“Un’amicizia” di Silvia Avallone è un romanzo scandito da amori adolescenziali e dolori familiari, dal risultato così compiuto e a cui si perdona qualche prolissità
Un libro sui ricordi e dei ricordi. Un libro sulle assenze che pesano, però, più delle presenze. Un libro sugli eterni ritorni, sulle vittorie che sono in realtà sconfitte e sulle sconfitte che sono alla lunga vittorie.
Confessioni, complicità e litigi
Un’amicizia (464 pagine, 19 euro) di Silvia Avallone, edito da Rizzoli, mescola situazioni ed emozioni così intense da indurre ad una immedesimazione pressoché totale con le vicende narrate. Quelle di Elisa, introversa ragazzina amante della letteratura e Bea, compagna di scuola intraprendente, destinata ad un futuro patinato. La storia di questa amicizia, fatta di confessioni, complicità, ma anche di profondi litigi, tra amori adolescenziali e dolori familiari, segnerà le esistenze di entrambe, le cui strade finiranno per dividersi, nonostante le promesse di amicizia eterna. Eppure nulla finisce per davvero.
Un filo invisibile
Un filo invisibile legherà le due, spingendole a cercarsi a distanza e a conservare nella memoria di ciascuna frammenti di vita indelebili, ma anche rancori, invidie e richieste di chiarimenti. Due personalità totalmente differenti, chiusa e impacciata la prima, esuberante e spregiudicata la seconda, due estrazioni sociali opposte intrecceranno i loro destini in un rapporto non semplice, difficilmente comprensibile, ma di certo autentico e verace.
Avallone è bravissima nel raccontare una storia lunga quasi venti anni, divisa tra Biella, T. – anonima località toscana – e Bologna. Se proprio un appunto lo si vuole fare, allora si potrebbe obiettare una scrittura troppo prolissa in alcuni passaggi, ma il risultato finale è talmente riuscito dal perdonarle tutto. Anche di averci fatto capire, in un periodo di esistenze esposte alle attenzioni pruriginose dei social , che “la vita, per esistere, non ha bisogno di essere raccontata”.
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