Tuil tra crepe, ambiguità e i nervi scoperti della Francia

Dalla guerra all’amore, a una società – quella francese – in bilico tra ragione e sentimento, tra manovre politiche e fratture sociali. Ne “L’incoscienza” Karine Tuil sviluppa con maestria l’evoluzione psicologica dei personaggi, costruendo un romanzo di grande impatto emotivo, una storia appassionante

Uno spaccato della società francese contemporanea, un’indagine sociale iperrealista che racconta la forza dei sentimenti umani con grande lucidità: l’ultimo romanzo di Karine Tuil, L’incoscienza (513 pagine, 22 euro), edito in Italia da La Tartaruga nella traduzione di Raffaella Patriarca, ci accompagna dietro le quinte della politica francese in una storia intricata e intrigante dove le passioni e i desideri sono continuamente contaminati dalla violenza.

La storia dell’11 settembre è fatta di immagini e ricordi, frasi spezzate, voci che arrivano da lontano. Difficile da raccontare. Karine Tuil parte da questa storia, che ha coinvolto tutti, in un modo o nell’altro. È da qui che spicca il volo de L’incoscienza, dall’11 settembre, per planare sui soldati francesi in Afganistan. A turbare la scrittrice sarà l’agguato a Uzbin durate il quale un gruppo di soldati francesi ha perso la vita per mano dei talebani. Una storia di cui si parla poco, dirà più tardi la Tuil, e sulla quale lei ha posto l’attenzione.

Fughe esterne per mancanze interne

Il tenente Romain Roller ritorna dall'”inferno afgano” devastato psicologicamente. A nulla servirà la riabilitazione in un hotel con vista sul mare a Pafo. La sua mente continuerà a tornare in Afganistan, ai suoi ragazzi che non è riuscito a salvare, alle vite spezzate che dovrà restituire alle famiglie sotto forma di medaglia d’onore. Nei pochi momenti di lucidità, quando il delirio non si confonde con la realtà, Marion Decker appare al tenente Romain Roller. Giovane giornalista dalla forte carica erotica, che aveva seguito negli ultimi otto giorni di missione lui e gli altri soldati per documentarne le imprese, Marion colpisce Romain risvegliando in lui un desiderio sopito. Romain si riscopre uomo, non solo soldato e tenente, si riscopre capace di amare, non solo di seguire un protocollo, si riscopre incosciente, capace di prendere decisioni che mai avrebbe pensato (lasciare la famiglia per Marion, vivere con lei, avere figli da lei). La storia offre una via, seppur temporanea, di fuga a Romain e Marion. Lui fugge dall'”inferno afgano”, lei dal suo passato oscuro, da un presente troppo ingombrante ma soprattutto fugge da se stessa. Il sesso, la bellezza, l’amore sono i mezzi di questa fuga senza una vera meta. Fuga esterna che riflette una mancanza interna. Romain e Marion cercano fuori ciò che dovrebbero cercare dentro di loro.

L’altro uomo

«L’amore è un animale crudele – il lutto lo consuma, la malattia colpisce una parte di sé, quella che esalta il desiderio sessuale, i conflitti finiscono per stancarlo, si allontana». Quando Marion conosce Romain in realtà è ancora legata a François Vély, amministratore delegato dell’omonimo gruppo di telecomunicazioni nonché uno degli uomini più potenti della Francia. Sulla loro unione incombe l’ombra della prima moglie di Vély che ha reagito alla separazione dal marito con un gesto estremo. E così la storia d’amore tra Marion e François non è mai decollata realmente. Eppure, François può contare sul suo impero, l’unica sua certezza risiede nel lavoro. Intanto nella vita privata invano tenta di riconquistare Marion ma il ricordo della ex-moglie è impossibile da cancellare.

La narrazione accelera, i personaggi si svelano, non mostrano pudore o reticenza verso i propri sentimenti. È proprio a questo punto che il lettore diventa parte della narrazione. Il racconto si fa ricco di fatti e dettagli storici che non vogliono, in maniera documentaristica, descrivere la società francese, ma gli umori di un Paese in bilico tra ragione e sentimento, tra manovre politiche e fratture sociali.

François Vély viene accusato di razzismo per aver posato per una rivista seduto su un’opera d’arte che rappresenta una donna di colore. La sua parola (è solo arte, è strumentalizzazione) contro quella di tutta la politica. Qui vediamo intrecciarsi tematiche calde per la Francia di oggi: razzismo, antisemitismo, femminismo e sessismo. Vély, figlio di un ex ministro e combattente della resistenza ebraica, ha rinnegato le sue origini per guardare al futuro mentre tutta la sua famiglia, a partire dai figli, abbracciano l’ebraismo e vogliono essere riconosciuti come membri della comunità ebraica non solo dal padre ma da tutta la società. Scontro generazionale ma anche culturale e sociale.

Chi riporterà l’ordine in questo caos comunicativo, mediatico ed emotivo? Il testimone passa nelle mani di Osman Diboula, figlio di immigrati ivoriani, ex educatore sociale nei sobborghi, che ricoprirà un ruolo chiave nella politica francese.

Karine Tuil sviluppa con grande maestria l’evoluzione psicologica di ognuno di questi personaggi attraverso i loro punti di forza e di debolezza, le loro crepe e le loro ambiguità. Ogni personaggio fa i conti con ciò che perde e ciò che rimane della propria persona, ciò che resta della purezza dell’animo umano, giocando sul filo della spensieratezza e dell’incoscienza. Un romanzo di grande impatto emotivo, una storia appassionante, elegantemente costruita.

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