Noi e gli altri, l’incognita perenne secondo Alba de Céspedes

Spiare i vissuti altrui, solitari e ai margini, con la forza delle cose che scavano sottotraccia. È la “missione” de “L’anima degli altri”, raccolta dei primi racconti di Alba de Céspedes, che tornano in libreria. Una galleria di personaggi che tentano rivalse inutili su un mondo che li ha respinti…

Sulla scomparsa di Alba de Céspedes dai circuiti editoriali ci sarebbe da interrogarsi a lungo: come sia accaduto che i romanzi di una scrittrice tanto talentuosa da trovare posto nella collana dei Meridiani siano ormai quasi totalmente irreperibili sul mercato è uno di quei misteri che non trovano spiegazione se non appellandosi a questioni altre rispetto al piano estetico – lei stessa confessava: «in Italia gli uomini si vergognavano a leggere una donna». Nulla di sorprendente, del resto, se pensiamo alle lotte che una sua coeva – Natalia Ginzburg – dovette portare avanti per vedersi riconosciuta in quanto «scrittore» e non scrittrice: nel secondo Novecento, per non essere relegate nella categoria di «letteratura rosa», marginalizzare (o, talvolta, rinnegare) il proprio genere era un passaggio obbligato. La fortuna letteraria che ancora oggi investe Natalia Ginzburg, tuttavia, è cosa rara, e la stessa sorte non toccò ad Alba de Céspedes. Una rapida ricerca sui principali canali di distribuzione libraria rivela che solo uno dei suoi romanzi è attualmente disponibile, e non da molto: Dalla parte di lei è stato ristampato solo nel 2021 da Mondadori, nonostante l’incredibile successo che questo testo – come molti altri dell’autrice – ebbe tra l’Italia e l’estero. Mancano invece all’appello titoli fondamentali come Quaderno proibito, Invito a Pranzo e La bambolona, oltre alle poesie e al teatro. 

Il debutto, un tesoro scomparso

C’è da rallegrarsi, pertanto, che sia appena tornato in libreria L’anima degli altri (136 pagine, 16 euro), la raccolta di racconti che segnò l’esordio della scrittrice. «È frutto di un lavoro di tre anni», confessano, soddisfatti, i ragazzi di Cliquot che ne hanno curato la pubblicazione: il loro mestiere è andare a caccia di tesori scomparsi, e Alba – come Livia De Stefani o Brianna Carafa (ne abbiamo scritto qui), prima di lei – rientra appieno nella categoria. 

Passioni taciute, pensieri nascosti

L’anima degli altri è una raccolta brevissima: i racconti, diciotto, non superano mai le dieci pagine, e condensano in poche righe tutto il senso di un vissuto privato e minimale. I personaggi che affollano queste pagine sono uomini e donne comuni, colti nella loro quotidianità o in attimi di presa di coscienza – un amore finito, un figlio che se ne va, una compagna persa per sempre. Non c’è spazio per la storia che, probabilmente, infuria al di là delle loro esistenze: Mariella, Giorgio, Lisetta, Marco (solo alcuni dei nomi di un elenco che sarebbe, altrimenti, lunghissimo) sono tutti ripiegati su loro stessi, sui loro drammi e le loro speranze, su eventi che li hanno segnati e a cui non hanno ancora imparato a rinunciare. Alba de Céspedes li ritrae con perizia e meticolosità: ne indaga le passioni taciute, i pensieri più nascosti, i sogni riposti nel cassetto e le parole che non pronuncerebbero mai ad alta voce. Tenta un esercizio di comprensione, di empatia; scava, appunto, nell’anima degli altri, e lo fa con cura, con dedizione, con la cautela che riserveremmo a un materiale fragile che ci è stato raccomandato. Così sono i vissuti altrui, del resto: impenetrabili, lontani, eppure così simili ai nostri nelle incomprensioni e nei momenti di disorientamento. Nei momenti in cui, improvvisamente, ci sentiamo scoperti, spogliati dai segreti che avevamo custodito con gelosia nel silenzio – come accade a Mario in La camicia da sposa, che, sorpreso a provare dei sentimenti per una cugina che se ne fa beffe, scappa via «come un dannato» continuando a sentire «la risata di lei». O in quelli in cui, al contrario, i segreti diventano verità inconfutabili che, dopo essersi affacciate alla mente, prendono una forma definitiva e spaventosa: «sono pazzo di disperazione. Il dubbio che sta per volgersi in certezza mi fa accelerare l’affluire del sangue nelle vene» (Il dubbio), pensa Max, che ha appena perso la moglie in un incidente che gli ha sottratto anche l’ultima possibilità di scoprirne il possibile tradimento. 

