Umanità e gentilezza, la comunicatrice Fortichiari

Storica responsabile dell’ufficio stampa Longanesi, Valentina Fortichiari racconta le dinamiche della comunicazione editoriale in “Mi facevi sentire Dostoevskij”: il lavoro di squadra, avere attitudine all’imparare, disponibilità al crescere, restano inalterati anche se alcune delle dinamiche descritte in questo manuale-memoir hanno cambiato pelle…

Nella prefazione che Ildefonso Falcones ha scritto per Valentina Fortichiari, autrice di Mi facevi sentire Dostoevskij. Manuale – memoir di un ufficio stampa (275 pagine, 15 euro), esaustivo manuale-memoir uscito per Tea (Gruppo Mauri Spagnol), lo scrittore definisce subito in apertura quello della promozione letteraria come «un mondo fatto di fretta, urgenze e imprevisti». È proprio in questo mondo vasto e multiforme, a cui appartengono tanto l’immaginazione e la progettualità quanto uno scrupolo meticoloso e  una ferrea organizzazione che Valentina Fortichiari, capo ufficio stampa di Longanesi per oltre vent’anni, decide di farci da guida, regalando a un pubblico di amanti del lavoro editoriale e aspiranti uffici stampa il resoconto ragionato della sua preziosa esperienza.

Manuale atipico

Il titolo, molto adatto a inquadrare la pubblicazione come un manuale atipico, più un insieme di episodi di vita vissuta che di regole asettiche, è una frase rivolta scherzosamente all’autrice da uno dei “suoi” scrittori: è però la riprova che il modus operandi a cui Valentina Fortichiari ha improntato tutta la sua carriera, ovvero attenersi al binomio “umanità e gentilezza”, si è rivelato vincente, con il risultato di trasmettere alla vera ricchezza di una casa editrice, l’autore, quella giusta combinazione di professionalità, cura, apprezzamento e attenzione.

Ma cos’è, davvero, un ufficio stampa? “È quella funzione del management che presiede ai rapporti di un’azienda con la stampa, cura la diffusione (capillare, omogenea e coerente) della sua immagine e della sua produzione e stabilisce, mantiene e sviluppa le relazioni con tutti i possibili centri di informazione. È l’avamposto della comunicazione.”

L’autrice, con eloquio a tratti affabulatorio a tratti severo ma sempre nitido, e facendo un uso intelligente di anticipazioni, interventi personali e anche vere e proprie definizioni, si muove con passo elegante, didascalico, nella sterminata materia che compone la sua professione, nell’ingranaggio di una casa editrice fotografata nelle sue situazioni di massimo dinamismo.

Dal generale al particolare

Ci accompagna attraverso le quattro parti che compongono il libro, articolate in utili capitoletti ciascuno dedicato a un aspetto preciso e circostanziato, dal generale al particolare, dal vasto al minuto, scendendo nel dettaglio delle mansioni e dei ruoli, delle metodologie e delle sfumature psicologiche, senza trascurare neppure una casistica specifica che illustri ad esempio “Come si scelgono i destinatari di un servizio stampa”, “Che cos’è e come si redige uno schedule”, come debba essere “Lo stile di una telefonata”, o come comportarsi con “Gli autori stranieri”, a cena a casa dell’editore o quando – capita anche questo – “stroncano un nostro autore”.

Il mestiere e il racconto personale

Si passa da una prima parte introduttiva delle caratteristiche che questa figura professionale ha e coltiva, compresa un’etica di collaborazione, versatilità e preparazione, a una seconda parte che entra nel vivo dell’organizzazione di un evento e si concentra sui due focus principali libro e autore, a una terza parte eminentemente dedicata alla stampa, ai rapporti con i giornalisti e all’aspetto più prettamente comunicativo del lavoro.

La quarta parte, molto personale e in un certo senso differente dalle altre, è una sorta di passo indietro, col racconto della formazione e dell’ingresso in editoria di Fortichiari, e di sguardo avanti, di interrogazione cioè sui grandi mutamenti che hanno portato l’editoria ad essere oggi così diversa da com’era quando nel ruolo di dirigenti di casa editrice si incontravano per esempio Italo Calvino ed Elio Vittorini.

Fortichiari ha vissuto da vicino un periodo in cui, fuori dai ritmi serrati della campagna di lancio di un libro, «c’era il tempo pacato di interminabili conversazioni, sia pure con l’urgenza di raggiungere prima del congedo una soluzione soddisfacente, un gentlemen’s agreement che non prescindeva mai dal fair play, dal rispetto dei compiti e doveri di ciascuno. Sarà poi vero che quel modo di lavorare disteso, conviviale, quei tempi umani, siano irrimediabilmente perduti?».

L’importanza del fattore umano

È importante raccogliere, oggi più che mai, le testimonianze dirette di chi si può dire abbia contribuito a rendere più definiti i contorni di una certa figura professionale, e di chi tuttora dedica tempo a formare giovani studenti nelle classi di master.

A chi è disposto ad ascoltare, questa voce molto rigorosa e per nulla incline all’approssimazione offrirà un notevole ampliamento di prospettiva in materia di editoria, perché, anche se la maggior parte delle cose che descrive hanno cambiato aspetto (i giornali di carta, gli indirizzari, gli inviti a mano, persino gli uffici, in tempi di collaboratori esterni e di smart working), la validità di concetti come il non essere mai battitori liberi ma lavorare in squadra, o l’importanza del “fattore umano”, delle abilità di “coordinare, formare e delegare”, o di avere “avidità di occhi, di ascolto”, intesa come attitudine all’imparare, disponibilità al crescere, restano inalterate.

Personalmente, voglio ricordare il garbo delle lezioni di Valentina Fortichiari e l’attenzione negli occhi delle studentesse di lettere, con grandi sciarpe e agende piene di appunti, nel freddo stimolante delle aule di Santa Sofia, Statale di Milano. L’acutezza e l’affabilità sono le stesse che oggi ritrovo leggendo il suo manuale-memoir.

È possibile acquistare questo volume in libreria o a questo link

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