Ferri, editore-soggetto che guarda di traverso Amazon e agenti

Raccontando la storia unica della propria casa editrice, la e/o, e di tutti coloro che ci lavorano, ne “L’editore presuntuoso”, pamphlet autobiografico e racconto avventuroso, Sandro Ferri riprende il filo de “I ferri dell’editore”, per ribadire centralità e priorità del libro in qualsiasi processo editoriale. Pubblicare è (anche) gioco e divertimento e non c’è una formula per i bestseller, o forse sì, pubblicare solo libri che piacciono. Una storia puntellata da grandi nomi e da qualche rivelazione sulla misteriosa Elena Ferrante… 

La storia e la geografia di una casa editrice per raccontare un modo antico ma validissimo di fare libri. La storia e la geografia – con tanto di viaggio virtuale nelle stanze delle sedi – delle edizioni e/o per raccontare un punto di vista speciale, con una buona dose di sana autocelebrazione, che è sempre meglio della falsa modestia. Una storia di successi, iniziata fra mille difficoltà. È la vicenda, mitica vien da dire, di Sandro Ferri, autore de L’editore presuntuoso (248 pagine, 10 euro), pubblicata dalle stesse edizioni e/o. Con la moglie Sandra Ozzola e, da qualche anno, con la di loro figlia, Eva Ferri, Sandro Ferri tiene le redini di una casa editrice indipendente, fiera oppositrice del modello Amazon (“non conosce questo desiderio di comunicare agli altri un libro che ha amato. Il solo desiderio che conosce è quello di vendere, e per farlo usa gli algoritmi, ossia un meccanismo impersonale”), che si fa fatica ormai a considerare di piccolo-medio calibro, tanto più che costituisce un “regno” dove non tramonta mai il sole, con sigle sorelle Oltreoceano e OltreManica, la Europa Editions e la Europa Editions UK. Una casa editrice con gemme riconosciute, dal riscontro dei lettori, e da altre che dovrebbero splendere ancor più di quanto non facciano: Lia Levi, Santiago Gamboa, il geniale polacco Kazimierz Brandys, Mathias Enard, Pedro Juan Gutierrez.

La sacra merce e i modelli

Poche frasi spiegano il senso di un’idea e di un’impresa come queste:

Per me l’editoria è un gioco. Voglio divertirmi, tenere il fiato sospeso, avere paura, ogni tanto vincere (anche se più spesso mi trovo a perdere). Per me un libro è sacro solo nel senso che regala emozioni e illuminazioni che quasi nessun altro oggetto offre. È sacro perché è come una preghiera, un’aspirazione a trascendere. ma non ho alcun problema a considerarlo pure una merce, un oggetto di uso quotidiano, uno strumento per ottenere altri piaceri e obiettivi. Anzi, amo i libri proprio per come riescono a cambiare la mente, e la vita stessa.

Prima i grandi maestri dell’Europa orientale, Wolf e Hrabal, poi Pynchon, poi il noir mediterraneo, Carlotto e Izzo, ancora dopo un bestseller statunitense, dopo venti anni di attività, Amabili resti di Alice Sebold, che diede i primi veri utili, ossigeno alla cassa della casa editrice. Il colpo di coda de L’eleganza del riccio di Muriel Barbery nel 2007 e, ancora più recente, Cambiare l’acqua ai fiori di Valérie Perrin. Il filo rosso è pubblicare libri che piacciono, al di là degli esiti presunti, possibili o reali delle vendite: anche questo fa un editore-soggetto, specie in via d’estinzione, non un semplice intermediario, ma un protagonista, un punto di riferimento “che cerca di imporre il proprio gusto, le proprie scelte, la propria personalità”. I modelli dichiarati? Adelphi, con critiche al programmatico “snobismo” dell’editrice plasmata da Calasso, Feltrinelli ed Einaudi, per inquadrare un pubblico che non si accontenta di letture elitarie, ma che è felicemente indisciplinato, e sbanda fra stili e generi.

A proposito di Elena Ferrante

Dalle forti riserve sulla tecnica amorale del marketing in seno alle aziende editoriali alle strategie di molti agenti letterari (che puntano solo all’ingaggio e non al progetto), Sandro Ferri, in questo pamphlet autobiografico, che è un racconto a suo modo avventuroso, mostra sempre chiarezza e fermezza. Così deve avere ottenuto tanti risultati straordinari. A cominciare dai bestseller mondiali di Elena Ferrante, mai raccontata prima come in queste pagine del suo editore: la presenza febbrile e quotidiana, specie nel rapporto con Sandra Ozzola, che cozza con l’assenza pubblica, soprattutto nei momenti di gloria nazionale e internazionale, vissuti in prima persona dagli editori e non, per scelta, dall’autrice fantasma per eccellenza del XXI secolo.

La forza del passato e del futuro

Parlare tanto di passato – tra feeling e diverbi, vittorie e ko, fili ripresi dal precedente libro di Ferri, I ferri dell’editore, del 2011 – finisce un modo ottimo per proiettarsi nel futuro. Il regalo più bello fatto alla casa editrice? Una squadra e una rete di collaboratori forte abbastanza da resistere all’uscita di scena dei fondatori. Il passaggio di consegne è già nei fatti, oltre che nelle pagine di questo libro. Nel vecchio e nel nuovo che in e/o convivono, si sostengono, si pungolano, per una casa editrice che è “un animale davvero strano, con tante teste e con tante braccia e gambe”. Un animale, come questo volume, dedicato a chi, sopra ogni altra cosa, ama i libri.

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