Di cosa parliamo quando parliamo di morte? Di vita, per Bobin

L’assenza delle persone più care è complemento necessario della presenza che fu, la morte moltiplica la vita e ci obbliga a vedere chi siamo. Con “Un azzurro che non mente più” il francese Christian Bobin completa le riflessioni avviate anni fa in uno dei suoi libri più amati, “Più viva che mai”. Un trattato sull’interruzione dell’esistenza, dalla scrittura cristallina, in cui la morte annega in tante immagini di vita…

Dopo la morte la vita si espande, si moltiplica e la mancanza finisce per essere un dono, il più grande, per continuare ad alimentare la vita. La riflessione di Christian Bobin attorno alla fine dell’esistenza parte da lontano, dagli addii inevitabili delle persone più care, un nonno, i genitori, una carissima amica. Saluti definitivi, in forma terrena, di figure che continuano a rimbombare dentro, con un “lavorio di pensiero”. A raccontarlo è lo stesso Bobin, in un prezioso volumetto, pubblicato da AnimaMundi edizioni, che in qualche modo ridefinisce e puntualizza riflessioni con cui i lettori dello scrittore francese avevano fatto i conti alcuni anni fa, con la pubblicazione di Più viva che mai, edito nel 2010 da San Paolo, e quattro anni fa riproposto sempre da AnimaMundi. In quello che è uno dei suoi titoli più amati, Bobin celebra un’amata amica a cui aveva dedicato Francesco e l’infinitamente piccolo, altro famoso gioiello della sua produzione. L’enigma della sua morte, per aneurisma a 44 anni, gli accenderà una lunga dichiarazione d’amore, una specie di romantica lettera al silenzio, ma scritta sempre al presente. Una scomparsa tragica che arriva al termine di un lungo inseguimento e che, fra piccoli ricordi e silenzi intensi, non intacca i sentimenti dello scrittore. E l’assenza, la frattura, diventa complemento necessario della presenza che fu. Per scriverne si può rischiare di essere patetici, ma la scrittura cristallina di Bobin rende tutto poetico, delicato, anche se straziante.

La scrittura? Una resurrezione

Un azzurro che non mente più (73 pagine, 10 euro), questo il titolo del più recente libro dell’autore francese, è in realtà una conversazione con Damien Le Guay e Jean-Philippe de Tonnac, estrapolata da un volume a più voci. Una sorta d’intervista, dunque una conversazione orale, che però incanta come tanti altri suoi libri. Anche in questo caso, quella che sembra una collezione di splendide e poetiche frasi, da sottolineare e sottolineare, si rivela molto di più. È un piccolo trattato sul dolore insopprimibile che è la morte (“questa ragazza di cattiva reputazione”) e sulla scrittura intesa come “un lavoro di resurrezione”. Così la morte del padre, avvenuta sedici anni prima, non l’ha strappato davvero al figlio.

Quando amo la vita, mio padre è lì. Mio padre non era altro che questo amore, talvolta impacciato, talvolta stanco, talvolta maldestro per la vita. Finché amo la vita, mio padre è profondamente in essa.

Una morte non onnipotente, quella raccontata da Bobin, uomo convinto che ci sia bisogno di bellezza quanto di pane.

La morte ci mette in una grande intimità con lei. Ma c’è una stanza segreta, in noi, nella quale non sa entrare. Questa stanza arde di gesti, di sorrisi, di frasi che ci hanno abbagliato e ci hanno portato lontano da noi stessi, lontano dal mondo e da tutto. La morte non prende queste cose.

La delicata forza della poesia

E così, interrogato sulla morte, nella casa in un fitto bosco in cui si è rifugiato, Bobin finisce per regalare immagini di vita, da cui resta abbagliato, quelle dei sorrisi dei neonati che inciampano sul volto delle madri, prima di proseguire verso le stelle, le piccole e grandi gioie che non fanno i conti col deterioramento del tempo, la delicata forza della poesia, i sussulti di gioia dello scrivere, perfino le grandi incompiute, opere musicali o volumi filosofici; sono interruzioni, come interruzione è la morte che “ci riempie mentre ci svuota”, che “ci obbliga a vedere chi siamo”. Non una parola contro la morte, semmai contro la fredda e dura estetica della morte che emerge dai cimiteri francesi. L’ennesimo libro di Bobin che di fronte a quel che sembra il peggio non cede alla rassegnazione o al vittimismo, è una eterna lezione di vita, un conforto, una speranza, un’avventura e un’esperienza di lettura che, nel bel mezzo di questo doloroso e incomprensibile 2022, è consigliabile abbracciare…

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