Aleksievic a nudo, origliare i granelli di sabbia della storia

Un discorso diventato libro, “Perché sono discesa all’inferno?” del Nobel Svetlana Aleksievic. Una riflessione sul modo in cui intende la letteratura, una testimonianza, e una constatazione sul comunismo e sui danni a lungo termine che ha prodotto…

Una dichiarazione di poetica in forma di discorso, diventato un libro brevissimo ma di grande interesse per andare al cuore della narrativa di un premio Nobel forse da alcuni sottovalutato, Svetlana Aleksievic. Parole che risalgono a quasi nove anni fa, in occasione di una premiazione, e che suonano vicinissime al presente, e ancora valide per scrutare il laboratorio artistico della scrittrice e giornalista bielorussa di origini ucraine e quel suo essere “un monumento alla sofferenza e al coraggio nel nostro tempo”, come da motivazione dell’Accademia di Svezia.

Collezionare voci che la perseguitano…

Il punto di partenza di Perché sono discesa all’inferno? (43 pagine, 7,50 euro) di Svetlana Aleksievic, edito da Castelvecchi grazie alla traduzione di Olimpia Malatesta, è un macigno:

Siamo tutti spaventati dal fatto che il male stia diventando sempre più sofisticato e incomprensibile.

Una dichiarazione di impotenza? Forse. Però a questa forza di gravità che sembra schiacciare tutti verso terra, Svetlana Aleksievic contrappone la propria letteratura di testimonianza, da donna-orecchio, che valorizza i “granelli di sabbia” della storia, coloro che non hanno voce e che lei ascolta o quasi origlia. È nata e cresciuta così la vasta cronaca russo-sovietica che copre l’arco di tutti i suoi volumi (in Italia pubblicati da e/o e Bompiani), collezione di voci che la perseguitano…

Il comunismo, una malattia cronica

Forse il comunismo, anzi lo stalinismo, ha vinto, lascia intendere Svetlana Aleksievic. È una malattia cronica. Ha plasmato il vecchio Adamo, ha ribaltato sentimenti, legami e modi di pensare. Ha reso normali le cose più atroci, ha azzerato la logica. Tradire consanguinei, violentare perseguitati, uccidere e andare a morire in guerra erano i risultati di una educazione collettiva: fidarsi della patria.

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