Maluf, divorare il passato per non esserne consumato

Un romanzo lirico-autobiografico con una prosa emozionante e introspettiva che evoca la domanda fondamentale: chi sono veramente? Ecco cosa è “A imensidão intíma dos carneiros” di Marcelo Maluf, brasiliano di origini libanese. La nuova chicca di Lusoteca

«La paura era al principio di tutto».

Con queste parole inizia il romanzo A imensidão intíma dos carneiros di Marcelo Maluf, finalista del premio Sesc e vincitore del premio São Paulo de Literatura nel 2016, nella categoria «esordienti con più di quarant’anni».
L’incipit è uno dei migliori che ho letto in questi ultimi anni.

Generazioni dominate dal timore

Marcelo, nato da una famiglia di origini libanesi emigrata in Brasile, sente il bisogno di conoscere la propria identità e porre fine a «quel sentimento di assenza», a quel «modo di vivere sempre sospeso». È la paura che lo conduce, nelle prime pagine, in un viaggio a ritroso nelle generazioni della sua famiglia, che dal timore sono state dominate per secoli: è il timore della guerra, della morte, dell’immigrazione, della tristezza della perdita, è il timore di vivere a pieno la vita per non esporsi a troppi rischi. È una paura genetica che passa da padre in figlio e dal nonno al nipote.

Nonno e nipote

Il nonno è Assad e Marcelo non l’ha mai conosciuto. Per questo immagina di trovarsi di fronte a suo nonno nella casa di Santa Bárbara D’Oeste, nell’entroterra di São Paulo, un anno prima della sua morte. Due narrazioni in prima persona, quella di Marcelo e quella di Assad che ricorda la sua infanzia, si alternano in un duetto davvero originale.

Assad sta scrivendo su un quaderno i suoi ricordi di ragazzo, quando portava al pascolo gli agnelli, inconsapevole della visita di Marcelo che lo accompagna come una presenza silenziosa e segretamente lo incoraggia a rivelare la tragedia familiare che ha segnato la sua infanzia trascorsa in Libano durante la dominazione turca e che ha cambiato per sempre la sua esistenza.

È lo zio a rivelare a Maluf il segreto di nonno Assad a pochi giorni dalla morte del padre Michel, e la verità prende presto le forme di una liberazione profonda da un’emozione passata che non gli appartiene ma che eredita come si eredita il sangue denso e il grasso nelle vene (il nome stesso «Maluf», spiega Marcelo, trae origine dalla parola araba «ingrassato»). Degli agnelli, racconta Assad, non si risparmia nulla, tranne il belato, ed è proprio nel loro pianto che Marcelo scorgerà quella «imensidão intima» in forma di suono che rivela tutta la loro “angustia, rabbia, paura o allegria” e, allo stesso tempo, l’essenza più autentica del dolore di Assad.

La memoria familiare dentro di noi

Questo è un romanzo sulla ricerca dell’identità di un uomo che «ha bisogno di divorare il passato per non essere consumato dal passato», è un romanzo lirico-autobiografico con una prosa emozionante e introspettiva che evoca la domanda fondamentale a cui l’uomo cerca da sempre di dare risposta: chi sono veramente?

La risposta, per Maluf, può nascondersi anche nella nostra memoria familiare perché il passato riverbera dentro di noi a nostra insaputa. «Come una presa di coscienza», «come fossimo una nave che trasporta un carico di ricordi estranei».

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