Timm: “Il sonno? Riflette lo spirito del nostro tempo”

Lo scrittore brasiliano Andrè Timm, autore di “Modi incompiuti di morire”, spiega la genesi del suo romanzo, il cui protagonista soffre di narcolessia, e anticipa il prossimo. E racconta perché sonno e sogni siano centrali nella sua narrativa: “Siamo letargici, siamo ipnotizzati nei nostri piccoli mondi fatti di tanti piccoli punti luminosi mentre il mondo intorno a noi sta prendendo fuoco. Come Matrix. Quanti di noi possono dire di essere realmente svegli?”

Andrè Timm ci racconta del suo romanzo Modi incompiuti di morire (ne abbiamo scritto qui) pubblicato da Tuga Edizioni e tradotto da Giacomo Falconi, di un sonno mancato e di sogni che tolgono il sonno, del suo prossimo romanzo e del suo percorso come scrittore. Tra i riconoscimenti ottenuti da questo giovane scrittore ricordiamo nel 2011 la menzione d’onore al Premio SESC de Literatura, con la raccolta di racconti “Insônia”, il “Prêmio Off Flip” per il romanzo “Modi incompiuti di morire”, che nel 2017 è indicato tra i libri finalisti del Prêmio São Paulo de Literatura.

Timm, da dove è nata l’idea di scrivere su una malattia particolare come la narcolessia?

«L’idea è nata da un programma televisivo, era una serie di National Geographic che parlava di malattie rare. L’episodio in questione raccontava la storia di un inglese che soffriva di una forma molto severa di narcolessia. All’epoca ho pensato che si trattasse di qualcosa di così insolito, quel modo di vivere che veniva imposto dalla malattia, quei sintomi, quelle conseguenze, che mi è sembrato possibile ricavarne un buon personaggio, con un potenziale drammatico. Da quell’episodio la narcolessia deve essermi rimasta da qualche parte in testa e dopo circa un mese ho ripensato a quell’uomo e ho deciso di cercarlo su Internet. L’ho trovato su Facebook e gli ho detto che avevo assistito all’episodio della serie e che stavo cominciando a strutturare un romanzo in cui il protagonista soffriva delle medesima grave forma di narcolessia di cui lui stesso raccontava alla televisione. Gli ho chiesto se era disponibile a rilasciare un’intervista perché volevo che la costruzione del personaggio fosse il più possibile veritiera. Per mia fortuna quell’uomo ha deciso di accettare e da allora abbiamo iniziato a comunicare. Infatti molti degli eventi che Santiago affronta nel romanzo in realtà si basano su fatti realmente accaduti. Come, per esempio, portare un casco dentro casa per evitare che la testa sbatta contro gli spigoli dei mobili nell’atto di cadere a terra. Oppure l’incapacità di abbracciare la madre perché la forte emozione scatena una crisi di narcolessia. Vedere un figlio spegnersi deve essere molto doloroso per una madre».

Il linguaggio e lo stile che utilizza è molto originale La scelta di utilizzare la seconda persona singolare le è venuta mentre scriveva oppure sapeva fin da subito che avrebbe adottato questa forma narrativa?

«Per qualche motivo ho sempre saputo che il romanzo doveva essere scritto in seconda persona singolare. Le prime scene della storia sono nate così e anche le varie prove che ho fatto in prima e terza persona non sembravano funzionare così bene come in seconda persona. Credo che in questo caso specifico la seconda persona abbia funzionato particolarmente bene perché colloca il lettore nei panni di Santiago, e questo è molto toccante perché la storia parla di una malattia molto invalidante e desolante. Credo che questo stile intensifichi il potenziale drammatico della storia, ci fa sentire con più forza il conflitto del personaggio, viviamo i dilemmi di Santiago attraverso i suoi occhi perché in ogni momento il testo trasforma il lettore in Santiago quando dice “tu hai fatto questo”, “tu hai fatto quello” e avanti così. Mentre scrivevo ero immerso nella lettura di altri autori che si erano cimentati nella narrazione in seconda persona come Paul Auster, David Foster Wallace, Georges Perec, Italo Calvino. Credo proprio che anche queste letture abbiano influenzato la scelta».

