Né eroi né sogni, la contemporaneità secondo Fais

L’indolenza esistenziale di un trentenne neolaureato è al centro del godibilissimo e cinico “Storia minima” di Matteo Fais. Una quotidianità monotona e stitica, lo spaccato di una generazione che ha smarrito il senso e la voglia per affermarsi 

Storia minima (216 pagine, 12 euro) – e minimale –, il romanzo di Matteo Fais, edito da Robin, è un’opera senza una specifica struttura narrativa. Non c’è una storia, non una trama in senso stretto. Piuttosto uno spaccato esistenziale di una generazione, o quantomeno di una parte di essa, che pare aver smarrito il senso, la bussola e forse anche la voglia per affermarsi.

Routine di compromessi

Al centro di questo libro si staglia la figura di un quasi trentenne neolaureato in materie umanistiche che del suo futuro, terminati gli studi, non sa cosa farsene. Lavorare, dormire, magari morire: tutto è uguale in una società che impone, comanda ed esige, attraverso una routine fatta di compromessi ed accettazioni. L’incedere del protagonista, in una quotidianità monotona e stitica, di tanto in tanto sgraziata da storie di sesso diluite nel nulla della sua esistenza, ci racconta di una contemporaneità dove non ci sono più eroi, ma soprattutto sogni, in cui ogni cosa perde di consistenza e attrattività, lasciando il campo ad una indolenza esistenziale, dietro la quale si trascina, senza particolari smottamenti, l’apatico spaesamento del narratore.

La scrittura rabbiosa

Un certo cinismo, dal vago sentore sociologico, accompagna molte pagine e alcune divagazioni filosofiche, per quanto talvolta appaiano come un sacrificabile virtuosismo letterario, offrono non pochi spunti di riflessione su un mondo fatto di convenzioni difficilmente introiettabili. La scrittura è rabbiosa, possiede grinta e arriva dritta al punto. Peccato per l’utilizzo di quei termini ricercati, buttati qua e là con finta noncuranza, i quali rendono meno credibili e troppo ampollosi alcuni passaggi. Nel complesso un libro godibilissimo, arricchito dalla bella prefazione di Franz Krauspenhaar, che ci racconta tanto della vita, anche se nella vita sembra accadere poco.

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