“La festa del santo”, estratto dal romanzo di Alessandro Orofino

“La festa del santo”, nuovo romanzo di Alessandro Orofino, pubblicato da Pathos, farà il suo debutto domani in libreria, in concomitanza con Più Libri, Più liberi 2019, dove l’autore sarà protagonista di un firmacopie sabato. È la storia di Iolanda – di cui presentiamo un’anteprima per gentile concessione dell’editore – ragazza meridionale che, costretta ad abbandonare la propria terra in seguito a una gravidanza indesiderata, fa ritorno al paese natio dove ha una nuova opportunità di lavoro in casa di Temistocle, anziano dai modi spicci. Ma la ricomparsa dei fantasmi del passato rimette tutto in discussione…

A Iolanda non le erano state risparmiate le difficoltà della vita. La sua esistenza pareva solo un basilare esercizio di sopravvivenza. Se ci fosse stata una giuria a giudicarla, il verdetto sarebbe stato unanime: condannata ad un quotidiano sforzo per rimanere a galla. Non sembrava esserci una spiegazione logica, razionale. Succedeva e basta. A cercarvi un senso, ci si rompeva la testa. Iolanda si domandava da dove nascesse quella sorta di predisposizione al fallimento. Era un cruccio ormai, un chiodo fisso. Ci pensava di frequente, anche adesso che stava seduta sul letto a raccogliere le sue ultime cose: una vestaglia di flanella, un paio di ciabatte, un asciugamano di spugna bianca. Era il suo kit di sopravvivenza in quella casa dove aveva lavorato come badante. Tutto il giorno e spesso anche la notte, un solo pomeriggio libero a settimana (quando andava bene!), a stento un milione di lire a fine mese. C’era capitata quasi per caso e molto per necessità. Cinque anni prima aveva perso l’ennesimo lavoro e si era ritrovata di nuovo con il culo per terra. Per una come lei, con le spalle scoperte e una figlia da crescere, la faccenda era terribilmente complicata. Si era rivolta in chiesa, dove di tanto in tanto bussava per elemosinare un pacco di pasta o spillare un piccolo aiuto economico. Nella bacheca degli annunci aveva trovato un foglietto scritto con una calligrafia incerta: “Vedova cerca una persona che si prenda cura di lei”. Una lampadina fluorescente le si era subito accesa in testa. Aveva chiesto informazioni a don Ernesto e l’indomani eccola lì, alla porta di Marilena, una elettrica ottantottenne senza figli e con un marito volato in cielo da poche settimane. Si erano piaciute subito, folgorate all’istante da una simpatia reciproca. Un veloce colloquio, il tempo dei convenevoli e delle raccomandazioni e via, assunta! Come nel gioco dei Lego, tutti i mattoncini si erano incastrati alla perfezione, ognuno nel posto giusto. Era corsa felice a casa per raccontarlo a sua figlia Aurora. L’aveva chiamata così, dodici anni prima, perché la sua nascita, tra mille problemi e altrettanti dolori, aveva rappresentato una nuova alba, l’inizio di un’esistenza migliore. Finalmente non più da sola.

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