Santiago deve affrontare una situazione molto difficile. Ma ha una grande risorsa di cui forse non si rende conto…l’amicizia. L’amicizia ha un ruolo molto importante nel suo romanzo, proprio in un momento complicato come l’adolescenza. Ci vuole parlare un po’ dell’amicizia?

«L’adolescenza è una fase così sensibile, è qui che i legami intesi che formiamo acquisiscono un ruolo fondamentale nella nostra crescita. Da un altro punto di vista, invece, viviamo in tempi molto solitari. La tecnologia, se è vero che ci offre una serie di possibilità che col tempo ci ha portati dove mai prima avremmo pensato, allo stesso tempo ci allontana dagli altri. Siamo come ipnotizzati davanti alla nostra “telemagia”. Diventiamo meno sensibili agli altri e ai loro problemi. Perdiamo la nostra capacità di empatia, quella capacità di metterci nei panni degli altri – ecco un’altra funzione importante della seconda persona singolare. E così facendo diventiamo anche un po’ (forse molto) crudeli. Non capiamo il diverso, e siccome non lo capiamo lo attacchiamo, vogliamo eliminarlo. Questo modo di fare è tipico dei governi totalitari, una pratica di cui oggi abbiamo testimonianza in diverse parti del mondo, e che possiamo vedere negli atti dei regimi estremisti o nell’ascensione dell’estrema destra o che purtroppo è veicolata anche attraverso valori religiosi. Il peggio è quando il totalitarismo appare come il risultato di tutti questi fattori. Il Brasile ne è un esempio. Il mese scorso il nostro ex segretario alla cultura ha parafrasato Goebbles, il ministro della propaganda nazista, in un discorso sull’arte e la cultura, con la musica di Wagner in sottofondo. È stato esonerato a causa della pressione proveniente dalla comunità ebraica brasiliana, ma si tratta solamente di un uomo in questo governo fascista che ha sempre meno timore di mostrare la sua indole degenerata e distorta. Tornando ad internet, abbiamo guadagnato ampiezza ma abbiamo perso in relazioni sociali, abbiamo migliaia di amici nelle rete sociali ma a cosa serve averne a migliaia se ognuno di noi è solo, se rimaniamo chiusi nelle nostre case, nelle nostre stanze? Oggi siamo manchevoli come non mai. Abituati agli elogi, ai like, a cercare l’approvazione di qualcuno che ci consideri validi. L’assurdo di internet è che creando relazioni ci priva proprio delle fondamenta di una relazione. Per questo l’amicizia rappresenta un valore molto importante nella vita di Santiago. Anche l’amore, in forma ampia, ma soprattutto l’amicizia. Agnes impara a trasformare il sentimento d’amore che prova per Santiago in un sentimento molto intenso di fratellanza e che li accompagnerà in tutta la loro vita da adulti. Anche Valerie riveste un ruolo chiave per il protagonista. In queste donne Santiago trova un porto sicuro, fuggendo dalla crudeltà a cui deve sottostare ogni giorno a scuola»

Il sonno è un vero e proprio universo in questo libro. E non è solo il sonno improvviso, sono anche i sogni, il mondo onirico, quasi una lotta contro il sonno. Questi sono temi sui quali lei ha già scritto. Da dove viene l’interesse per questa tematica?

