Elvira Notari, pioniera del cinema muto italiano, rinasce tra le pagine di un romanzo di Emanuele Coen, “La figlia del Vesuvio”. Storia di una self-made-woman, venuta dalla provincia e impostasi con determinazione e creatività. Una storia di vittorie e sconfitte, fino al lungo oblio spezzato da questa opera che ne recupera grandezza e memoria…
Dalla sera in cui scopre il cinema, sul telone bianco calato sulla facciata dei Grandi Magazzini Mele, Elvira avverte dentro di sé un’energia nuova, una curiosità irrefrenabile…
L’antenata più illustre di Lina Wertmüller e Liliana Cavani, di Cristina Comencini e Francesca Archibugi è stata a lungo ignorata dal grande pubblico, come pure in Campania, dove il suo talento è nato e fiorito. Elvira Notari, prima regista italiana, pioniera irripetibile del cinema muto, era la protagonista di una scomparsa dalla memoria collettiva. Adesso che sono da poco scoccati i 150 anni della sua nascita (a Salerno) e alla vigilia del 2026, in cui si celebreranno gli 80 anni della sua morte (a Cava de’ Tirreni), la sua storia è tornata a galla grazie a Emanuele Coen; da bravo cronista Coen ha condotto un enorme lavoro di documentazione, aggiungendo quanto basta di invenzione romanzesca, e il risultato è un romanzo da cui lo stesso autore ha tratto uno spettacolo teatrale, Il suono di Elvira, e un soggetto per il piccolo o grande schermo, che da pochissimo è stato opzionato per un docufilm.
Da giovane modista a imprenditrice di successo
Il volume, pubblicato da Sem, è La figlia del Vesuvio. La donna che ha inventato il cinema (173 pagine, 17 euro); il primo romanzo di Emanuele Coen si regge tutto sulle spalle di una figura mitica, protofemminista – in un periodo storico in cui le donne erano relegate a custodi del focolare – intraprendente donna d’affari, fondatrice di una casa di produzione e di una scuola di recitazione, che diresse decine e decine di lungometraggi, di cui restano solo le briciole, appena tre film completi, conservati nella Cineteca nazionale. Giovanissima modista, costretta con i familiari a lasciare Salerno per Napoli, al seguito del padre, Elvira Notari è una self-made-woman.
Sa di essere un’adolescente di provincia, della piccola borghesia, sogna il mondo degli aristocratici, gli spettacoli a teatro, gli appuntamenti mondani che non conosce, se non attraverso le cronache di Matilde Serao. […] Non ha ancora sperimentato la passione, ma intuisce che confina con la sofferenza, la follia e la tragedia.
Determinazione, intuito, debolezze e paure, creatività e concretezza di Elvira Notari, e del marito Nicola, che le fu al fianco nella vita e nel lavoro, sono rese sulla pagina in modo vivido e appassionato. L’immaginario di Napoli – città prima detestata e ben presto amata dalla caparbia “marescialla”, questo il soprannome di Elvira Notari – ha un peso notevole nella produzione della regista campana, dai picchi del successo agli scossoni della censura, ai crolli del declino. Emanuele Coen scrive con occhio benevolo e partecipe delle vicende e vicissitudini della regista, per cui anche il lettore finisce in qualche modo per parteggiare, e per ammantarsi di malinconia quando la donna ingaggia l’ennesima sfida della propria carriera, con l’avvento del sonoro anche al cinema, con la storica crisi finanziaria del 1929, con il graduale affermarsi di Roma come baricentro del cinema italiano…
Passioni e vita, carne e sangue
Sentimenti, tormenti, tradimenti, spaccati sociali, vita vissuta girata per strade, bassi e vicoli, con gli scugnizzi e con persone più vere del vero, «personaggi fatti di carne e sangue, follia e devianza». L’impostazione realista dei suoi lavori poco si addiceva, specie ai tempi dell’avvento e del consolidamento del fascismo, a un clima che avrebbe dovuto piuttosto esaltare e celebrare eroismi e virili virtù. Le pagine di Emanuele Coen danno conto di tutto questo, illuminano il mistero e l’oblio che hanno avvolto questa storia delle origini della settima arte nel nostro Paese. E ci regalano una donna audace, che non si conforma e che battaglia fino alla fine, fin quando può. Dovrebbe essere uno dei miti italiani, Elvira Notari, e la speranza è che una volta strappato il sipario che era calato su di lei, se ne possano recuperare memoria e grandezza.
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