L’ultimo García Márquez amava la vita, gli attimi e i desideri

Nel postumo e controverso “Ci vediamo in agosto” di Gabriel García Márquez la protagonista cerca qualcosa che la faccia sentire viva. Scopre che la gioia è nella vita stessa, perfino nella monotonia, che non c’è bisogno di cercare altrove…

Di Gabriel García Márquez ho amato l’amore smisurato e senza confini di Dell’amore e di altri demoni; la disperata solitudine e la miseria di Nessuno scrive al colonnello; la drammatica puntualità e l’immobilismo di Cronaca di una morte annunciata.

Di Ci vediamo in agosto (120 pagine, 17,50 euro), tradotto da Bruno Arpaia per Mondadori, ho invece amato l’amore per la vita, per gli attimi, per i desideri.
Questo romanzo postumo di García Márquez, pubblicato dieci anni dopo la scomparsa del premio Nobel per la letteratura, ha il potere di farci dialogare con il suo creatore che è ormai nell’altrove.

La madre e l’isola

Proprio prima di morire, riflettendo forse sulla vita e la morte, sugli attimi che ormai stavano per terminare, García Márquez ha voluto mettere nero su bianco un promemoria per chi l’avrebbe letto: la vita è adesso, la vita è lì, non cercare l’altrove.
È emblematica la scena in cui la protagonista del libro – Ana – dopo essersi smarrita e aver pianto alla ricerca di fugaci notti d’amore con sconosciuti (unici modi per sentirsi viva) si ritrova faccia a faccia con lo scheletro dissepolto della madre.
Una madre che aveva scelto come luogo del suo eterno riposo un’isola. Un’isola in cui si reca la figlia ogni estate, per commemorare la scomparsa della donna.
Eppure, in quell’isola anche lei si perde, alla ricerca di qualcosa che la faccia sentire viva.
Il suo corpo sta invecchiando: ha ormai superato la cinquantina e sente le membra spegnersi, ma sa che è ancora desiderabile.
È desiderabile lei e al contempo lei desidera.

Il ricordo di un viaggio

Sono quelle fugaci notti, quelle fughe clandestine, a darle una gioia momentanea.
Ma la gioia è nella vita stessa, anche nella monotonia dei giorni che passano accanto a un marito forse fedifrago ma con cui si amano ancora (come quando erano giovanissimi).

Un sacco pieno di ossa dissepolte sarà quello che resterà di quelle fughe su un’isola. Sarà quello che resterà di un viaggio che le ha ricordato – e che ci ricorda – che siamo vivi sempre. In ogni istante. Anche in quelli più tristi.

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