«Sì, sono temi molto ricorrenti nella mia produzione. Nella mia precedente raccolta di racconti, Insômnia (Design Editora), racconto diverse storie che accadono all’interno dello stesso condominio ma in appartamenti diversi. Accompagniamo la storia di questi personaggi insonni e le loro storie in qualche modo si incrociano e finiscono per completarsi. Ho finito di scrivere un libro in cui i personaggi dormivano poco e sono entrato in un’altra storia dove tutto quello che fa il personaggio principale è dormire e lottare contro il sonno. Nel sonno e in genere nell’onirico vedo una figura di linguaggio molto potente e che riflette a mio avviso lo spirito del nostro tempo. Siamo letargici, siamo ipnotizzati nei nostri piccoli mondi fatti di tanti piccoli punti luminosi mentre il mondo intorno a noi sta prendendo fuoco. Come Matrix. Quanti di noi possono dire di essere realmente svegli?»

Il finale del libro è un finale di speranza. Santiago decide di affrontare le conseguenze delle sue azioni. Significa che nella vita bisogna essere attivi e non subire la malattia?

«Qui vorrei avvisare di rischio spoiler. Chi ancora non ha letto il libro salti questi riposta! Naturalmente ogni lettore ha la sua personale lettura del libro, ma io direi che il finale del libro è di speranza solo in parte. Santiago decide di affrontare i suoi fantasmi, e in questo c’è qualcosa di molto positivo, perché si assume la colpa per la morte del suo amico Lupi e si confronta con cui ha abusato di lui in passato. Bisogna ricordare che Modi incompiuti di morire prima di essere un libro sulla narcolessia è un libro sulla pedofilia. E questo lo capiamo solo in retrospettiva, quando arriviamo al finale del libro. Quello che a mio avviso rende il finale un po’ triste e amaro è la decisione di Santiago di porre fine alla vita del suo aggressore quando questi è in punto di morte in ospedale. È la concretizzazione della vendetta, o forse questo evento si trasformerà in un altro fantasma che Santiago si trascina in vita».

Il suo romanzo ha avuto un ottimo successo di pubblico. Da quel fortunato concorso letterario che ha vinto per l’editore Oito e Meio, quale è stato il suo percorso come scrittore?

«Il libro ha avuto una buona traiettoria. Dopo il concorso “Maratona litéraria” il libro è stato finalista al Prêmio São Paulo di letteratura ed è stato pubblicato in Italia per Tuga Edizioni. Il libro ha vinto poi un altro concorso importante, il “Prêmio Off Flip” (Festa Litéraria Internacional de Paraty) e come scrittore ho avuto il piacere di partecipare in qualche antologia di racconti. Quest’anno pubblicherò il mio secondo romanzo che narra la storia di un immigrato originario di Haiti che si trasferisce in Brasile per lavoro. Dopo il terremoto che ha distrutto Haiti, Dominique Baptiste Monfiston non vede altra alternativa se non quella di diventare un altro di quei migranti che, lasciando dietro si sé la moglie e i figli, si lanciano alla ricerca di lavoro in Brasile. Nell’esatto momento in cui Dominique mette piede in Brasile gli rubano lo zaino in un enorme e caotico centro di accoglienza migranti, perdendo così tutti quei documenti che gli avrebbero garantito un impiego in un’azienda della città di Paraná. Solo con i suoi vestiti e qualche spicciolo in tasca, non gli resta che accettare l’offerta di un venditore di frigoriferi nello stato di Santa Catarina. Dominique, che prima di trasferirsi in Brasile era proprietario di un’officina meccanica, deve ora affrontare la xenofobia e difficili condizioni di lavoro».

L’ultima domanda di Lusoteca (www.lusoteca.wordpress.com) agli scrittori e alle scrittrici che partecipano al nostro progetto di diffusione della letteratura lusofona. Quali sono gli scrittori/scrittrici brasiliani/ brasiliane che lei consiglia? Può fornirci anche qualche spunto letterario della sua regione?

«Nazionali: Jocas Reiner Terron, Bruno Ribeiro. Della zona sud del Brasile: Carlos Henrique Schroder, Rodrigo Tavares, Carol Bensimon, Daniel Galara (pubblicato in Italia da Sur e Arcana), Eduardo Sens, Davi Kotech».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *