#URAS. Tra le pagine di Darvasi, dove ogni cosa è oscurata

Torna #Uras, Un Racconto A Settimana. Stavolta il protagonista è uno dei maggiori scrittori ungheresi contemporanei, Làszló Darvasi. Nella raccolta “Mattina d’inverno con cadavere” ci sono uomini che a chiamarli tali ci vuole coraggio, c’è tutta la sconfitta dell’umanità

Titolo: Mattina d’inverno con cadavere
Autore:  Làszló Darvasi
Editore: Il Saggiatore
Stato: In commercio (2018)
Ebook: Sì

Darvasi

In casa adoriamo le illustrazioni di Alfred Kubin, artista boemo scomparso alla fine degli anni Cinquanta del secolo scorso. Il suo sguardo, puntato sulla genuflessione dell’uomo nei confronti di un mondo nero e inconoscibile e delle sue entità mostruose, riesce a coinvolgere persino mia moglie che di cose fantastiche e tetre non è certo un’appassionata, anzi. Ce n’è una in particolare – un animale indistinto, enorme e indifferente, forse un ippopotamo, con le fauci spalancate che ingloba una fiumana di esseri umani presi di spalle – che mi si è parata davanti leggendo i racconti di un altro mitteleuropeo, a noi decisamente più contemporaneo. La straziante e muta disperazione degli omini di Kubin la rintraccio nei racconti di Làszló Darvasi, autore ungherese vivente, considerato tra i più importanti della sua generazione e del suo Paese. Nella raccolta Mattina d’inverno con cadavere (328 pagine, 22 euro), distribuita in tre simboliche parti (Dio, Patria e Famiglia), ci sono uomini che a chiamarli tali ci vuole coraggio, slabbrati fino a sfilacciarsi nel corpo come nell’anima, a volte in un senso solo, a volte in entrambi, e calati in una realtà sabbiosa che inghiotte sogni, glorie e speranze a ogni piè sospinto. Ed è in un mondo naturalmente ostile, quasi che fosse la sua ragione d’essere, che Darvasi mi ha letteralmente malmenato per circa 300 pagine. Anche quando illustra una coppia di innamorati che passeggiano per la città come in Dove abita la Terra? per forza poi tutto si conclude in un turbinio di male – «alcune gocce di sangue le sporcarono il cappotto. La donna entrò nell’ingresso del palazzo, l’uomo la seguì. Lentamente il portone si chiuse alle loro spalle, attraverso il vetro vide ancora per un po’ le due schiene grigie dondolanti» – e sembra paradossale ma soltanto così, nei suoi racconti, il cosmo torna a essere in ordine e in pace. Nel male. La luce – e qui si torna alle impressioni di Kubin dove la speranza è soffocata alla nascita – è fuori posto e persino i libri costituiscono soltanto merce di scambio e di contrattazione, di ricatto, come in Consigli per proprietari di cani, e forse, in questo racconto, c’è tutta la sconfitta dell’umanità.

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