La resilienza contro la brutalità del sistema schiavista in “Memorie di una schiava”, romanzo autobiografico di Hannah Crafts, scritto oltre un secolo prima d’essere stato scoperto e pubblicato. Una testimonianza dal grande talento narrativo, un libro che continua a parlarci, una voce unica fra introspezione psicologica e denuncia sociale
Memorie di una schiava (286 pagine, 21 euro), scritto da Hannah Crafts (pseudonimo di Hannah Bond), è un’opera straordinaria sia per il suo valore storico che letterario. Scritto tra il 1853 e il 1861, il manoscritto è rimasto sconosciuto per oltre un secolo prima di essere riscoperto nei primi anni Duemila e pubblicato nel 2002.
Oggi, tradotto in italiano da Giada Diano per le edizioni Clichy, il libro si presenta come il primo romanzo conosciuto scritto da una donna afroamericana fuggita dalla schiavitù.
Ambientato nella Carolina del Nord a metà Ottocento, il romanzo segue la storia di Hannah, una giovane schiava, nel suo coraggioso cammino verso la libertà. Attraverso un racconto che si snoda tra piantagioni, dimore padronali e foreste del Sud degli Stati Uniti, Crafts dipinge un quadro vivido della brutalità del sistema schiavista, ma anche della resilienza e della speranza.
Soffrire nel corpo e nell’anima
La narrazione, sebbene in forma romanzata, è profondamente autobiografica, offrendo una testimonianza diretta delle violenze e delle umiliazioni subite dalle persone ridotte in schiavitù.
Crafts dimostra un talento narrativo raffinato, influenzato dalla grande tradizione letteraria ottocentesca, con echi di autori come Charles Dickens e le sorelle Brontë.
Tuttavia, la sua voce è unica: mescola l’introspezione psicologica tipica del romanzo vittoriano con una denuncia sociale tagliente. La scelta di adottare la forma del romanzo, anziché quella autobiografica, le permette di esplorare temi universali come l’ingiustizia e la ricerca di identità, rendendo la storia accessibile e al tempo stesso potente.
Quelli che ritengono che il male maggiore della schiavitù risiede nella sofferenza fisica non possiedono una concezione giusta e razionale della natura umana. L’anima, l’anima immortale agogna e desidera sempre un migliaio di cose inscindibili dalla libertà.
Le critiche alla società statunitense
Oltre al suo valore storico, Memorie di una schiava è un’opera di straordinaria attualità. Crafts affronta temi come il razzismo sistemico, la disumanizzazione e la resistenza, questioni che risuonano ancora oggi nelle lotte per i diritti civili. La sua scrittura, pur radicata nel XIX secolo, offre una riflessione profonda sulle dinamiche di potere e sulle contraddizioni della società americana, tanto da essere considerata una pietra miliare della letteratura afroamericana.
Al trovarci lì, senza aver commesso alcun crimine, introdotte in una delle fortezze giudiziarie di un paese celebrato in tutto il mondo per libertà, l’uguaglianza e la magnanimità delle sue leggi, non potrei a meno di riflettere sugli strani concetti di diritto e giustizia che sembrano aver preso piede nell’opinione pubblica, dal momento che la mera questione della nascita, vale a dire ciò che una persona era praticamente impossibilitata a cambiare o modificare, era diventata una ragione per punirla o imprigionarla.
L’edizione italiana, curata da Edizioni Clichy, include una traduzione accurata di Giada Diano e un apparato critico che contestualizza l’opera. Il libro è stato accolto con entusiasmo dalla stampa che sottolinea l’importanza del ritrovamento del manoscritto e la sua rilevanza culturale.
Un atto di resistenza
Memorie di una schiava è più di un romanzo: è un atto di resistenza, un documento storico e un capolavoro letterario. Hannah Crafts, attraverso la sua scrittura, ha restituito voce a chi era stato silenziato, creando un’opera che continua a parlare alle generazioni successive.
Un libro imperdibile, che unisce la forza della testimonianza al talento narrativo di un’autrice finalmente riconosciuta e fa riflettere sulle ingiustizie che ancora oggi persistono.
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