Personaggi che monologano col vuoto

Nei racconti contenuti in questa raccolta il mondo interiore si afferma come unico spazio possibile e pensabile: il vissuto delle persone che ci sfiorano rimane un luogo a cui non è possibile accedere se non per mezzo di ipotesi e supposizioni che resteranno (quasi sempre) inespresse. Per questo motivo i personaggi sono ritratti, in maggioranza, mentre monologano col vuoto, tentando di indovinare – per citare nuovamente il titolo – l’anima degli altri: dei loro mariti, delle loro mogli, di un figlio che improvvisamente va via di casa. La loro ricerca trae forza e senso in se stessa, ed è per questo inconcludente: ne Il rifugio, mentre attende di incontrare il suo compagno, Anna immagina che lui abbia deciso di lasciarla per andare tra le braccia di un’altra donna; il motivo dell’incontro è un altro, e i due rimangono insieme, ma fino alla fine Anna continua a immaginare il futuro tessendo da sola la loro storia d’amore: «certo Sandro m’avrebbe telefonato, magari più tardi, l’indomani […] avrebbe ancora detto al telefono: “Sei tu?” con quella voce grave e serena che ricordava i suoi occhi azzurri spruzzati di polvere d’argento. E “tu” domani sarei stata solamente io poiché Sandro mi tradiva, è vero, forse mi tradisce ancora oggi, ma domani, certo, non mi tradirà più». 

Il passato, unico presente possibile

Bloccati nel loro universo personale, questi personaggi tentano rivalse inutili su un mondo che li ha messi ai margini. Implorano miracoli che non arriveranno, stringendo al petto un fagotto morto, indugiano nel passato e vi si appigliano con tutte le loro forze, promuovendolo a unico presente possibile. Ma imparano, al tempo stesso, a coltivare passioni semplici e resistenti, legami che nessuno invidierebbe e che, pure, gli consentono di tenersi in piedi e sentirsi meno soli – come in uno dei racconti più belli della raccolta, dal titolo Serenità, in cui è distillata l’essenza più autentica dell’idea di focolare domestico: l’odore delle arance, il calore del fuoco, tre vecchi che si stringono l’uno all’altro a dispetto dei pettegolezzi di paese.

Convivere con la solitudine 

Non tutti, però, sono così fortunati. Alcuni devono imparare a convivere con la solitudine: Dori, la protagonista di La madre celebre, confessa di avere «una grande amarezza nel cuore: l’amarezza di sentirmi desolatamente senza mamma, proprio allora che l’avevo trovata». Lo stesso vale per Maria de Il nudo dell’Ottocento, forse il racconto più commovente tra quelli presenti nel libro. Dopo averla inseguita tra le vie di Venezia per recarsi alla Biennale, la spiamo mentre, incantata, osserva un quadro che la ritrae nuda da giovane. in quelle pennellate è rimasto sepolto il senso della sua esistenza, di un passato che rimpiange nonostante le abbia sottratto qualsiasi possibilità di essere amata. Il quadro assume così i contorni di un’icona religiosa, di un altare sacrificale – e a Maria, che a quel passato ha devoluto ogni cosa, non rimane altro che la contemplazione, l’omaggio a una creatura mai esistita:

«“Conoscevate la modella forse?” […] “Sì” gli disse “era mia amica”.

“È morta?”. 

“Sì.”

“Da molto tempo?” insisté quello.

“Da allora. Morì” disse “mentre posava per quei quadri. A diciotto anni”.

L’altro si meravigliò, si compunse: “Uh! E di che male?”. “D’amore.” […]

S’allontanò soddisfatta. Le sembrava di aver dato ancora nuova vita con quella leggenda alla sua bellezza, d’aver aggiunto l’anima al corpo perfetto. Quell’uomo l’avrebbe raccontato ad altri. Tutti l’avrebbero saputo».

L’anima degli altri di Alba de Céspedes è una raccolta che si fa strada nel lettore in punta di piedi, silenziosamente, con la forza delle cose che scavano sottotraccia. Trae ispirazione dall’intimo, dalle occasioni quotidiane. E dal margine: sia esso obbligato, sia, al contrario, rivendicato con forza. 

In questi racconti il mondo si regge su un’opposizione insolvibile: noi e gli altri, l’incognita perenne. La narrazione diventa strumento di una scoperta. O, per lo meno, di un tentativo in quella direzione. Ed è questo, in fondo, il senso di tutte le scritture possibili, presenti e future: indagare un territorio che è, al contempo, esistente e immaginato, reale e fittizio – nostro e altrui. 

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