“Caratteri mobili” è una raccolta di lettere, per lo più indirizzate al grande critico e giornalista Lorenzo Mondo, punto di riferimento per i più grandi scrittori del secondo Novecento italiano, maestro senza spocchia, «lettore che penetra tra le pieghe del discorso» e autore in proprio…
In gioventù, da liceale, l’appuntamento in edicola era con “Tuttolibri” del quotidiano La Stampa, un giornale che – incredibile a dirsi, ma forse no – non arriva più nelle edicole della mia Isola. Il supplemento era da leggere voracemente, in particolare gli articoli di Lorenzo Mondo, principe dei recensori, che si occupava principalmente di narrativa italiana, e di Mirella Appiotti (voi non la ricordate, ma era una grande…) che in una sua rubrica anticipava i titoli di futura pubblicazione, editore per editore, quello che adesso fa qualche sito specializzato o le stesse case editrici sui loro portali. Leggere un maestro senza spocchia come Lorenzo Mondo, si faceva in fretta a capire, non era soltanto immergersi nel romanzo di turno, da una prospettiva di garbo (anche quando il giudizio era negativo) e acume, di chiarezza e trasparenza senza tecnicismi, di precisione e analisi come raramente se ne fa ancora oggi; significava anche dialogare a distanza con i più bei nomi del Novecento italiano, a cominciare da Fenoglio e Pavese, quest’ultimo studiato anche durante gli anni universitari.
Ringraziamenti, contrapposizioni, confessioni
Di quella stagione Lorenzo Mondo (1931-2022) è stato interprete efficacissimo, critico brillante, oltre che autore in proprio, protagonista delle ultime Terze pagine degne di questo nome, custode della fiducia e dello stima di scrittori con cui aveva consuetudine, da Sciascia (dolenti le sue ultime missive, quando il male fatale lo consuma a metà anni Ottanta) a Ortese, da Primo Levi agli amici Arpino e Rigoni Stern, da Montale a Eco, a Zanzotto… C’è un volume, pubblicato da Bur, intitolato Caratteri mobili (323 pagine, 14 euro), a cura di Silvia Boggian e Daniela Bussi per la Fondazione Cesare Pavese, che raccoglie 132 lettere ricevute da Lorenzo Mondo, tranne 4 scritte dallo stesso critico (e indirizzate): un florilegio di pensieri, scambi d’opinione (in una lettera di Carlo Sgorlon si legge: «… mi rendo conto che il libro non le è piaciuto, anche se non ne ha fatto una stroncatura… Abbiamo ragione tutti e due, naturalmente, perché il giudizio, il gusto, la stessa verità sono sempre e fatalmente relativi»), contrapposizioni (con Galante Garrone, con Natalia Ginzburg sul Taccuino Segreto di Pavese), ringraziamenti, confessioni di soggezione (Silvana Grasso nel 2005 scrive al “Magister” da “pupilla”: «Grazie per avermi frenata per tempo, grazie per avermi indicato, seppur sibillinamente, la strada e per avermi dato la certezza che potevo uscire dalla mia trazzera senza morirne. Questo è il grande talento che Lei ha e che gli altri non hanno…»), telegrafiche, ma dense cartoline (Sebastiano Vassalli, Antonio Tabucchi, Mario Rigoni Stern, Guido Ceronetti).
L’altro mestiere
C’è spazio per la creatività dei letterati, ma anche per l’umanità dei rapporti, ci sono dolori, malattie, morti. C’è l’idea di un ambiente letterario denso di contatti e di dialoghi – oggi al massimo c’è qualche retweet, ma non si sta sostenendo che oggi sia un covo di vipere o che regni la decadenza, solo che sono cambiati i mezzi e, forse, la capacità di indagare e approfondire in un certo modo, in modo più fecondo. E poi c’è spazio per l’altro mestiere di Lorenzo Mondo, non solo quello del «lettore che penetra tra le pieghe del discorso» (Maria Corti dixit), ma quello di scrittore: così s’invertono i ruoli ed è lui a ricevere osservazioni, a ispirare riflessioni. Figura di multiforme ingegno, da ricordare, un patrimonio di idee e pensieri da non disperdere.
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