Barbara Comyns, donare un’anima anche alle azioni più feroci

“Le sedie crudeli” di Barbara Comyns sembra scritto a quattro mani da Angela Carter e Charlotte Brontë. Una voce rassicurante anche quando ci sono di mezzo situazioni tragiche, elementi gotici che si intrecciano ad atmosfere quasi bucoliche e, protagonista, una ragazzina alle prese con la morte del padre…

Ora provate a figurarvi questa scena: Angela Carter che un bel giorno si reca a casa di Charlotte Brontë e le propone di scrivere un libro a quattro mani. Certo questo implica che voi abbiate una buona dose di immaginazione e che lei disponga di una macchina del tempo, ma il punto è che il prodotto di questa fantasiosa scenetta esiste realmente, lo ha scritto Barbara Comyns nel 1962 e si intitola Le sedie crudeli.

C’è una dualità – seppur perfettamente coesa – nel racconto che ci porta a pensare che queste sedie in fondo non siano poi così crudeli e che nella loro autrice convivano due anime.

Meravigliose stramberie

Le sedie crudeli (240 pagine, 18 euro) – pubblicato da Safarà, grazie alla traduzione di Cristina Pascotto – è ambientato nell’Inghilterra dell’età edoardiana ed è narrato in prima persona dalla protagonista, Frances, una tenera e vispa ragazzina che ci renderà partecipi dei cambiamenti della sua vita in seguito alla morte del padre. Condizione che improvvisamente versa la numerosa famiglia in ristrettezze economiche costringendo la madre ad un “ricollocamento d’emergenza” dei sei figli tra i vari zii, il tempo necessario a sistemare le incombenze. Frances vivrà per un po’ dai Lawrence per poi ricongiungersi con la madre e i fratelli nell’unica abitazione che possono permettersi, la Casa dell’Agrifoglio. Dal nome non sembrerebbe poi così male ed effettivamente, nonostante i sacrifici che aumentano in proporzione al denaro che scarseggia e la presenza costante della zia che giudica e padroneggia, la voce di Frances non restituisce mai una narrazione pietosa, scoraggiata o negativa.

Ci racconta con una sorta di meraviglia ogni esperienza che vive, dalle più strambe alle più piacevoli, e accoglie con iniziale entusiasmo e curiosità tutte le persone che incontra – persino un’eccentrica donna che alleva scimmie nella sua casa.

Bellezza e orrore

L’originalità della forma raggiunta da Comyns dipende dal riuscire a contornare elementi gotici e tetri con un’aurea di idilliache atmosfere quasi bucoliche e una voce in grado di rimanere cordiale e rassicurante nonostante le situazioni a volte anche tragiche o folli che ci sta raccontando.

Le sedie che Frances scova in una fatiscente e misteriosa dimora sono il filo conduttore di tutto il racconto e la loro presenza è ingombrante nonostante vengano nominate in rarissime occasioni, salvo poi rivelarsi decisive nella svolta finale. Frances resta sconcertata quando scopre che sono fatte di pelle umana. Ma la sua indole coraggiosa e affabile la porta a scacciare ogni timore per tentare di restituire una sorta di dignità a questa ingiustizia, attraverso un atto mistificatore per un finale inatteso.

Anche e forse soprattutto in esso è impresso il marchio di questa autrice ambivalente, che sceglie di riscattare la crudeltà donando un’anima anche alle azioni più feroci.

Nella vita coesistono bellezza e orrore ma la riluttanza e la paura possono sempre lasciare il posto alla pietà e alla meraviglia.

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