La tecnocrazia ha azzerato le domande su noi stessi e la capacità di conoscerci profondamente come esseri umani. È uno dei punti di partenza de “I microscopici insuccessi dei desideri”, nuovo libro di Simone Perotti, che propone una filosofia pratica e attiva, una sorta di bussola nell’avventura alla ricerca delle ragioni dell’esistenza
Si intitola I microscopici insuccessi dei desideri (396 pagine, 20 euro), è pubblicato da Mondadori, ed è il saggio con cui Simone Perotti fa, letteralmente, filosofia applicata. Non è una scelta improvvisa né casuale. Lo scrittore, che da sempre racconta il suo percorso umano e le sue scelte, su una rotta di vita estremamente consapevole, da qualche anno anima i “Dialoghi mediterranei”, incontri che si svolgono a Catania e che hanno al cuore una riflessione filosofica condivisa. Intriso di riferimenti al mondo nautico che contraddistingue l’orizzonte letterario dell’autore, oltre che di vita, questo libro affronta una dimensione nuova e forse insolita, ma perfettamente allineata con alcune storture sociali di oggi che fanno risuonare allarmi, spesso inascoltati. Dentro ci sono sproni, pensieri, scelte e giravolte che invitano a considerare in modo differente alcune questioni cruciali. E, piace pensare, questa profondità deve molto alla culla dell’occidente, la Grecia classica. Sarà per l’isola dell’Egeo sulla quale Simone Perotti ha scelto di vivere, ma il pensiero mediterraneo risuona come risacca, tra curiose etimologie e una modalità di pensiero che ci ricorda che, in fondo, non molto è passato da quando Socrate si poneva le domande scomode che apparentemente abbiamo chiuso nel cassetto.
Una crisi filosofica ai tempi della tecnocrazia
La molla da cui scatta la voglia di Simone Perotti di parlare di filosofia è una “crisi filosofica” che individua nella nostra società, dove manca un pensiero filosofico concreto, applicabile alla vita di tutti i giorni, microscopici insuccessi dei nostri desideri inclusi. Abbiamo perso le domande, l’esigenza di porcele, la capacità di conoscerci profondamente come esseri umani. Le radici di questa attitudine perduta a riflettere dubbiosi sulla nostra condizione di umani, chiaramente, affondano nel pensiero greco, nell’umanesimo di Socrate. Eppure quella che Simone Perotti propone non è una filosofia storica, una teoria che ripercorre i passi delle domande del Sapiens su di sé e sul proprio posto nel mondo. No, è una filosofia viva, pratica, attiva.
Secondo lo scrittore, ad averci portati allo status quo, cancellando dal nostro orizzonte l’approccio speculativo dell’uomo greco, è la neo-cultura tecnocratica, esito del sistema produttivo capitalistico, con tutti i suoi riverberi sociali. È un credo che impera azzerando ogni anelito di domanda, e per il quale tutto è presentato come brillante, efficiente, perfetto, solo che noi umani, mentre tutto questo prendeva il sopravvento, ci siamo persi. Pregio del libro di Simone Perotti è rendere evidente questo scarto e la lontananza che ha generato: la mano dello scrittore lo porta nero su bianco, inchiodandolo alla pagina cosicché sia visibile, finalmente liberato da una matassa di pensieri frantumati e confusi, chiaro. Solo così può iniziare il lavoro per curare i microscopici insuccessi dei nostri desideri.
Filosofia come lavoro e vita attiva
«Far atterrare la filosofia sulle nostre vite, renderla una ‘scienza applicata’»: è l’intento dichiarato di Perotti in questo libro. Nelle quasi quattrocento pagine che lo compongono, l’autore esamina una serie di parole e concetti per portare avanti il proprio discorso: fede, si inizia così, e poi vedere, credere, crescere, spesso nella complessità che contraddistingue i tempi attuali, senza perdere di vista la realtà, attenti all’omologazione, al benessere, alla diversità, alla mistificazione o alla spiritualità, con leggerezza, spirito di avventura, indubbiamente con tante domande, e con naturali dubbi.
Non è un caso che fede sia la parola di apertura: tutto sta nella postura, nell’assestamento, nell’imparare il lungo e impegnativo lavoro su di noi (spoiler: non sono solo parole: nell’appendice al libro Simone Perotti provvede a fornire liste e metodi di pensiero in prospettiva prettamente pratica). Dalle parole, si scivola nel pensiero in atto: è una filosofia radicata nella concreta realtà questa di Perotti, vita umana in svolgimento, tra alti e bassi, giornate perfette e insuccessi, microscopici a volte, che fanno ruggine e inceppano tutto l’ingranaggio. Mentre noi, oggigiorno, siamo assuefatti a un sistema che ci ha così sfiancati da fingere l’inganno di non sentire e non sapere, questi inceppamenti sono proprio lo snodo da cui dovrebbero sentirsi solleticate nuove domande e nuovo lavoro per conoscerci sempre meglio,
«So chi sono io, anche se non ho letto Freud», cantava Samuele Bersani. Piuttosto che rivolgersi alle pagine di Freud, Simone Perotti è convinto che per scoprire davvero chi siamo sia necessario un sacco di lavoro personale: parlare, pensare e domandarsi, pensare nuovamente, e poi agire per mettere tutta questa riflessione nella vita di ogni giorno, renderla linfa che indirizza le azioni. Filosofia in pratica, appunto.
