Una famiglia irlandese in pericolo come lo sono le api e il clima. La tragedia che costringe a confrontarsi con la realtà. Nel mirino l’Irlanda d’oggi, il neoliberismo, l’ipocrisia borghese, il declino ambientale. “Il giorno dell’ape” di Paul Murray, dal finale volutamente caotico, è un romanzo di prosa versatile e personaggi indimenticabili…
Il giorno dell’ape (650 pagine, 22 euro) di Paul Murray, pubblicato da Einaudi nella traduzione di Tommaso Pincio, è un romanzo che esplora con maestria le crepe di una famiglia irlandese sull’orlo del collasso, intrecciando dramma, ironia e riflessioni esistenziali. Ambientato in un paesino rurale a due ore da Dublino, il libro segue le vicende della famiglia Barnes, apparentemente perfetta ma in realtà lacerata da segreti, debiti e incomprensioni.
Un caleidoscopio di voci
Paul Murray adotta una narrazione corale, alternando i punti di vista dei quattro protagonisti: Dickie, il padre ossessionato dalla costruzione di un bunker apocalittico; Imelda, la madre vanitosa che svende gioielli su eBay; Cass, l’adolescente ribelle che sabota il suo futuro scolastico; PJ, il figlio dodicenne in fuga da un ambiente soffocante.
I capitoli si accorciano progressivamente, accelerando il ritmo verso un finale tesissimo, quasi shakespeariano, mentre lo stile si adatta ai personaggi: dal flusso di coscienza senza punteggiatura di Imelda (omaggio a Joyce) alle battute sarcastiche di Cass.
Fragilità umana e crisi globale
Il romanzo fonde il microcosmo familiare con macro-temi come il cambiamento climatico, la crisi economica post-2008 e il declino ambientale, simboleggiato dalle api morenti che PJ studia. La rovina dei Barnes riflette un mondo in caduta libera, dove i personaggi, “strattonati” dall’autore tra speranza e disperazione, incarnano l’incapacità di comunicare e cooperare, unica via di salvezza secondo Paul Murray.
Nonostante i temi cupi, il libro brilla per un umorismo amaro e situazioni paradossali: Dickie che evade la realtà costruendo rifugi anti-catastrofe, Imelda alle prese con creme viso e tavoli di design, Cass che si ubriaca in locali storici.
L’autore non risparmia critiche sociali, come l’ipocrisia borghese o l’emarginazione del fallimento, ma lo fa con una pietas che rende i personaggi indimenticabili.
Le api come metafora
Il titolo non è casuale: le api, studiate da PJ, rappresentano un ecosistema in pericolo, ma anche la famiglia Barnes stessa.
L’ape regina: Imelda, che cerca disperatamente di mantenere un’apparenza di controllo, come l’ape regina di un alveare morente.
Il collasso della colonia: la famiglia è un sistema interdipendente, dove il fallimento di un membro (es. i debiti di Dickie) trascina tutti gli altri, proprio come la scomparsa delle api preannuncia catastrofi ambientali. La puntura d’ape rappresenta il dolore necessario per risvegliare le coscienze, tema che Murray riprende nel finale, dove la tragedia costringe i personaggi a confrontarsi con la realtà.
Polifonia e frammentazione
Il parallelismo tra crisi familiare e crisi climatica è esplicito: entrambe richiederebbero cooperazione, ma i Barnes, come l’umanità, preferiscono l’autoinganno o la fuga (il bunker di Dickie, la fuga di PJ).
Il romanzo si distingue per una costruzione polifonica che riflette la frammentazione della famiglia Barnes. Ogni capitolo è un monologo interiore, spesso contraddittorio, che svela le bugie che i personaggi raccontano a sé stessi e agli altri. Murray usa tecniche sperimentali: Imelda, ad esempio, parla in un flusso di coscienza senza punteggiatura, un chiaro omaggio a Molly Bloom nell’Ulisse di Joyce, ma con un’ossessione per l’estetica e il decoro che tradisce la sua ansia sociale.
Dickie, il padre, ha un linguaggio meccanico, pieno di termini tecnici legati al bunker che costruisce, metafora della sua incapacità di connettersi emotivamente. Cass, la figlia ribelle, usa un sarcasmo tagliente e riferimenti alla cultura pop (da TikTok ai meme) per mascherare la sua vulnerabilità. PJ, il più giovane, osserva il mondo con occhi da scienziato in erba, catalogando insetti e disastri ecologici, ma fatica a decifrare le emozioni umane.
Ritratto feroce dell’Irlanda
Il ritmo crescente, con capitoli sempre più brevi verso la fine, simula l’accelerazione di una crisi inevitabile, mentre i personaggi si scontrano con le conseguenze delle loro scelte.
Con oltre 600 pagine, è un viaggio emozionante e faticoso, perfetto per chi cerca una storia che unisca intrattenimento, profondità psicologica e una riflessione bruciante sul presente.
Paul Murray dipinge un ritratto feroce della società irlandese contemporanea, ancora segnata dalla recessione del 2008 e dal crollo della “tigre celtica”: Imelda incarna l’ossessione per le apparenze, svendendo oggetti di lusso su eBay pur di mantenere lo status sociale.
Dickie, ex imprenditore edile, rappresenta l’uomo bianco della middle class che crede di poter “risolvere” ogni problema con soluzioni tecnologiche, ignorando le relazioni umane. La generazione Z disillusa: Cass e PJ sono figli di un mondo in declino, dove i social media sostituiscono il dialogo e il futuro appare senza speranza.
Contro l’individualismo liberista
L’autore critica anche l’individualismo neoliberista: i Barnes non chiedono mai aiuto, vergognandosi del fallimento, in una società che glorifica il successo e nasconde il disagio.
Ogni membro della famiglia è un anti-eroe complesso: Imelda è una Lady Macbeth moderna, la sua ossessione per la bellezza nasconde un trauma non detto (forse un lutto o un tradimento). Le sue monologhi surreali su creme antirughe e mobili di design sono tanto comici quanto patetici.
La sua fuga di Dickie nella costruzione del bunker ricorda il capitano Achab di Moby Dick, con un’ossessione autodistruttiva che diventa allegoria della crisi climatica (lui prepara rifugi per sopravvivere, ma non vede il disastro già in atto). La sua ribellione di Cass è un grido d’aiuto inascoltato. Murray gioca con gli stereotipi della teenager arrabbiata, ma le dona una profondità inaspettata, specialmente nel rapporto con il fratello PJ che rappresenta il vero cuore del romanzo: la sua innocenza scientifica (“Perché gli adulti mentono?”) contrasta con la cinica saggezza di Cass, creando un dinamismo commovente.
Senza spoiler, il climax è un mix di violenza grottesca e poesia, con un evento che costringe i personaggi a uscire dalla loro apatia. Alcuni lettori lo trovano eccessivo, ma Murray sembra dire che solo uno shock può rompere l’inerzia di chi rifiuta di cambiare. Non c’è un lieto fine, ma un accenno di possibilità: come le api, i superstiti potrebbero ricostruire, se imparano a collaborare.
Personaggi indimenticabili, costruiti con pietà e ironia. Una prosa versatile, che passa dal comico al tragico senza sforzo e temi universali trattati senza retorica.
La lunghezza del romanzo potrebbe risultare faticosa in alcuni passaggi meditativi, ma il finale, volutamente caotico, rischia di lasciare il lettore spaesato, arriva all’improvviso e lascia il segno.
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