Singer, ritratto di famiglia con geni (anaffettivi) sullo sfondo

La figura materna domina le memorie di Maurice Carr: lei era Esther Singer Kreitman, sorella dei più famosi Isaac e Israel. “La famiglia Singer” è la storia di personaggi fuori dal comune e di prosaici, comunissimi, comportamenti, fra litigi e risentimenti. Un’epopea di tumulti e destini irripetibili, che fa i conti con la presenza costante della morte

Ricordi di infanzia non comuni, una Londra martoriata dalla guerra che però sembra trasfigurarsi nella Polonia dei ricordi della madre, ingombranti geni come parenti. Lo zio Israel Joshua Singer, Shiya, aveva pubblicato La famiglia Karnowski, l’ancora più famoso zio Isaac Bashevis Singer – Yitzhak, orecchie a sventola, sorriso da Mefistofele ebreo, capelli rossi, quando c’erano – aveva dato alle stampe La famiglia Moskat, Maurice Carr (nome d’arte), nipote di entrambi in quanto figlio della loro sorella Esther Hindele (Kreitman, il cognome da sposata, altra scrittrice in lingua yiddish), ha intitolato le proprie memorie, La famiglia Singer (228 pagine, 18 euro). Un volume arrivato in Italia grazie alla traduzione di Giorgio Ritter, pubblicato da Tre Editori. Non un semplice resoconto da buco della serratura, con chissà quali rivelazioni, ma la storia di una famiglia fuori dal comune per molte cose e comunissima per tante altre, comprese le più prosaiche, fra risentimenti, litigi, rapporti interrotti.

La madre e i suoi fratelli

Le origini di un mondo perduto che, fra fantasia e realtà, torna anche nella vita del giovane Maurice (da Moishe a Morris, il nome, da Kreitman a Carr il cognome), e le avventurose vite dei fratelli Singer che lasciarono la Polonia per approdare negli Stati Uniti, si intrecciano a quelle di un ragazzo cresciuto a Londra, che ha finito per girare il mondo, soprattutto per lavoro, da giornalista e corrispondente per quotidiani e riviste, mestiere più concreto delle velleità letterarie e artistiche a cui aspirerebbe; si limiterà a scrivere un solo romanzo e più che altro a tradurre scrittori ebrei dall’yiddish all’inglese, a cominciare dalla madre e dagli zii. Nelle memorie di Maurice Carr ha un peso preponderante la figura mitica, affabulatoria e invadente della madre Esther Hindele, con le sue crisi epilettiche e i suoi diktat (finì per cadere nel vuoto quello contro Lola, figlia dello scrittore esule Abraham Mosche Fuchs, donna sposata, che sarebbe comunque diventata sua nuora), con i suoi ricordi e il matrimonio infelice con Avrun Kreitman. Il rapporto di Esther con i fratelli? Complesso, controverso, occupano i pensieri di lei, ma sono piuttosto indifferenti alla sua sorte, sfuggenti e poco presenti, come certi spettri delle loro prose. Soprattutto Isaac, il vincitore del premio Nobel è raffigurato senza troppe deferenze, collezionista di amanti e quasi anaffettivo, nei confronti della famiglia d’origine e perfino dei lettori adoranti.

Vocazioni e relazioni

La famiglia Singer, con tanto di albero genealogico nelle bandelle, è un libro che racconta di vocazioni dispiegate al meglio o trattenute, frenate. Di rapporti famigliari, spesso amari (lo stesso Maurice ruppe con lo zio Isaac per una frase infelice che il più famoso dei Singer aveva indirizzato alla memoria della sorella). Di un ultimo discendente che ha sentito il peso di cotanto genio familiare. Il racconto sa essere a tratti avvincente, intreccia durezza e delicatezza, è un’epopea di tumulti e destini irripetibili, che fa i conti con la presenza costante della morte. Quella che incombe in guerra e quella ineluttabile che, alla fine, colpisce tutti.

Ingenuità e verità

Esiliati ed erranti, complici e artisti geniali, i Singer. Da rivaleggiare con le sorelle Bronte. Scrittori straordinari, ma esseri umani di non particolare talento nei rapporti interpersonali. Sembra di vederli tutti e tre battibeccare, nelle fattezze con cui ce li consegna la pittrice Hazel Karr, figlia di Maurice Carr, autrice del disegno in copertina e delle illustrazioni all’interno del volume. I cui pregi maggiori sembrano essere gli occhi ingenui dello sguardo dell’autore, quando si tratta di rievocare i ricordi dell’infanzia, e la spietata attitudine alla verità. Come quando riporta certe parole dello zio Isaac…

Dio non si occupa della terra che abitiamo, per lui è appena un punto minuscolo nell’universo. Ne ha delegata la gestione a un piccolo funzionario, un angelo dalle ali mozzate, che è un cretino, un imbecille di prima classe. Che possiamo farci?

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