Non c’è scusa che tenga: sono suggestioni anche fastidiose quelle di questo libro, scomode, tolgono il tappeto da sotto i piedi e, facendo cascare spesso anche da altezze limitate, servono proprio a scuotere e capire che forse quello che vediamo non è la realtà completa, ma una sua riduzione artificiosa, comoda per tutti i limiti che impone, rassicurando e calmando fastidi, stanchezze e dando spazio alla superficialità tipici dei tempi moderni.
Oltre i microscopici insuccessi, verso i desideri
Perotti individua il filo dello scetticismo che serpeggia in questa società. E riaccende, capitolo dopo capitolo – parola dopo parola – la voglia di credere, di fare il proprio dentro una realtà che è intrisa di microscopici insuccessi, ma che ci ospita, ci riguarda, dentro cui siamo liberi di attivarci per farcela. Che meraviglia, ma quanto impegno. Alla base della sensazione di fatica che si percepisce c’è la complessità che connota le nostre esistenze: è lei ad aver minato la nostra serenità. Perotti coglie con grande capacità di analisi la situazione e il suo contesto, e si domanda come uscire dal circolo vizioso dell’involuzione che ci porta lontano, per repulsione, dalla complessità del reale, che è poi solo l’altra faccia della sua potenzialità e ricchezza.
È difficile. La complessità è faticosa, allontana dallo spirito di fiducia, da speranze e prospettive. “Bisogna essere terribilmente complessi per tentare una vita semplice”, spiega lo scrittore. Non esiste semplicità, dietro ai microscopici insuccessi dei nostri desideri: è così, è la vita. Bisogna quindi che questa complessità diventi parte della quotidianità, che non spaventi, non allontani, non affatichi. Come riuscirci? Facendo filosofia, quella pratica: ponendosi l’interrogativo su di sé, sulla propria collocazione in un contesto cangiante che andrà studiato, analizzato. Solo così sarà possibile costruire, dentro sé, la propria semplicità. Non è facile, non è comodo, implica una solitudine a cui non siamo avvezzi, ha dei costi e a volte non darà risposte.
Liste, avventure e consapevolezze
Dentro un mondo che è difficile per sua natura, Simone Perotti ci accompagna pagina dopo pagina a scoprire che avere fede significa incanalare energia, metterla in circolo, “provare un sentimento, una sensazione, una speranza”. Lavoro attivo, sempre quello: su di sé, con sé, attivato da una fiamma senza la quale non starebbero insieme tutte le parole che l’autore esplora, e con cui scava nelle pieghe dell’oggi e in come noi umani ci siamo fatti intrappolare, perdendo di vista le domande importanti. Intortati, frastornati, stanchi di una stanchezza che ha a che vedere con lo spezzettamento perpetuo dell’attenzione, ci arrendiamo ancora prima di mettere le mani in pasta, forse perché abbiamo perso il gusto di credere che, semplicemente lavorandoci su, i nostri desideri potranno prendere forme vere. “La vita può essere interessante, ancora dotata di speranza, ma non esiste prima di viverla, semmai va costruita. Per raggiungerla non ci sono strade, semmai vanno aperti sentieri a colpi di machete nel folto”. Difficile, si era detto: ma estremamente appagante.
Si potrebbe pensare che questa “avventura alla ricerca delle ragioni dell’esistenza”, come Perotti stesso definisce l’esplorazione filosofica aperta dal suo libro, sia solo un insieme di parole e riflessioni. Non è così. Se la filosofia pratica è innanzitutto azione, ma anche immaginazione, pensiero, emozioni, passioni e cuore, per ascoltarci, conoscerci e approdare a una spiaggia che assomiglia alla serenità, forse un po’ alla felicità o alla soddisfazione dopo un lavoro, l’autore fornisce un’appendice piena di liste. Sembrano i pioli di una scala che, salendo e salendo, mostra un mondo dove vivere sempre più in armonia. Armonia con noi stessi, con gli altri e con il pianeta.
Tra un gradino e l’altro ci sono sforzi che implicano riflessione, sacro silenzio, studio. Che non sia un’operazione semplice e immediata non viene mai nascosto. Ma, intanto, qualche strumento per disinnescare l’orologio impazzito dell’età contemporanea, e tutte le sue incertezze, si fa nero su bianco una “lista filosofica” da cui prendere spunto. Una specie di bussola esistenziale per iniziare un lavoro su noi stessi che, amarissimo e spietato, si fa chiave di volta per una riscoperta, una ricostruzione di valori, e in fondo per una crescita ricca e piena, che ci curi dalle ferite dei microscopici insuccessi dei nostri desideri, e ci apra la strada per farli di nuovo nostri, quei desideri. Con libertà, con responsabilità, ma soprattutto con limpida consapevolezza.
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