Voglio scuotere ogni cosa che dorma», «Sono sveglia, non sono facile», «Sono libera, non sono disponibile». «Voglio solo essere felice senza controindicazioni».
Di questa Zelda non aggiungo altro, invitandovi a scoprirla tra le evocative pagine del romanzo.

Ricerche e capacità immaginativa

Vorrei soffermarmi, piuttosto, sull’ottima prova resa da Pier Luigi Razzano. Alle sue abilità di ricercatore/ studioso ho già accennato. Restano da rimarcarne la grande capacità immaginativa e la scrittura estremamente elegante. In particolare, quest’ultima, pur limando via accuratamente leziosità e sentimentalismi, non sacrifica – lodevole intuizione – il coinvolgimento emotivo – di più, il fervore passionale – dell’autore, che trasparendo qua e là, contribuisce a rendere il racconto di Zelda esaltante e struggente insieme. Un sonoro argentino, che in ogni singola frase riecheggia umanissimo e soprattutto autenticamente femminile.  In virtù di un talento professionale e una facoltà ad empatizzare spiccate, l’autore riesce a compenetrarsi totalmente e in maniera ineccepibile nella sua beniamina, smentendo eventuali teorie circa l’influenza determinante sulla scrittura della prospettiva di genere. Razzano non si limita a stare dalla parte di lei, ne diventa il medium. La frustrazione di Zelda, la solitudine matrimoniale, la delusione e il disappunto di una vita che «si solidifica, diventa immobile, ferma, vestita di mille abitudini», tradendo ogni iniziale aspettativa, riproducono con autenticità l’immaginario femminile di cui sono estratti.
Gestire il proprio estro narrativo, armonizzarlo con la curiosità di studioso e la fascinazione dell’amatore. Faccenda difficile. Si tratta di trovare l’equilibrio perfetto tra la cronaca, il saggio e lo storytelling. Uno su mille ce la fa. Pier Luigi Razzano ne “La grande Zelda” pare proprio avercela fatta.

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