Un magistrale piccolo classico, un venditore ambulante alle prese con i colpi che incassa da una giustizia paradossale e alienante, vittima di ingranaggi non infallibili. Con la novella “Crainquebille” Anatole France si confermò scrittore di battaglie civili e per la dignità umana
Gli infernali meccanismi di una giustizia che protegge i forti e condanna i deboli sono magistralmente raccontati da Anatole France in una novella che sfiora la perfezione di un’altra sua “creatura”, il famoso racconto Il procuratore della Giudea, tradotto e pubblicato da Leonardo Sciascia per Sellerio, uno dei titoli più iconici della casa editrice palermitana. Crainquebille (65 pagine, 5 euro), che si trova nel raffinato catalogo De Piante, fu pubblicato un anno prima de Il procuratore della Giudea, inizialmente su rivista ed ebbe successivamente riduzioni teatrali e cinematografiche. Premio Nobel 1921 che non ha avuto molta fortuna editoriale in Italia (prolifico e, in vita, celebrato in Francia, salvo poi essere fatto a pezzi da Breton e Aragon, ridimensionato da Gide), Anatole France, figlio di un libraio antiquario, era un progressista (al fianco di Zola nell’affaire Dreyfus), uno strenuo difensore del proletariato ma, di stampo ottocentesco, divenne postumo bersaglio di certa avanguardia surrealista, considerato quasi reazionario. Il protagonista di questa sua novella, Jérôme Crainquebille, non è forse considerato neanche un proletario, venditore ambulante di frutta e verdura, fa i conti a più riprese con i colpi che gli infliggono una società che lo disprezza e un sistema giudiziario alienante.
Un malinteso linguistico
Il tema della giustizia e degli oppressi è centrale nella letteratura, ancor più dall’Ottocento in poi e Anatole France non si sottrae, raccontando la spirale negativa in cui affonda il protagonista, vittima di ingranaggi non infallibili della giustizia. Un’incomprensione, addirittura un fraintendimento linguistico, è all’origine di una discussione che degenera tra l’ambulante e un agente della forza pubblica, che chiede all’altro di non sostare troppo col suo carretto in mezzo alla strada. Da lì in avanti Crainquebille vive un declino umano e sociale, lo sfavore pubblico dell’umanità attorno a sé, fino all’epilogo che è un’amarissima chiusura del cerchio, finale fulmineo che contribuisce alla perfezione formale del testo. Non quella del sofisticato pastiche che ha come personaggio principale Ponzio Pilato, ma qualcosa che la avvicina molto.
Un’altra direzione
Un oltraggio non compiuto, un processo grottesco, una condanna, sebbene mite. Sembra uno di quei casi di cronaca, di ordinaria ingiustizia, di giustizia che fallisce e mette in mezzo gli innocenti, che periodicamente trovano spazio sui media, anche al giorno d’oggi. Dal presunto affronto alla perdita di tutto, Jérôme Crainquebille fa i conti con qualcosa che lo stritola, peripezie che iniziano con una sentenza sfavorevole, nonostante una qualificata testimonianza a favore. La sua vita prenderà un’altra direzione, rassegnata, indurita, intollerante, perdente anche quando, con furbizia, tenta l’ultimo colpo gobbo, venendo gabbato… Raffinato erede della prosa classica francese, Anatole France, condusse sempre, con indignazione, battaglie civili e per la dignità umana. Di un classico così non ci si può dimenticare e non bisogna fare a meno…
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