La sirena di Belluardo, quando amore e dolore sono troppo forti

Lascia negli occhi e nella mente stupore e ammirazione la bellezza del terzo romanzo di Arturo Belluardo, “Ballata per la sirena”. Romanzo erotico, dissacrante, politico e intimissimo: un canto tragico sulle madri, la storia di un avvocato sessista e razzista, a cui la madre, in fin di vita, chiede di essere riportata in mare, perché lei è una sirena…

Quel ragazzaccio audace e malinconico che si nasconde dietro certe trovate brillanti, quelle che sono miccia dei suoi libri, stavolta l’ha fatta grossa. Il ragazzaccio è il siracusano naturalizzato romano Arturo Belluardo, terzo romanzo e terza casa editrice – stavolta, dopo Elliot e Nutrimenti, è Giulio Perrone a scommettere sul talento di questo autore che dipinge una storia straordinaria per echi mitologici, esiti linguistici, e dolcezza nascosta dietro una scorza durissima.

Madre e madre terra

L’ha fatta grossa, ci fa inorridire e commuovere, ci lascia di sasso e rimesta nei riverberi primordiali di ogni anima, in ciò che di più ancestrale alberga in ognuno di noi. E, poi, ci ricorda le madri, quelle che ci hanno messo al mondo e che ci hanno lasciato andare, e anche le terre che ci hanno visto nascere, crescere e magari ci hanno cacciato via, costringendoci a dire addio. La narrazione in prima persona del nuovo romanzo di Belluardo, Ballata per una sirena (254 pagine, 20 euro), è affidata a Saro,  un avvocato che raccoglie l’ultimo desiderio dell’anziana madre, essere riportata al mare, con tanto di coda, perché lei è una sirena. Il personaggio dell’avvocato – in qualche modo erede del Davide Buscemi dell’esordio Minchia di mare, e di Calafiore dell’omonimo secondo romanzo di Belluardo – è più che sgradevole, sessista, politicamente scorrettissimo, razzista (ce l’ha con africani, arabi, cinesi), in linea col governo gialloverde del 2018/2019, governo coevo al tempo in cui si svolge la vicenda principale (tanto che appare anche Salvini con le sue «farneticazioni elettorali» e le sue citazioni di De Andrè a sproposito). E poi ci sono i flashback, alcuni spassosissimi, come quello di pagina 55 che, senza scomodare Philip Roth & C., fa ridere a crepapelle. Diciamo, tenendo conto degli ultimi anni, fra le cose più spassose in un libro, a pari merito con i passaggi più divertenti di Kaddish.com di Nathan Englander, edito da Einaudi.

L’addio rocambolesco e straziante

Leggendo Belluardo (qui un suo articolo per noi) vi ritroverete fra le mani un libro scoppiettante, esplicito e dissacrante, tumultuoso e ricco dal punto di vista del lessico, pieno di trovate (a un certo punto salta fuori il Meridiano Mondadori delle opere di Rossana Campo), di viaggi, di erotismo e pulsioni, di metamorfosi, di letteratura e di mitologia greca, di «dolore troppo forte» e di «amore troppo forte», di scurrilità e di poesia vera, con la madre incombente protagonista, «donna che è stata tutte le donne» e che altre gliene ricorda, incestuosamente, amanti, donne perdute, sognate («quale che ho conosciuto e quelle che ho solo immaginato, tutte le donne che avrei voluto avere e tutte le donne che non avrei neanche potuto immaginare»). Nello straziante e lunghissimo, e rocambolesco, addio alla madre la voce narrante si fa intima. e maestosa come mai.

… Il dolore è troppo forte, l’amore è troppo forte. Non riesci a lasciarlo andare. È l’unica cosa che ti è rimasta, se lo sputi, se lo vomiti via, tornerai a essere un guscio vuoto, un esoscheletro di cicala, una pelle di serpente abbandonata dopo la muta su una trazzera polverosa, calce che imbianca, calce che brucia.

È quell’amore, quell’amore impossibile la tua linfa vitale, quell’amore per una donna che non c’è più, che non c’è mai stata, che non ti ama più, che non ti ha mai amato.

Il mare, il cielo e la terra

Più si va avanti con la lettura più emerge l’anima visionaria di una narrazione che lascia a bocca aperta, un poemetto di mare che tocca i vertici del cielo e gli abissi della terra. Per tanta bellezza può esserci solo stupore e ammirazione. Per come Belluardo – leggere D’Arrigo aiuta – mette in scena sulla pagina simboli e istinti, per come conduce il suo rivoltante protagonista verso una sorta di redenzione, di rinascita e nuova vita, consapevole di una sua dimensione che prima di allora non aveva mai immaginato. Per come Belluardo dona anche un’anima civile a questo suo canto tragico, surreale e macabro che si leva dalle acque del Mediterraneo, colme di corpi affondati, di vuota retorica delle istituzioni. Chi non conosce ancora Arturo Belluardo provi a mettersi sulle sue tracce, in caso contrario il rischio è quello di perdere una voce, autentica, originale, colta, non allineata alla gran parte di quello che gli scrittori italiani propongono in questi anni. Quello di Belluardo (qui alcuni suoi consigli di lettura in un video sul nostro canale YouTube) è un metaforico splendido isolamento, ma stanarlo è cosa buona e giusta.

È possibile ordinare questo e altri libri presso Dadabio, qui i contatti

2 pensieri su “La sirena di Belluardo, quando amore e dolore sono troppo forti

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