I “fari” Cervantes e Camilleri, Mandracchia gioca seriamente

Il fantastico Hidalgo e lo scudiero Sancho Panza rivivono in “Don Chisciotte in Sicilia” di Roberto Mandracchia, parodia e omaggio anche a Camilleri, perché sono dei novelli Montalbano e Fazio – un vedovo pensionato e un ambulante senegalese – i protagonisti assoluti della scena tragicomica…

I titoli dei capitoli? Quelli di potenziali episodi mai esistiti, mai scritti, delle avventure del commissario Montalbano: Il filo di perle, per esempio, o La penitenza del vecchio, o Il cappello di paglia, o La coda dello scecco. E poi il poliziotto di Montalbano, naturalmente, c’entra. E anche Cervantes, come da titolo del terzo romanzo di Roberto Mandracchia, Don Chisciotte in Sicilia (218 pagine, 16 euro), pubblicato da Minimum Fax.

Il pensionato, l’immigrato e la lapa

Il cocktail di citazioni – e l’ombra del fantastico hidalgo che, negli ultimi anni, ha titillato l’immaginario di gente come Rushdie e Moresco, e ancor prima del grande Borges – non impedisce a questo libro del nemmeno quarantenne autore agrigentino di avere un proprio respiro e una propria anima, con tanto di ricerca linguistica e di richiamo al “camillerese”, il dialetto inventato di Vigata. È un matto che dice la verità il protagonista “dipinto” da Mandracchia, un ex insegnante, pensionato, e appassionato lettore di gialli, alle prese con tragicomiche peripezie che nascono dal fatto che lui stesso, Lillo Vasile, si convince d’essere Salvo Montalbano, di avere come ispettore Fazio – scudiero alla Sancho Panza – Ousmane, un venditore ambulante senegalese, che in sella alla sua “lapa” vende materassini e salvagenti. Non ci sono i mulini a vento, ma in compenso abbondano le pale eoliche…

Nuotate e nostalgia

La scrittura musicale di Mandracchia, che proprio suona – al di la di cantanti, gruppi, canzoni e dischi citati nei ringraziamenti – è innestata sul racconto di Ousmane, che rievoca avvenimenti passati, la propria condizione di immigrato con moglie e figli a carico, e la solitudine di un anziano, il vedovo Lillo Vasile, che segue nelle sue bizzarre avventure per riportare giustizia in Sicilia, che lo portano in giro nello spazio – fino a fare lunghe nuotate a mare, come l’originale donchisciottesco commissario – e lo fanno viaggiare con la fantasia, tanto da avere nostalgia di Livia, in luogo della moglie Benedetta, morta da anni.

Stereotipi a pezzi e paradossi

La tensione narrativa non viene mai meno, l’omaggio di Mandracchia a Cervantes, ma ancora più a Camilleri, è evidente, smaccato, ma lo è altrettanto il fatto che questo volume sia allo stesso tempo una parodia e un gioco… serissimo. Un gioco di maschere da indossare, di stereotipi da fare a pezzi, di paradossi che sfiorano l’assurdo. Don Chisciotte in Sicilia è una boccata di ossigeno, un modo non convenzionale di guardare al mondo. Qualcosa di cui c’è estremo bisogno.

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