Montale e Clizia, un monile custode d’amore e poesia

“Il guindolo del tempo” di Marco Sonzogni è un volume che indaga su un dono fatto dal poeta Premio Nobel alla sua musa americana. Un mistero svelato dopo quasi un secolo da uno studioso molto preparato, attraverso un racconto che si fa saggio

C’è in circolazione un libretto delizioso, pubblicato dalla casa editrice Archinto, che ha tante gemme (di pubblico dominio o nascoste) in catalogo. Racconta, questo volume, la storia di un regalo speciale – talismano, amuleto, pegno, lo chiama di volta in volte il poeta Eugenio Montale – arrivato nelle mani di Clizia, musa del Nobel, al secolo Irma Brandeis.

Non è solo la storia di un ritrovamento, ma una ricerca tra lettere e versi di una promessa a lungo e più volte fatta da Montale a Clizia, per parecchi mesi fra il 1933 e il 1934: allora il poeta sperava ancora di raggiungere la giovane amata negli Stati Uniti, progetto naufragato, a dispetto di quel talismano che avrebbe dovuto propiziare la loro storia, rinsaldare il loro legame, o chissà cos’altro nelle intenzioni del mittente.

Il volume si intitola Il guindolo del Tempo. Montale, Clizia e il pegno (96 pagine, 14 euro) e l’ha scritto uno studioso molto bravo e piuttosto modesto, Marco Sonzogni, docente di lingua e letteratura italiana alla Victoria University di Wellington, in Nuova Zelanda. Sonzogni si affida a una robustissima bibliografia, citando per filo e per segno i critici che hanno sviscerato l’opera del premio Nobel, dando qua e là anche il suo contributo. Sonzogni – dopo essere entrato in possesso del monile di bronzo conservato da Clizia – scava tra le poesie di Montale, fra simboli manifesti e nascosti, cerca significati reconditi da affidare via via a quell’animale o a quell’altro (un topo, uno sciacallo, un liocorno), indaga il sodalizio con Tommaso Landolfi e un soggiorno senese. Tante storie per una storia, quella di una promessa.

Lo fa con una prosa ricca e piacevole, colta e dettagliata, senza essere mai pedante o accademica – nell’accezione meno positiva del termine – e infine svela un mistero quasi vecchio di un secolo: il talismano – il cui invio a Clizia è più volte rimandato da Montale – non è altro che un nettaunghie di probabile epoca etrusca, all’apparenza un semplicissimo pendaglio, custode però d’amore e poesia.

 

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