Giallo d’atmosfera e di classe “L’hotel del tempo perso” di Ilaria Gaspari, che scandaglia a modo suo il settimo comandamento, non rubare. Protagonisti gli ospiti di un hotel elegante ma sfiorito in una località termale: figure sui generis, sole e misteriose, che, si scoprirà, hanno in comune qualcosa…
Una partitura zeppa di buone cose di pessimo gusto, un linguaggio esatto, per restituirle, queste buone cose di pessimo gusto. Una storia misteriosa con tanti personaggi che convergono su un’isola nota per le cure termali, all’interno di un hotel un po’ malandato, elegante ma sfiorito, i più dopo avere ricevuto un invito personale, di cui non si spiegano bene il motivo, o provano a immaginarlo, spesso perché ognuno è pieno di sé e crede di avere talento o almeno un nome per meritare attenzione. Come in occasione del precedente romanzo, La reputazione (ne abbiamo scritto qui), Ilaria Gaspari ha messo nero su bianco una storia arguta, con tanto humour, con cura estrema del dettaglio, un giallo sui generis sul tempo che fugge e che dissipiamo, qualcosa d’immateriale, ma di essenziale per la nostra vita. Stavolta nell’ambito di un’operazione editoriale collettiva, quella che Rizzoli ha affidato ad alcune delle più note scrittrici italiane, con il compito di scandagliare i dieci comandamenti (il primo è stato sviluppato da Dacia Maraini, ne abbiamo scritto qui) con il loro sguardo e dal presente. Ilaria Gaspari ha scelto il settimo comandamento, non rubare. Interpretato in modo molto personale, come si conviene alla collana in cui il volume è inserito.
C’è di mezzo Dante…
Le dieci figure messe in scena dall’autrice ne L’hotel del tempo perso (107 pagine, 13 euro) sono presentate come in certi gialli vecchia maniera, introdotti prima ancora che la storia comincia e poi fatti entrare in scena una per volta, con i loro segreti, le loro idiosincrasie, con un’identità ben definita: la moglie che s’è annullata, mettendo davanti a tutto le fortune del marito, lo scrittore mai davvero baciato dal successo, l’architetto seduttore e vanesio, l’anzianissimo concierge, lo storico dell’arte spietato con i giovani e, in ambito accademico, con le donne, ecc. Lentamente, con indizi bizzarri, piccoli e grandi segnali (c’è di mezzo anche la Commedia dantesca) con cui tutti fanno i conti, viene a galla quel che di misterioso c’è in questa faccenda e in questo luogo ameno schizzato da Ilaria Gaspari. Qualcosa che accomuna i suoi personaggi.
Leggero, sfizioso e serissimo
Il racconto lungo è molto godibile, sfizioso e ci conduce, ci accompagna alla fine che tutto risolve. All’apparenza leggero, L’hotel del tempo perso è però una riflessione implacabile su temi serissimi, sul tempo dissipato, o che ci è sottratto: le dinamiche della narrazione che si dipana nell’hotel, grazie a protagonisti che sono maschere efficacissime, sono molto vicine al presente che viviamo, a certe attività futili, di cui non si conserva memoria. E, invece, poiché il tempo non torna, svanisce, bisogna viverlo pienamente. Gli studi in filosofia tornano spesso fra le righe della scrittrice milanese, formatasi fra la Normale e la Sorbona; detta così, sembra una secchiona, leggete i suoi libri, vi renderete conto che… ne vale la pena.
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