“Prospettive” di Laurent Binet si accende con l’omicidio del pittore Jacopo da Pontormo e le indagini che si sviluppano in forma epistolare: tanti i personaggi che in uno sghembo gioco di specchi moltiplicano punti di vista e versioni. Un ambizioso poliziesco che non perde di vista i complotti politici dell’epoca, le rivendicazioni sociali e una riflessione sulle forme artistiche
Ci sono scrittori e scrittori. Ci sono scrittori deliziosamente interlocutori e ci sono scrittori che sanno sempre cosa fare e dove andare, sostenuti da lucidità, chiarezza interiore e passioni (da lettori) che bruciano dentro, ma non consumano e basta, servono da combustibile alle loro opere. Quest’ultimo è il caso del francese Laurent Binet, affascinato dalla storia e dalle storie, dalla commistione dei generi, per cui tutto è davvero una questione di prospettive, di lati della medaglia, di destini da ribaltare. Dove ci eravamo lasciati? A un libro fantastico, il precedente, Civilizzazioni, una ucronia (parola tornata di moda da quando ne ha scritto Emmanuel Carrère, qui l’articolo) in grandissimo stile, la storia riscritta con i se. In Civilizzazioni Laurent Binet mandava all’aria la scoperta e la conquista del continente americano così come è avvenuta, la domanda è: e se gli Inca avessero conquistato l’Europa? La risposta è un romanzo in cui Binet si scatena, immaginando l’Europa invasa nel sedicesimo secolo dagli Inca.
Il duca sulla graticola e un delitto eccellente
Dopo aver “giocato” felicemente, dopo aver speculato come narratore sul nazismo (HHhH), su Roland Barthes e altri intellettuali francesi e non (La settima funzione del linguaggio) e, appunto sulla conquista dell’America, anzi dell’Europa, Binet s’appoggia ancora alla stampella della storia e lo fa a modo suo, divertendosi con soluzioni pirotecniche, e “approdando” ancora in quel mosaico di Stati che è l’Italia (era successo ne La settima funzione del linguaggio), più precisamente nella Firenze dei Medici, in pieno Rinascimento, dove non mancano nostalgici di Savonarola e la posizione del duca – che sogna di diventare re, per intercessione papale – è piuttosto traballante. Quel che Laurent Binet riesce a tirar fuori è Prospettive (267 pagine, 20 euro), tradotto per la Nave di Teseo da Anna Maria Lorusso, un giallo storico, in forma epistolare (scandito in 176 lettere che coprono tutto l’anno 1557), che ragiona tanto sugli intrecci fra arte e politica. La bomba che “deflagra” è, nel giorno di capodanno, l’omicidio di Jacopo da Pontormo, famoso pittore manierista trovato con uno scalpello conficcato nel cuore nella cappella di san Lorenzo, vicino agli affreschi a cui lavorava da undici anni e che avrebbero dovuto rivaleggiare con quelli della Cappella Sistina. Giorgio Vasari – che può contare sull’amico Vincenzo Borghini come braccio destro – è incaricato dal duca di Firenze, Cosimo I, di trovare il colpevole del truce assassinio, il primo a cui chiede consigli è Michelangelo Buonarroti, anziano ed esiliato a Roma. Da lì in avanti è un affastellarsi di lettere, fra richieste d’aiuto, complotti, confidenze, supposizioni, amori, tradimenti, alleanze e intrighi di corte. Sono corrispondenze che coinvolgono decine di individui, aristocratici e politici, ma non solo, molti sono gli artisti interpellati, e non mancano operai e religiosi. Uno sghembo gioco di specchi in cui si moltiplicano punti di vista e versioni – le prospettive, per l’appunto – in cui nessuno si può individuare, con certezza, come innocente.
Traguardo tagliato a braccia alzate
Gli innumerevoli personaggi e le tante sottotrame contribuiscono al fascino del romanzo di Laurent Binet, che riempie con robusta immaginazione qualche vuoto degli eventi storici, e diventa sempre più labirintico quanto più si va avanti, con cospirazioni e trame politiche che trovano terreno fertile nella Firenze dell’epoca, che aveva un peso nello scacchiere europeo. L’autore francese si esalta scrivendo di complotti, opportunismi, trappole, dispute: il traguardo del romanzo è molto ambizioso, va ben oltre la messa in scena di un esercizio di stile, e Binet lo taglia a braccia alzate e in scioltezza, riuscendo anche a farne un volume di taglio politico (di potere religioso contro potere temporale, of course), sociale, di rivendicazione femminista ante-litteram, di riflessione sullo stato dell’arte (nudità ed eventuali blasfemie sono al centro del dibattito del tempo sulla pittura e su altre forme artistiche) e su una novità, quella della prospettiva – ci risiamo – e quindi della profondità e, in un certo senso, dell’infinito. O, almeno, così lascia intendere Michelangelo in persona nella fiction di Laurent Binet. Ancora una volta originale e coraggioso, uno di quegli autori su cui continuare a puntare al di là dei risvolti commerciali, dei dati di vendita; se si ha una certa idea di editoria – pazienza, costanza, coerenza – che è anche quella della Nave di Teseo, avere in catalogo scrittori di valore è il primo successo. Tutto il resto, poi, verrà da sé.
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