Se non riuscite ad immaginare quanta commedia, quanta tristezza, quanta storia c’è in noi, leggete “Effimeri” di Andrew O’Hagan. Ci ricorda le cose disimparate, ci fa capire quelle che ancora ci sfuggono e ci permette di apprenderne
Totalmente conquistata da Effimeri (287 pagine, 18 euro), di Andrew O’Hagan, tradotto da Marco Drago per l’editore Bompiani.
Il romanzo – trasposizione letteraria delle vicissitudini autobiograf
Aggiungo che mi è particolarmente cara la Scozia e che, in virtù di tale affetto, negli ultimi tempi, mi sono concentrata particolarmente sugli autori scozzesi contemporanei e sui romanzi ambientati in quell’angolo del Regno Unito. Il richiamo di Effimeri è stato, perciò, ancor più incalzante.
Desideravo ritrovarmi nuovamente ad Edimburgo o a Glasgow. Magari in un pub, davanti ad una pinta di birra tra quella working class
Aspettative tutte ben riposte. Ho trovato nel romanzo quello che volevo ma anche molto, molto di più.
Quell’estate lontana, quell’autunno vicino
Effimeri è – detto in maniera estremamente sintetica – l’epopea di un’amicizia, costruita e sviluppata duplica
I titoli delle due sezioni che compongono il libro compendiano assai bene il percorso erratico di q
A pensarci meglio, più che intestazioni di capitoli, essi suonano come metafore. Azzeccatissime: Estate 1986; Autunno 2017. Cosa altro avrebbe potuto riepilogare meglio il destino di un tale fraterno sodalizio, se non il richiamo alle stagioni che per antonomasia sono rispettivamente il fior fiore e la maturità di ogni percorso esistenziale?
Musica e commedia
La prima parte del romanzo di O’Hagan è «tutta musica e commedia». Siamo a Irvine New Town, nell’Ayrshire. Noodles si ritrova, alle soglie dei diciott’anni, da solo, mentre attende di terminare la scuola superiore per poi andare all’università. I suoi genitori «smettono di essere genitori». Si separano e si trasferiscono altrove, per inseguire,
«Tully non era la farfalla, era più l’aria che la trasporta», pronto per un’avventura oltre le siepi dell’Ayrshire, nella quale si lancia, coinvolgendo, oltre Jimmy, l’intero gruppo di amici: andare a Manchester al più bel concerto della storia, una commemorazione del punk rock che si sarebbe tenuta al centro congressi G-Mex.
L’estate del 1986 è il racconto di una esperienza destinata a diventare leggendaria: adolescenti dagli occhi luminosi che prendevano possesso delle vite, rincuorati, cantando in coro parole «sciocche e romantiche e mature e inglesi, fatte su misura» per loro. «Ciò che vivemmo quel giorno fu la nostra storia. (…) Forse il futuro avrebbe cambiato i nostri ricordi (…), o forse si sarebbe fondato proprio su quelli, nessuno lo sapeva. Ma sono sicuro di essermi reso conto allora che la storia di quel concerto e di come c’eravamo arrivati non sarebbe mai svanito».
L’esercizio dell’addio
Passano gli anni. Jimmy è un giornalista e scrittore di successo, e vive a Londra. Tully è diventato un insegnante e non ha lasciato la Scozia.
Purtroppo, però, non ci si può concedere «il lusso di dimenticare che tutto è effimero», che «l’umanità ha un tasso di mortalità del cento per cento». La seconda parte del romanzo è, allora, la cronaca della prova più dura a cui si può essere sottoposti: l’esercizio dell’addio. «Raggiungere il futuro è sempre stata una lotta». Autunno 2017 ripercorre le tappe più intense e dure di quella lotta, dal momento in cui il futuro prossimo, per uno dei due protagonisti, è la fermata finale. Tully ha ricevuto la diagnosi di un cancro terminale. Telefona a Jimmy per chiedere tre cose: che gli organizzi le nozze con la compagna Anna, che scriva un libro sulla loro amicizia, che lo aiuti a morire, portandolo in Svizzera.
«Induciamo la morte a essere orgogliosa di ghermirci». Il verso, tratto da Antonio e Cleopatra, diventa il motto con cui Tully giustifica la scelta dell’eutanasia.
Il cambio di registro di Autunno 2017 è stentoreo, ma necessario.
Un lungo abbraccio
Se Estate 1986 è un trentatré giri fatto andare alla velocità di un quarantacinque, e dunque il suo ritmo è vorticoso, qui la voce di O’Hagan / Jimmy rallenta fino a tornare regolare. Si fa, infatti, penetrante, calda, rassicurante. Si trasforma nel
«Dicono che a diciotto anni non sai niente. Ma ci sono cose che sai a diciotto anni e che non sai mai più». Da questa prospettiva e da questo assunto, “Effimeri” è quel romanzo di formazione per adulti. Ne abbiamo bisogno per ricordare le cose disimparate, capire quelle che ancora ci sfuggono e per apprenderne
Se non riuscite ad immaginare quanta commedia, quanta tristezza, quanta storia c’è in noi, leggete Effimeri. Andrew O’Hagan, trascrivendo nel romanzo ciò che ha vissuto sulla propria pelle, ne mantiene viva la sostanza, per Tully, per sé ma anche un po’ per ciascuno di noi.
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