Bookcase credibility, tra libri e soluzioni (antiche e nuove)

I libri sullo sfondo delle innumerevoli dirette web per darsi credibilità e autorevolezza? Una strategia antica, già presente… nell’antica Roma. Fra classici e non, qualche titolo che può aiutarci nell’ordinare i volumi a casa nostra. Ne hanno scritto Perec, Calasso e, di recente, Alessandro Mari con Ginevra Azzari e Matilde Piran

Che la bookcase credibility fosse una cosa seria – molto prima della nascita di un account Twitter dedicato – lo sapevano già gli antichi romani, quelli abbienti, accusati dal filosofo Seneca di allestire le librerie di casa unicamente per pavoneggiarsi. Darsi credibilità e autorevolezza di fronte a una collezione di libri è una strategia antica, che di sicuro la pandemia ha fatto emergere più di prima. Non a caso il motto scelto dal profilo “what you say is not as important as the bookcase behind you» suona quasi come una minaccia. Rilassiamoci però: non per noi (e le nostre dirette per pochi intimi), ma per tutti quei personaggi pubblici che hanno scelto la propria libreria come sfondo delle video conferenze dalle mure di casa. Occhi e tweet puntati allora sui venti volumi del prestigiosissimo Oxford English Dictionary nel salotto di Cate Blanchett, sullo scontato interesse di Carlo d’Inghilterra per i “libri equestri”, o la meno prevedibile libreria semivuota degli Obama.

Le proposte di librerie e… guru

Se, in tempi di pandemia, giudicare gli sfondi delle dirette è diventato il nuovo gioco di società, per tutti coloro che si sentono sprovvisti di adeguato background (sì insomma, quello capace di dare visibilità al loro côintellettuale) c’è la soluzione. Anzi, forse più di una. Dipende in primis dal budget. La Brattle Book Shop, antica libreria di Boston, nata nel 1825 e acquisita dalla famiglia Gloss nel 1949, ha deciso di reinventarsi in tempi di Covid e di vendere sfondi per video chiamate su Zoom. Non resta quindi che inviare alla libreria i propri settori di interesse e l’immagine di sé che si desidera proiettare: lo staff della Brattle Book Shop sceglierà i titoli più adatti, li metterà in ordine su uno scaffale e invierà delle foto. Background garantito. Se però non si vuole investire troppo, anzi nulla, Penguin Random House mette a disposizione una serie di credibility bookshelves da scaricare gratuitamente dal sito web. Attenzione però, l’area di riferimento è pur sempre anglosassone. Quindi, in diretta, è d’obbligo un impeccabile accento British.

Per vivere più sereni e correre meno rischi, qualche alternativa rimane: scegliere fondali neutri (che, come un filo di perle, stanno bene con tutto), limitare le call a quelle strettamente necessarie e mettersi comodi, magari per leggere uno dei tanti libri dedicati all’arte di organizzare e disordinare la libreria di casa. Attenzione però: nel caso in cui abbiate seguito scrupolosamente i dettami della guru del decluttering, Marie Kondo, lasciate subito perdere. Nella casa “magicamente” ordinata non ci sono mai più di trenta volumi (avendo buttato quelli già letti, quelli mai letti, e quelli che non sono mai piaciuti).

Perec e la duplice esigenza

In caso contrario, buttatevi sui classici del genere, partendo dalle Brevi note sull’arte e il modo di riordinare i propri libri (Henry Beyle, 2010) di quel geniaccio di Georges Perec. Definendo biblioteca «un insieme di libri formato da un lettore non professionista, per suo piacere ed uso quotidiano» Perec sostiene che ogni biblioteca risponde sempre a una duplice esigenza (che poi è anche una duplice mania): «quella di conservare alcune cose (dei libri) e quella di sistemarle in un certo modo». E prosegue enumerando i più svariati sistemi di ordinamento, nessuno mai soddisfacente in sé, per concludere che l’unicità di quell’insieme sta proprio nell’impossibilità di una sua organizzazione definitiva. Così i libri sistemati in maniera definitivamente temporanea finiranno per essere sistemati in una maniera temporaneamente definitiva.

Calasso, l’ordine plurale e… il buon vicinato

Lo stile OuLiPo disorienta? Passate allora ai suggerimenti del fondatore di Adelphi, Roberto Calasso, raccolti nel 2018 in Come ordinare una biblioteca. «Il tema» esordisce l’autore «è di ordine metafisico. Mi ha sempre meravigliato che Kant non gli abbia dedicato un trattatello». Adesso però non spaventatevi: «il miglior ordine, per i libri» continua Calasso «non può che essere plurale, almeno altrettanto quanto la persona che usa quei libri». C’è poi una regola aurea, di cui prendere nota: «quella del buon vicino, formulata e applicata da Aby Warburg, secondo cui nella biblioteca perfetta, quando si cerca un certo libro, si finisce per prendere quello che gli sta accanto e che si rivelerà ancora più utile di quello che cercavamo». Si creeranno inevitabilmente «dei piccoli atolli, a cui questi libri aderiranno, come conchiglie alla roccia». Dei raffinatissimi atomes crochus.

Insomma, mettere ordine ai propri libri è proprio una faccenda seria, che implica riconoscere e/o modificare buona parte del proprio paesaggio mentale. Un’impresa piena di sorprese e di scoperte, senza soluzione.

A proposito delle librerie di casa

Nell’avventura, più di recente, si è lanciato anche Alessandro Mari. scrivendo insieme a Ginevra Azzari e Matilde Piran: Libri, istruzioni per l’uso. L’arte di scegliere, organizzare e disordinare le librerie di casa (Utet, 2020). Un vero e proprio manuale in cui la storia del libro (affascinante, intricata e ricca di questione irrisolte) si mescola con pratiche istruzioni di falegnameria, e la filosofia con utili suggerimenti di vita quotidiana. Senza dimenticare l’architettura d’interni.

Certo, una libreria vuota rimane pur sempre un insieme di scaffali, ma è «lo scheletro» precisa l’autore «l’ossatura a cui i libri si aggrappano quasi fossero muscoli e nervi, organi e ciccia e i libri sono vivi e non tanto e non solo in senso romantico». E quella scaffalatura, apparentemente priva di personalità (non ce ne vogliano i designer), si fa così «parte di un ecosistema formato dal mobile, dai libri e da te che li possiedi. Un ecosistema, dunque in evoluzione». In grado di restituire la nostra anima sin dalla prima occhiata: «come la fotografia che immortala l’essenza di un animale nel suo habitat».

Mari, scrittore, traduttore, autore televisivo, le librerie (quelle di casa intendo), le sa costruire anche fisicamente grazie a un padre falegname. E non è un dettaglio autobiografico di poco conto. Quel padre «generosamente silenzioso», nella sua maniera semplice di artigiano, gli ha insegnato «che una libreria non è la somma dei ripiani che la compongono, ma il tentativo spettacolare, quotidiano e domestico, di tradurre in un ordine il modo in cui pensiamo il mondo. Solo per un momento, ovviamente. Prima di ripensarlo in un altro modo».Dall’antico tablinum romano al moderno living (sempre più spesso adibito a cucina), i libri sono sempre stati reputati all’altezza del cuore della casa. E poco importa se per ostentazione, è lì che la vita ha sempre pulsato. E se aumentano (nonostante i seguitissimi dettami di Kondo) inevitabilmente si espanderanno anche in altre stanze, fino al bagno: attenzione però, il vapore acqueo non fa bene alla carta. Più saggio affidare i libri dell’anima al classico chevet. Lì dove la video camera, si spera, rimanga spenta.

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