Silvia Avallone, il male è il non sapere perdonare

Entra dagli occhi e attraversa le viscere “Cuore nero” di Silvia Avallone, romanzo popolato da anime, dolori, vittime e carnefici. Un amore esige di riparare l’irreparabile, l’Itaca del viaggio di Emilia, la protagonista, è un percorso di redenzione. Un romanzo che ci interroga in profondità, che ci invita a rompere certe nostre granitiche verità e convinzioni…

Silvia Avallone è stata una scoperta!!! Benedetta sia la copertina ammaliante e il titolo che ti entra dentro come una iniezione di adrenalina, sparata direttamente nelle connessioni sinaptiche, ammosciate da giornate di routine lobotomizzante. Cuore nero (356 pagine, 20 euro) edito da Rizzoli e scritto con penna sapiente da Silvia Avallone, l’ho letto in due giorni, battendo ogni mio precedente record, perché questo romanzo di verosimile fantasia entra dagli occhi e attraversa le viscere, scuotendole e rimestandole. A tratti, quando alcuni passaggi bloccano il respiro, vorresti fermarti ma non puoi, come non si può scendere dal treno della vita quando non sai più dove stai andando.

Alla fine, solo alla fine, ho scoperto che dietro la stesura del libro c’è stato un grande lavoro di ricerca sul campo, da parte dell’autrice, presso l’istituto penale minorile di Bologna. Cuore nero è un’opera di fantasia, ma non è pura invenzione, nelle storie della protagonista Emilia, della straordinaria e cazzutissima Marta, della vinta dal mondo e da sé stessa Myriam, del solitario Bruno, e di tanti altri personaggi incastonati fra queste pagine, ci sono anime, dolori, vittime e carnefici, reali, mescolati insieme in una sintesi di rara potenza, in cui «nessuno e diverso, nessuno è migliore», come nei versi di una canzone che inneggia alla Speranza.

Il sonno dello Spirito

Silvia Avallone apre uno squarcio su un universo che per molti è racchiuso nelle cronache di trasmissioni televisive sensazionalistiche, senza paura di descrivere, in maniera asciutta e a volte aspramente cruda, realtà terribili, violenze truci e abusi innominabili. La scrittura è lineare ma quando deve cupa, mai oscena però. Cuore nero non ci risparmia un viaggio dentro l’abisso, partendo dalla storia di Emilia, che non sai se amare o odiare per tutto il romanzo, perché lei è colpevole e lo sappiamo dall’inizio, ma è anche una donna che vuole dare un senso a ciò che di lei è rimasto, perché altrimenti il male l’avrebbe vinta un’altra volta. Sarà un percorso di redenzione aspro, accidentato, sofferto fino allo sfinimento. Più che l’epilogo, più che la suspense alimentata magistralmente dalla Avallone, è il viaggio compiuto da questa giovane donna per arrivare alla sua Itaca, ad appassionare il lettore.

In questo percorso in cui Delitto e castigo (evocato dalla stessa autrice, rendendo manifesto l’omaggio) insieme a morte e rinascita, dominano la scena in ogni riga di ogni pagina, la protagonista non è mai sola, mai completamente, i suoi passi sono accompagnati da figure che non possiamo definire di contorno, il padre su tutti, che non la giustifica ma non la lascia affondare mai, ma anche Marta, la cui colpa è solo quella di essere nata nella famiglia sbagliata e che riesce ad emergere da un passato di violenze che avrebbero distrutto chiunque, e poi Rita che crede fermamente che Tutto passa e, se non può passare, cambia, e come non citare Bruno, che fatica a comprendere ma si arrende alla Tenerezza.

Al di là del bene e del male

Se non ami nessuno, te ne puoi anche fottere e ammazzarti. Ma l’amore esigeva che riparasse l’irreparabile.

Ciò che rende Cuore nero un’esperienza che travolge ogni schema e ogni certezza è dovuto alla capacità dell’autrice di rompere gli argini dei nostri perbenismi, delle granitiche verità che si stagliano da comode poltrone reclinabili. Silvia Avallone ci costringe ad interrogarci in profondità, a scendere negli antri nascosti delle fragilità più inconfessabili, a stanare le nostre convinzioni più radicate. Bisogna nascere Marta per comprendere davvero che può arrivare un giorno in cui subire, da chi più avrebbe dovuto proteggerti, non è più possibile, perché il mondo che giudica si gira dall’altra parte. Emilia dirà a Marta, in un dialogo di struggente bellezza, che la giustizia avrebbe dovuto risarcirla invece di condannarla, lavandosi la coscienza con una pena mitigata dalle attenuanti.

Bruno invece è solo una vittima, e questo ruolo lo porta avanti con ostinazione, e neanche lui si salva dal tritacarne di una società che lo mastica e lo sputa fuori poco dopo, lasciandolo solo con una pena inconsolabile.

Tutti sotto lo stesso cielo

Siamo tutti la vittima di qualcuno e il carnefice di qualcun altro, soprattutto di noi stessi, a volte senza neanche capire come siamo arrivati a quell’intreccio di dolore e caparbia voglia di continuare a lottare. Non ci fermiamo, nonostante il gelo degli inverni dell’anima sia spesso più duro del caldo sole di un’estate che spesso tarda ad arrivare.

In uno spigolo di speranza è racchiuso il messaggio di Cuore nero:

Allora cos’era, il male?

Il non saper perdonare

Anche il più opaco atomo del male può tornare a far passare la luce, occorre il coraggio di lasciare andare, i torti subiti e quelli compiuti, perché tutto passa e, se non può passare, cambia … perché qui siamo TUTTI sulla stessa barca.

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